JEFF BUCKLEY |
UNA GOCCIA PURA IN UN OCEANO DI RUMORE |
"grace" track-list 1.mojo pin 2.grace 3.the last goodbye 4.lilac wine 5.so real 6.hallelujah 7.lover you should've come over 8.corpus christi carol 9.eternal life 10.dream brother
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In una sua biografia,si scriveva come Jeff fosse solito
esporre il suo punto di vista a seconda di chi lo ascoltasse,che fosse
allergico alle versioni definitive e che amasse i cambiamenti mosso dal
probabile timore suggerito dalla parole fine : che tutto ciò sia vero lo
possiamo dire non perché lo abbiamo conosciuto, ma per il semplice motivo
che sembra come scritto nel suo album.Delle sue canzoni,nessuna obbedisce
alla forma tradizionale,le strutture sono incerte,improvvisate,la stessa
interpretazione vocale sfugge continuamente a chi tenta di imitarla.Dico
delle sue canzoni perché risulta evidente nelle tre cover che non si
tratta di brani di jeff ; lilac wine (di Nina Simone) è un delicatissimo
e straziante canto d’amore ebbro e sconfitto,accompagnato da una timida
chitarra che segue gli alti e bassi della voce di Jeff,qui toccata da
quella grazia (grace) che lo stesso cantante amava attribuire ai grandi
maestri del jazz (Ellington, la stessa Nina Simone),mentre in Hallelujah
(di Leonard Cohen) la chitarra arpeggia un accompagnamento quasi
religioso,mentre la voce di jeff alterna con la dovuta emotività strofe a
ritornelli; la terza cover, Corpus Christis Carol, è un’aria di
Benjamin britten, che nella sua brevità non manca di confermare le doti
canore di quest’artista,e a proposito di doti canore, a Jeff Buckley va
riconosciuto il merito di aver restituito al rock la gioia di un vocalizzo
straordinario, in una scena musicale dominata da urla e distorsioni (1994
: echi del compianto Cobain e degli ormai affermati Smashing Pumpkins) ;
è straordinario per controllo ed espressività il grido di “Mojo
Pin”, dannatamente liberatorio quello di “Grace”, ribelle e in odore
di protesta l’interpretazione di “Eternal life”.D’altra parte la
voce di Jeff era sì delicata ma anche potente e gli arrangiamenti
riescono sempre a rispettare questa inusuale tendenza : ecco dunque come
il campo sonoro di jeff diventa l’effettivo background musicale di band
come i coldplay, ossia come l’insospettabile leggerezza del rock si
faccia carico di melodie tristi e sconsolate portandole in giro attraverso
accattivanti riff (“so real”) o spunti d’ispirazione quasi metal
(“eternal life”), anticipando in quest’ultimo caso quelli che
saranno i temi di “sketches for my sweetheart the drunk”, disco uscito
postumo nel 1998 contenente il materiale registrato da Jeff prima che
annegasse nel Wolf River (29 Maggio del ’97).Va detto che ad un primo
ascolto si impongono facilmente tracce come “grace” o “the last
goodbye”, per la loro struttura più tradizionale e quindi assimilabile,
ma vi ci vorrà molto poco per farvi conquistare dalle atmosfere
onorico-orientali di “dream brother” o dal dolce incedere di “lover
you should’ve come over”, ballata dolce ma anche
complicata da un punto di vista armonico-strutturale. Dunque, ecco
un disco che pretende ( e a mio parere merita) attenzione, ma non vi ci
avvicinate se siete amanti di motivetti allegri e melodie
accalappia-ascoltatore, non arriverete nemmeno a lilac wine, mentre
tutt’altro discorso per chi ama dedicare un po’ di attenzione
all’ascolto : in questo caso è un’esperienza che vi invito a fare,
con la benedizione, peraltro, di Bono Vox (U2) : “jeff buckley è stato
una goccia pura in un oceano di rumore”.
Vincenzo
De Simone |