F. DE ANDRE'

LA BUONA NOVELLA

 

1.laudate dominum

2.l'infanzia di Maria

3.il ritorno di Giuseppe

4.il sogno di Maria

5.ave Maria

6.Maria nella bottega

d'un falegname

7.via della croce

8.tre madri

9.il testamento di Tito

10.laudate hominum

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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BLOODFLOWERS ZONE

Di tutte le opere di De Andrè, questa, composta in un periodo ancora caldo per le rivolte sessantottine (siamo nel 1970), è decisamente una delle più profonde. Ma non si tratta di un disco di protesta politica, tutt’altro : aggirando infatti tanto le soluzioni laiche ed accomodanti quanto la solita critica all’istituzione religiosa, il cantautore genovese prova a trasmettere da ateo il valore puramente umano delle vicende narrate nelle sacre scritture.Partendo infatti dalla lode al signore (“laudate dominum”) si giunge nell’ultima traccia,”laudate hominum”,a cantare l’uomo (“non posso pensarti figlio di dio/ ma figlio dell’uomo,fratello anche mio…); tutto passando per una visione totalmente sdivinizzata  delle vicende riguardanti i protagonisti della vita del Cristo.Ecco dunque come Maria e Giuseppe diventano persone costrette a sottostare a situazioni più grandi di loro,frutto di volontà divine agli occhi di chi li costringe a fare determinate scelte. Nel caratterizzare  i personaggi con tratti decisamente umani De Andrè si rifà alla tradizione dei vangeli apocrifi,riuscendo così a narrare come Maria all’età di tre anni venne data in affidamento a dei sacerdoti, i quali però la mandarono via adolescente per la sopraggiunta pubertà (“la sua verginità si tingeva di rosso…”),dandola così in sposa a Giuseppe, il quale si fece carico di una bambina che non poteva amare. Forse nemmeno gli scritti apocrifi colmano i vuoti presenti nella storia,ma di certo il cantautore non si trova mai in difficoltà quando si tratta di umanizzare e capovolgere i valori : l’esempio più adatto è lo splendido “testamento di Tito”, in cui uno dei due ladroni con uno sfoggio di relativismo (non c’è voglia di intellettualismi a dire la verità) smaschera quelli che sono i limiti dei dieci comandamenti, dimostrando come l’unico dogma accettabile sia il rispetto per la vita dell’uomo.Molte altre cose assumono un senso diverso, come la condanna di Gesù , acclamata dai padri dei bambini assassinati da Erode,oppure il pianto di Maria nel vedere suo figlio in croce, lamento di una donna che ha dovuto dividere il frutto del proprio ventre con un destino già segnato.Alla fine, come già accennato, Gesù muore e si fa uomo, concludendo il processo di sdivinizzazione avviato fin dalle prime note. E a proposito di note, un elogio è dovuto agli accompagnamenti che da soli riescono a ricreare quell’atmosfera orientale necessaria per dare una corretta ambientazione alla vicenda ; la chitarra di De Andrè è delicata e struggente come solo lui sapeva fare, e i cori conferiscono al tutto quel tono di atea solennità che un redentore come il Cristo merita. In un clima di protesta, quest’opera risulta per molti versi spiazzante, ma se messa in relazione ad un altro disco dedicato ad umili e diseredati, “tutti morimmo a stento”, trova senso come periodo di maggior riflessione di De Andrè su una società che ha emarginato una parte di sè stessa che forse proprio per questo però ha trovato nel cantautore genovese un instancabile portavoce. Sublime.   

Vincenzo De Simone