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                 N U O V E     B I D I M E N S I O N A L I T A '
 
 
 
 
 

 
Una delle sfide più attuali che l’architettura affronta dal punto di vista pratico e teorico è il cambiamento paradigmatico che si verifica a causa dell’ infiltrazione delle tecnologie informatiche che sono penetrate in ogni campo della cultura umana   e dell’esperienza ad ogni livello.
Il  libro “NUOVE BIDIMENSIONALITA’ “affronta in modo molto ampio questo tema  e cerca di aprire questioni circa la nuova creazione di pelli architettoniche,di  paesaggi virtuali, motivazioni e teorie che spingono ad investigare le potenzialità del mondo digitale che si anima sempre più e acquisisce sempre più importanza grazie ai nuovi programmi di animazione ,come Maya e Alias ,che hanno liberato il processo di progettazione .

Tali programmi ,che hanno superato la logica dello spazio euclideo CAD, lavorano per superfici NURBS e consentono di lavorare con spazi sempre più complessi e fluidi che ,come forme viventi,mutano nel tempo e si cristallizzano poi in pelli e ventri di straordinaria complessità ,impossibili da gestire altrimenti da un progettista .
Questi programmi ,creati per altre discipline ,come il cinema e il design ,hanno trovato presso architetti di varie parti del mondo un consenso sempre crescente e un desiderio di formalizzare e “autorizzare” tali superfici ingabbiandole alcune volte in teorie a parer mio troppo forzate .
Mi riferisco alla nuova nozione di tempo, ad esempio ,questa necessità assoluta di includerlo nell’architettura così come lo è in tali programmi ,che nel virtuale ha una sua attrattiva nel momento in cui vediamo forme in movimento reagenti ai nostri stimoli programmati per divenire curvature sinuose e articolate .
E proprio del corpo si parla in apertura del libro, come questo lo si vedesse nel rinascimento ,astratto e misura di ogni cosa e la nuova visione contemporanea che se ne ha: una superficie permeabile, elastica, profonda, non più limite fisico ma tramite con l’esterno, tanto da prolungarsi in protesi artificiali e penetrata nel profondo tramite macchine che  traducono in sequenze 0-1  la densità degli organi, dei tessuti, degli impulsi neuronali.
Non più semplice rivestimento quindi ma fonte di sperimentazione artistica, come gli autoritratti di B.Outcault, mappature di pelle, e il celebre Stelarc che sperimenta da anni protesi sulla propria pelle.
E le forme architettoniche progettate nello spazio del computer sono simili a corpi che si muovono nel tempo.

Se la pelle è una superficie mutevole e di grande attrazione e complessità la sua natura bidimensionale  porta all’esplorazione di altre superfici in architettura fatte da due dimensioni: non più astratti setti alla maniera del neo-plasticismo, ma superfici che si piegano trovando relazioni anche con il mondo del graphic–design.
Denari indaga piatte superfici, ”flattened topologies” ,che curvate divengono spazi ripiegati, avvicinandosi  alla cultura del segno grafico, da sempre più vicino agli stimoli del consumatore e il primo a subire i cambiamenti più veloci.

Penso che questo sia il segno per ora più concreto della architettura della globalizzazione, in quanto la grafica, permeando Internet,  risulta essere il meccanismo più efficace di comunicazione e di approvazione.
Gli stessi sistemi costruttivi e le superfici ricoperte di informazione sono forse il paradigma a cui ci stiamo avvicinando; è il più vicino alla logica della Smart, la macchina informatizzata e  intercambiabile, reale e raggiungibile economicamente e soprattutto strettamente a misura del consumatore.
Ma la natura di una superficie estesa nello spazio nelle sue due dimensioni si collega direttamente con l’idea di schermo, veicolo di informazione  e di interattività  e per questo trattamenti ambigui di questa pelle sono stati fatti da Ibos & Vitart  a Lille che, come in un gioco di specchi, compenetrano effetti di profondità e riflessione di immagini in un rimpallo tra neoclassico e contemporaneità.

Mi fa sorridere, e da tempo, l’uso della superficie di Herzog  & de Meuron  in alcuni progetti: il simbolismo trasferito alle pareti serigrafate ,l’idea della pelle che racconta una storia mi sembra un concetto quanto mai vecchio. Lo si è fatto nell’antichità con un intento comunicativo più aulico e forse anche come meccanismo obbligatorio per  divulgare concetti e miti alle masse; oggi questa insistenza sulla natura comunicativa-epidermica dell’architettura mi sembra solo un fenomeno commerciale che fa sembrare queste architetture caramelle il cui ripieno è esplicitato nella carta argentata che l’avvolge.
Spero poi che le case di Abalos ed Herreros siano semplici provocazioni .

Ma le innovazioni scientifiche, la nuova comprensione dello spazio da parte di sistemi di modellazione NURBS, non come modello statico ma dinamico,hanno portato a descrivere superfici malleabili, elastiche e mutevoli nel tempo, frutto di un continuo ricalcolo di  analisi matematica di formule algoritmiche;
questa è la sezione del libro che ho trovato più appassionante perché ha risposto alla mia domanda  sul perché si indagano oggi tali forme, perché ci spingiamo verso queste superfici molli;
Bene, ho scoperto che pur essendo l’informatica il filo conduttore e l’indiscussa molla di questa cyber-architettura, ogni architetto che sperimenta questo linguaggio nuovissimo vi trova una giustificazione più o meno plausibile,più o meno ragionata: chi per sperimentare, chi per rispondere a necessità di materializzare flussi di materia nel tempo, chi per dimostrarne l’interattività, chi per il gusto dell’ ibridazione e chi solo per esplorare questo concetto di ipersuperficie.

Le teorie più interessanti mi sono parse quelle dell’architetture in divenire di Novak, create sulla base del calcolo nello spazio del computer e quelle degli Asymptote, che indagano le relazioni tra la modellazione virtuale e lo spazio reale creando ibridi intriganti.

Il libro si chiude con una considerazione interessante, ossia che la digitalizzazione ha determinato una tendenza verso il visuale come  punto di incontro delle discipline sgretolate e rese interagenti tra loro .
Il prodotto dell’architetto, pur nutrendosi di virtualità, disegni e modelli 3D, si è spinto “oltre” verso orizzonti che hanno problemi molto difficili di concretizzazione, soprattutto in quelle teorie che vedono il tempo come protagonista, quando un’animazione cessa, quando l’etereo diviene materia nel progetto costruito.
Sono seriamente affascinata da questa architettura il cui rischio pero’ è di diventare un BLOB costruito.
 
 

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