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1. |
E' la parte del discorso che serve ad indicare
"un essere, una idea, un fatto" (Goidanich). |
2. |
Nel genere i nomi possono essere o solo
"maschili" (fiume) o solo "femminili" (matita) o
"maschili e femminili" (cavallo - cavalla). |
3. |
Nel numero sono generalmente
"singolari e plurali", ma non mancano quelli che si usano solo al
"singolare" (buio) o solo al "plurale"
(forbici) |
4. |
Per gli stranieri che intendono studiare la lingua italiana una delle maggiori difficoltà è costituita dall'apprendere come si trasforma un nome maschile nel corrispettivo femminile (quando esiste) e come si forma il plurale, ma noi italiani non abbiamo alcun problema perché ci fondiamo sull'uso vivo appreso fin dall'infanzia: nessun italiano direbbe mai
"attora" invece di attrice, o "leona" invece di
leonessa, e meno che mai "uomi" invece di
uomini.
E tutti sanno che "bue" al plurale fa buoi e che la femmina del bue si chiama
mucca o vacca.
Perciò è inutile imparare tante regole che in pratica non ci servono. Nei casi dubbi possiamo sempre consultare il vocabolario.
Attenti, però, che la trasformazione di un sostantivo maschile in femminile può avvenire solo con nomi di persone (maestro - maestra) o di animali (asino - asina), ma non con quelli di cose: infatti la tappa (quella del giro d'Italia) non è la femmina del tappo (quello della bottiglia). |
5. |
Per quanto attiene alla formazione del plurale, si osservino queste semplici norme:
a) la maggior parte dei nomi, sia maschili che femminili, al plurale esce
in i tranne i femminili che al singolare escono in a perché questi al plurale vogliono la desinenza e:
Esempi:
Singolare |
Plurale |
Il cavallo (m. in o)
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I cavalli
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Il fiume (m. in e)
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I fiumi
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Il poeta (m. in a)
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I poeti
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La mano (f. in o)
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Le mani
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La vite (f. in e)
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Le viti
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La matita (f. in a)
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Le matite
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b) al plurale restano invariati: i nomi monosillabici (il re - i re)
i nomi tronchi (cioè con l'accento sull'ultima sillaba: la virtù - le virtù / la verità - le verità) i nomi terminanti in i (il brindisi - i brindisi) i nomi terminanti in consonante (il lapis - i lapis) i nomi propri di persona con desinenza a (Enea - gli Enea) i cognomi (il Foscolo - i Foscolo / l'Alighieri - gli Alighieri) i nomi stranieri (il pullman - i pullman / il goal - i goal)
c) i nomi terminanti in -io, se hanno la i tonica (cioè accentata nella pronuncia) come pigolìo e
zìo, al plurale richiedono la desinenza ii (pigolii, zii), altrimenti una sola i (figlio - figli / premio - premi);
d) i nomi che terminano in -cia e
-gia, se davanti a -cia e -gia hanno una vocale, fanno al plurale
-cie e -gie (camicia - camicie / guarentigia guarentigie); se hanno una consonante fanno invece
-ce e -ge (lancia lance / bolgia - bolge). Se però hanno la i tonica, la conservano sempre
(farmacìa - farmacìe / nostalgìa - nostalgìe). |
6.
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Tuttavia le "eccezioni" a queste norme sono numerose e solo l'uso frequente del dizionario potrà farcele apprendere, essendo assurdo volerle imparare a memoria tutte insieme. Ecco solo alcuni dei nomi che sfuggono alle regole su accennate:
il vaglia - i vaglia
il pigiama - i pigiama
la radio - le radio
la dinamo - le dinamo
l'arbitrio - gli arbitrii (per distinguerlo da arbitri che è il plurale di "arbitro").
l'omicidio - gli omicidii (per distinguerlo da omicidi che è il plurale di "omicida").
Per quanto riguarda la regola da noi suggerita per i nomi in -cia e
-gia si assiste ad un fenomeno abbastanza strano. Infatti, mentre le grammatiche (comprese quelle del Flora e del
Serianni) sono concordi nel consigliarla (anzi nel prescriverla in termini quasi assoluti, che ammettono rarissime eccezioni), i dizionari si comportano diversamente e in maniera non univoca. Portiamo solo due esempi relativi al plurale di
ciliegia e di provincia. Dei due vocaboli, che non hanno la i accentata," ciliegia" al plurale dovrebbe fare "ciliegie" (perché -gia è preceduta da vocale) e "provincia" dovrebbe fare "province" (perché -cia è preceduta da consonante). Ebbene ecco come questi vocaboli sono riportati nel plurale in alcuni tra i migliori dizionari italiani:
Battaglia: ciliegie o ciliege (moderno)
provincie o province (meno correttamente)
De Felice-Duro: ciliegie province
Devoto-Oli: ciliegie o ciliege
province o provincie
Gabrielli: ciliege
provincie
Zingarelli: ciliege
province o provincie
Come si vede, solo "De Felice-Duro" applica la regola e non ammette deviazioni. In compenso
"Gabrielli" fa esattamente l'opposto ed avrà pure le sue buone ragioni. A quale dei due segnalerà l'errore di ortografia, con un vistoso frego di matita blu, il tuo insegnante?
Morale: in questi casi comportati come ti pare e piace, tenendo ben presente che la
"grammatica" è indispensabile per la conoscenza e l'uso della lingua, ma va accettata come strumento di semplificazione e non già come repertorio infallibile di tutti i fenomeni linguistici. I quali non sempre sono riducibili e classificabili in norme rigide, data anche la diversità delle opinioni che pure esiste tra i maggiori studiosi. |
7.
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Per il plurale dei nomi in
-co e -go, i più capricciosi di tutti (i quali vanno talmente a ruota libera, che finanche i grammatici più testardi si sono arresi di fronte a loro), è d'obbligo l'uso del dizionario. Infatti tutte le regole proposte finora risultano così approssimative e parziali e ricche di "eccezioni" , che non vale la pena menzionarle.
D'altra parte come si potrebbe spiegare che cieco e lago, nomi
"piani" (cioè accentati sulla penultima sillaba), fanno al plurale
ciechi e laghi, mentre amico e greco, pur essi piani, fanno
amici e greci?
E come spiegare che medico e parroco, nomi
"sdruccioli" (cioè accentati sulla terzultima sillaba), fanno medici e parroci mentre altri sdruccioli come
carico e dialogo fanno carichi e dialoghi?
Come già detto, per gli stranieri che vogliono apprendere l'italiano sono cavoli amàri, ma per noi le cose non sono poi così gravi: nemmeno un bambino di tre anni e qualche mese direbbe
cieci, lagi, amichi, grechi, medichi, parrochi, carici,
dialogi. Anche l'orecchio vuole la sua parte e noi istintivamente l'assecondiamo.
Quando sorge un dubbio -ripetiamo- si consulti il vocabolario e si cerchi
di memorizzare l'esito della ricerca. Ad esempio:
mago al plurale fa magi (come i tre re del presepio) o
maghi (come dicono i presentatori televisivi)? Consultando il vocabolario magari si scopre che i linguisti accettano entrambe le forme, ma che l'uso più comune e moderno preferisce la seconda. Ed abbiamo risolto il problema. |
8. |
Lo stesso consiglio -quello dell'uso del dizionario- vale anche per il plurale dei nomi composti, per i quali le cose sono ancora più complicate. Però ci piace osservare che anche i problemi linguistici possono essere affrontati con un pizzico di buon senso. Per esempio con la parola
capostazione vogliamo indicare chi è a capo di una stazione e, quindi, usandola al plurale vogliamo riferirci a più
"capi" e non a più "stazioni" : ebbene, in virtù di questa semplice riflessione, ci verrà spontaneo di dire
capistazione; mentre col vocabolo capolavoro intendiamo un
"lavoro" artistico che riconosciamo "a
capo" (cioè superiore) di altri e perciò al plurale diremo capolavori.
Un'ultima osservazione per convincerci di quanto contino il buon senso e la riflessione per tirarci fuori d'impaccio. I vocabolari, registrando il nome composto
altopiano, riportano anche la variante altipiano e per il plurale consentono la forma altopiani (evidentemente riferita al primo termine) e la forma altipiani (riferita al secondo termine). Poiché il nome composto è costituito da un
"aggettivo" (alto) e da un "nome" (piano) e poiché da che mondo è mondo gli aggettivi si sono sempre concordati col nome al quale si riferiscono, perché non limitarci ad usare il termine
altopiano rendendolo al plurale altipiani? |
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PROSPETTO
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Propri: |
Cesare |
Fido |
Italia |
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Comuni: |
uomo |
cane |
nazione |
penisola |
virtù |
Concreti: |
giudice |
cane |
Roma |
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Astratti: |
giustizia |
fedeltà |
potenza |
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Primitivi: |
libro |
cane |
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Derivati: |
libreria |
canile |
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Composti: |
capolista |
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(nome
+ nome) |
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pianoforte |
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(aggettivo
+ aggettivo) |
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terracotta |
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(nome
+ aggettivo) |
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bassorilievo |
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(aggettivo
+ nome) |
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dormiveglia |
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(verbo
+ verbo) |
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posapiano |
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(verbo
+ aggettivo) |
Alterati: |
ragazzone |
gattone |
(accrescitivi) |
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ragazzino |
gattino |
(diminutivi) |
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Ragazzaccio |
gattaccio |
(dispregiativi) |
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giovanottino |
cavalluccio |
(vezzeggiativi) |
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Collettivi: |
popolo |
flotta |
gregge |
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Promiscui |
il canguro |
il corvo |
(solo
maschili, ma valgono anche per le femmine) |
|
l'aquila |
la balena |
(solo
femminili, ma valgono anche per i maschi) |
Indeclinabili |
il boia |
il gorilla |
la virtù |
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i boia |
i gorilla |
le virtù |
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Difettivi |
domani |
buio |
zinco |
(mancano
del plurale) |
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calzoni |
forbici |
dintorni |
(mancano
del singolare) |
Sovrabbondanti |
la strofa |
le strofe |
(2
forme al singolare e 2 forme al plurale) |
|
la strofe |
le strofi |
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il dito |
i diti |
le dita |
(1
forma al singolare e 2 al plurale
2 forme al singolare 1
plurale |
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l'arma |
l'arme |
le armi |
Mobili |
lo scolaro |
la scolara |
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il mulo |
la mula |
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Ambigeneri: |
il nipote |
i nipoti |
la nipote |
le nipoti |
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il coniuge |
i coniugi |
la coniuge |
le coniugi |
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Nota
Un breve discorso a parte è necessario fare per i cosiddetti acronimi, cioè quei nomi risultanti o da sigle o "dalla giustapposizione di parti staccate di parole, unite in modo imprevedibile" (Seriarmi). Facciamo alcuni esempi. Una delle maggiori organizzazioni sindacali dei lavoratori italiani è la "Confederazione Generale Italiana Lavoratori" la cui sigla è
C.G.I.L.
Ora è chiaro che in un discorso o in un articolo di giornale in cui ricorresse spesso il nome di detta Confederazione, sarebbe faticoso e stucchevole ripetere sempre il nome per intero e, d'altra parte, la sigla con le iniziali puntate -che per altro è possibile usare solo per iscritto- andrebbe sempre letta per intero. Ecco che la sigla
C.G.I.L. è diventata CGIL o Cgil (che si legge
cigielle) venendo a costituire un vero e proprio nome. Il "Partito Democratico della Sinistra" è diventato il
PDS (pidiesse), il "Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori della Scuola" è diventato lo
SNALS (snals) e così via. Se, però, gli acronimi derivati da sigle sono una necessità reale, quelli formati dalla "giustapposizione di parti staccate di parole", voci "di diffusione soprattutto giornalistica o pubblicitaria e sovente effimere" (Serianni), come, ad esempio, Palasport per "Palazzo dello Sport", ci appaiono piuttosto gratuiti. Tuttavia è lecito servirsene dato il favore che hanno incontrato specialmente presso la Stampa. |
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