GONNOSFANADIGA dal '800 alla II^ Guerra Mondiale.
Nei primi anni del '800, la Sardegna fu segnata da un cambiamento significativo, la "Legge delle chiudende". Questa, aveva lo scopo di creare una classe di nuovi proprietari terrieri, chi infatti possedeva un terreno di proprietà, poteva ora recintarlo e salvaguardarlo cosi dal bestiame, che precedentemente aveva pascolato liberamente su qualsiasi terreno, rovinando le colture, non trovando di certo d'accordo gli allevatori, che videro il loro bestiame costretto al pascolo controllato. I feudatari nonostante vedessero i loro terreni ridursi, non impedirono agli abitanti di chiudere, e ampliare la loro proprietà cosicché, chi ebbe la possibilità di acquistare molti terreni, poté dare vita alle prime aziende agricole. Siccome ogni modifica di legge è accompagnata dalle tasse, quelle sui terreni privati fu abbastanza pesante da sostenere se non da coloro che grazie ai grossi appezzamenti, potevano far fronte a tutte le tasse, come sempre a discapito di coloro che avevano il terreno, come unica fonte di sostentamento. Intorno al 1870 venne costruito il municipio e resto in piedi per circa 90 anni ossia fino al 1960 anno in cui venne demolito lasciando cosi il posto a quello attuale che divenne operativo dieci anni dopo. Nell'edificio che sorgeva dove si trova quello moderno, avevano sede la caserma dei carabinieri, ed in seguito all'installazione del telegrafo (fine XIX) anche l'ufficio postale. In quegli anni i negozi di merci si trasformano in locali adibiti esclusivamente ad uso commerciale. Il commercio dei prodotti agricoli e artigianali diventa più attivo. Si coltivano intensamente Orti e Frutteti innaffiati inizialmente da pompe azionate dalla forza delle braccia poi azionata da un'asino o un cavallo. L'aratura praticata fino ai primi anni del '900 con un aratro in legno, subiva una notevole modifica: "L'aratro in ferro". L'acqua nel paese non mancava di sicuro, visto che erano circa cento le fontane tra pubbliche e private che rifornivano il paese. Quelle pubbliche erano costruite in collaborazione di tutti gli abitanti del rione. Per quanto riguarda "gonnos" cioè la parte del paese che si arrampica sul colle, poiché era impossibile scavare i pozzi, era dotato di un acquedotto, si pensa addirittura gia dal 1700. La via principale era l'attuale via Marconi, chiamato allora "lo Stradoni"- che era via Beccheria, poi via sa matt'e s'ulmu, poi via Cao Pinna, e infine via Marconi. Ma siccome si voleva creare una strada moderna che passasse davanti al Municipio, si abbatterono case, occuparono cortili, e si creo cosi una strada perfettamente diritta, che partendo dal colle, dove ora sorge la gradinata, attraversando il paese sbocca sulla statale per Cagliari. Realizzata dal sindaco Porru Bonelli (che chiese ai cittadini di contribuire alla costruzione con un certo numero di giornate lavorative), la via prese appunto questo nome, anche se noi abbiamo ancora l'abitudine di chiamarla "il Rettifilo". Una strada come questa non poteva essere priva di illuminazione, costituita da lampioni a gas, accesi ogni sera da un operaio comunale. Questi lampioni vennero rimossi nel 1921 per far posto a quelli elettrici. La Piazza 17 Febbraio, che nacque assieme al rettifilo, non era nel progetto. Infatti, il sindaco voleva che questo spazio venisse acquistato dagli abitanti delle case adiacenti, ma poiché si rifiutarono, questo spazio divenne piazza pubblica. Nei primi anni del '900, la notizia che Gonnos avrebbe avuto una stazione ferroviaria, diventando un importante nodo ferroviario, moltiplico l'entusiasmo verso il progresso a Gonnosfanadiga, che però purtroppo rimase solo un sogno. Ciò che invece si realizzo fù l'incubo della I^ guerra mondiale che come in tutti i paesi, porto via alcuni uomini caduti al fronte. Nel monumento eretto in onore dei caduti in guerra, si contano 46 nomi. Intorno ai primi anni del secolo le lezioni si tenevano in locali che il comune prendeva in affitto, e questo fino al 1935 anno in cui venne inaugurata la prima scuola elementare. Costruita in vicinanza della piazza Vittorio Emanule, in seguito alla seconda guerra mondiale, è stata dedicata a "Giovanni Lecis" medaglia d'oro alla memoria caduto sul fronte, nell'adempimento del suo dovere.