SMASHING PUMPKINS

SIAMESE DREAMS

la cover

il gruppo

track-list

1.cherub rock
2.quiet
3.today
4.hummer
5.rocket
6.disarm
7.soma
8.geek u.s.a.
9.mayonaise
10.spaceboy
11.silverfuck
12.sweet sweet
13.luna

Un po’ come alcune fotografie,che riviste a distanza di anni ci ricordano com’eravamo prima di un particolare evento,così questo e altri dischi degli smashing pumpkins (v. mellon collie) fissano in modo indelebile la vena genuinamente rock che dopo siamese dreams avrebbe portato al grande Mellon Collie.Schegge di rock,rabbia e delicatezza, in un disco che nei primi venti secondi ci fa abituare piano piano a  quelli che saranno i suoni di tutto il disco : distorsioni,batteria e voce di corgan che se non eccezionale sembra essere per lo meno “calzante”.Non sentirete chitarre e voci incazzate,ma interpretazioni che cercano di dare espressione ai testi e chitarre mai invadenti a volte anche alla ricerca della melodia giusta,come in “today” o “soma”,che si aprono entrambe con soffici arpeggi per poi esplodere (la prima subito,la seconda a metà) e liberare un istinto che non riesce ad accontentarsi di suonare meno di sei corde alla volta .Questo alternarsi di momenti rock a momenti di leggerezza è a dire la verità molto frequente,tanto nell’album come nelle canzoni stesse,e questo un po’ le fa assomigliare tutte, ma le rende anche “digeribili” più di una volta,e va ricordata per questo anche “geek u.s.a.”,che racchiude spunti quasi metal,concedendosi pochi secondi di pausa a metà per poi finire soddisfacendo le voglie rock dei musicisti.”silverfuck” sembra strizzare l’occhio a qualche sperimentazione “psichedelica” (come “glass and the ghost children” in machina) con 5 minuti di echi ed effetti vari che costituiscono il campo sonoro entro il quale si muove una voce sommessa ed in procinto di esplodere,cosa che poi succede nei minuti finali,vortici di chitarra e batteria che sembrano scritti per sconvolgere le folle ai concerti (v. anche Dream Theater).Sarà per questi continui sfoghi rock presenti in abbondanza che poi i momenti totalmente acustici risultano a dir poco gradevoli,e mi sembra proprio il caso di citare “disarm”,chitarra acustica ,voce e effetto campane in quello che sembra un dialogo cantato tra corgan e i violini,dialogo che poi si unisce alla fine intrecciando le melodie vocali a quelle degli archi costituendo un crescendo emotivo che poi si spegne sulle ultime note dei violini dando l’impressione di restare in sospeso.Simile è “spaceboy” che ha però anche l’accompagnamento della batteria ,mentre “silverfuck”chiude definitivamente il discorso rock scatenato.”sweet sweet” ci aiuta a rilassarci e anche a capire che il disco si avvia alla conclusione,conclusione che porta il titolo “luna”,ballata dai toni semi-acustici,quei toni che oggi potremmo riconoscere nei Coldplay o in generale in quel fantomatico “new acoustic movement”,con accompagnamenti a un passo dal pop e incisivi “graffi” elettrici.Così si chiude un disco che incrementa l’aspetto degli smashing pumpkins come “giostra” : ti prendono per mano,ti fanno fare un giro nel rock con pochi attimi di pausa e poi ti riposano delicatamente,così come ti hanno preso,e che poi si abbia voglia di rifarlo o meno,non si può non ammettere che è stato bello.E’ la logica del disco,ma a vedere bene è anche la logica di ogni canzone,e durerà fino al disco successivo,fino a quando cioè il gruppo sarà sempre quello originario.Da Ava Adore inizierà una ricerca volta al cambiamento un po’ perché di fatto erano cambiati i tempi un po’ perché andava sostituito l’intossicato Jimmy Chamberlin (batteria);dopo lo stesso Adore darà forfait anche D’Arcy (basso) e giungeremo così alle soluzioni accomodanti di Machina dove nemmeno il reinserimento di Chamberlin restituirà al gruppo la grinta di un tempo,segno di una forza che sommersa dall ‘elettronica ritornerà,strano caso,solo in alcune parti composte già in aria di scioglimento.

Vincenzo De Simone

SMASHING PUMPKINS

ADORE

la cover

 

track list

1.To Sheila

2.Ava Adore

3.Perfect

4.Daphne descends

5.Once upon a time

6-Tears

7.Crestfallen

8.Appels & oranjes

9.Pug

10.The tale of Dusty

and Pistol Pete

11.Annie-dog

12.Shame

13.Behold!the ni

ghtmare

14.For Martha

15.Blank page

16.17

 

 

 

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bloodflowers

Si è fatta pesante l’aria di Chicago per Billy Corgan e Co. , soprattutto dal momento che Co. vuol dire un batterista (Jimmy Chamberlin) allontanato per problemi di droga e una coppia basso/chitarra (D’Arcy/Iha) tutta presa da una love story ; ora,se a tutto questo aggiungete un divorzio e la perdita della madre, potete rendervi facilmente conto dello spirito con cui Corgan abbia affrontato questo disco.Ma andiamo con calma, siamo nel 1998, a tre anni di distanza da quel Mellon Collie che aveva confermato e rilanciato le ottime premesse di Siamese Dreams, l’eclettico frontman è sempre alla ricerca di nuove strade, come dimostra anche l’uscita del box The Aeroplane Flies High (1996) : l’occasione per sperimentare viene proprio dall’incapacità di trovare un batterista all’altezza di Jimmy ed ecco che Corgan fa di necessità virtù virando verso un “approccio elettronico” per quel che riguarda gli arrangiamenti.Che non si tratti di un inno alla gioia lo si intuisce già alla prima traccia, “to Sheila”, in cui la voce si lascia accompagnare esclusivamente da una chitarra dal suono un po’ ovattato, mentre per la questione batteria ed eletronica rimandiamo alla seconda traccia nonché primo singolo : “Ava Adore” , in cui reminiscenze rock si uniscono alla nuova vena elettronica, la quale,va detto, è limitata alla batteria campionata, la quale sebbene tolga poco all’impeto creativo di Corgan, risulta poco efficace in “Perfect”, ballata che ricorda un po’ “1979”, forse penalizzata da percussioni troppo sistematiche.Ad un certo punto l’album sembra indirizzato verso il pop, o comunque verso sonorità ad esso affini, e forse è dovuto alla poca grinta presente nel leader dei Pumpkins, il quale, gioverà ricordarlo, è autore di tutti i brani; ”Once upon a time” , lacerante ballad sul dolore causato dalla perdita della madre, segna l’inizio di questa vena musicale, e più si va avanti, più ci si accorge che i toni si incupiscono, che il rock è roba del passato.”Crestfallen” , altra ballata di ispirazione pop con voce e piano sembra essere l’epicentro di questa tendenza, la quale trova conferma in tracce come  “The Tale of Dusty and Pistol Pete” o “Annie-dog” ,fino ad arrivare a “Behold! the Nightmare”, in cui l’elettronica si allarga passando dagli arrangiamenti all’effettistisca.La parte più emotiva dell’opera può tranquillamente essere rappresentata da “fot Martha” (…se devi andare non dire addio/se devi andare non piangere/se devi andare sopravviverò/ti seguirò e ti incontrerò dall’altra parte…), che inizia segnata dal lento incedere del piano, per poi arricchirsi della batteria ed esplodere circa a metà, in un addio che sembra non voler finire mai (8’:17”).Il disco, a parte gli ultimi due episodi,in verità non molto importanti, si chiude qui,e non si può dire che non sia un’esperienza significativa,anzi, da un certo punto di vista Adore può essere considerato come il punto più alto che gli Smashing Pumpkins abbiano mai toccato in termini di creatività e volontà di esplorare.Dopo i fasti puramente rock di Mellon Collie (ci hanno riempito due cd), Adore rappresenta un vero e proprio esercizio di stile, che riscosse un buon successo in Europa, mentre non andò molto bene in America, nazione sempre alla ricerca della rock band maledetta e poco disposta ad accettare gli slanci creativi di un artista stanco  e per questo sempre attento a non cadere nel affollatissimo vortice del già sentito; da questo punto di vista l’operazione sembra perfettamente riuscita, e se non fosse che in seguito gli Smashing Pumpkins hanno provato a ritornare, un po’ banalmente, al buon vecchio rock, questa parentesi sperimentale avrebbe potuto aprire una delle fasi più interessanti del percorso della band,il cui peso è stato troppo presto caricato sulle spalle del solo Corgan, si narcisista,ma artisticamente, anche fatalmente volubile.

Vincenzo De Simone