RADIOHEAD

AMNESIAC

la cover

il gruppo

 

track-list

1.packt like 
sardines
2.pyramid song
3.pulk/pull 
revolving doors
4.you and 
whose army?
5.am i wrong
6.knives out
7.morning bell
8.dollars and cents
9.hunting bears
10.like spinning 
plates
11.life in a 
glasshouse
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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BLOODFLOWERS ZONE

Da un po’ di tempo la vita per questo quintetto di Oxford si fa sempre più dura : fanno un disco buono,Pablo Honey, e subiscono pressioni perché il pubblico li vuole alla conferma definitiva. Sfornano un capolavoro,Ok Computer, e si prendono quasi quattro anni di pausa,durante i quali l’attesa è sempre maggiore per la curiosità del nuovo album. Sperimentano, provano, creano, suonano e finalmente nell’Ottobre del 2000 esce Kid A,risultato di snervanti sessioni nelle quali erano coinvolti attivamente sia i membri della band che il produttore Nigel Godrich,che tra l’altro proprio per queste sessioni sarà l’oggetto,appagato,del desiderio di Neil Hannon dei Divine Comedy.Il risultato di quelle sessioni non ci sta in un solo disco,ed ecco che dopo nemmeno un anno di distanza dall’uscita di Kid A i Radiohead si ripresentano con Amnesiac,album contenente alcune caznoni non inserite nell’altro disco più una variante di Morning Bell.Una caratteristica di questo disco,per forza di cose legato a Kid A,è che proprio come quest’ultimo non si presenta molto omogeneo ed anche concettualmente sembra disarticolato in più punti. La prima traccia,”Packt like sardines in a crushed tin box”,si apre con delle percussioni leggere ma costanti,quasi subito accompagnate dai suoni tipici della nuova tendenza musicale dei Radiohead,quelli che per l’esattezza dovete  sentire per capire.La voce di Yorke non gioca qui con gli effetti,per lo meno non come all’inizio di Kid A,anche se ama sempre confondersi con i suoni e molto spesso si fatica a capire cosa dica.Si passa poi a “Pyramid song”, dalla struttura volutamente non complessa sia dal punto di vista armonico che ritmico,e questo probabilmente perché il potere vocativo della canzone è affidato principalmente al testo (“mi sono tuffato nel  fiume e cosa ho visto?angeli dagli occhi neri che nuotavano con me…tutti i miei amanti erano lì con me,tutti i miei passati ed i miei futuri…”).”You and whose army” è una lenta e “scorretta” promessa di ribellione nei confronti della potenza americana,che secondo Yorke è la reincarnazione del sacro romano impero,in tutti i suoi vizi e ingiustizie (“come on,come on,you think you drive me crazy…come on ,you and whose army…come on,come on,holy roman empire,come on if you think,come if you think you can take us on…you forget so easy,we ride tonight,ghost horses,we’ll ride tonight,ghost horses…”).A seguire forse l’unica traccia, insieme a Morning Bell, che più assomiglia a certe parti di Kid A,”Am I wrong”,in cui per la prima volta si sentono delle chitarre “normali” accompagnare la voce di Yorke senza stravolgimenti particolare.”Knives out” sembra l’unica traccia sopravvissuta a qualsiasi tentativo di stravolgimento sonoro e fa sfoggio di buoni spunti musicali,ritmici e melodici,come a dimostrare la capacità di creare seppure in contesti tradizionali;vi consiglio una lettura del testo,uno dei più bizzarri che i Radiohead abbiano mai scritti e che più si prestano ad una personale interpretazione.Il resto del disco scorre un po’, a parte la polemica “dollars and cents” e quella che a mio parere è la traccia più bella di tutto l’album :”life in a glasshouse” ricca di richiami al jazz nei fiati mai così abbondanti,e dai toni molto malinconici ma che comunque lasciano spazio ad un certo ottimismo (“well of corse I’d like to sit around and chat,well of corse I’d like to stay and chew the fat…”).Cosa aggiungere : come il precedente,anche questo disco preclude l’ascolto a chi cerca il senso e musicale e testuale al primo ascolto,senza contare che per apprezzare lo sforzo creativo della band è in ogni caso necessario un certo orientamento musicale,al di là poi del merito oggettivo che va riconosciuto al gruppo,ossia di aver aperto il rock a nuove esperienze che per vari motivi latitavano  fin dai compianti anni ’70.

Vincenzo De Simone