BRUCE SPRINGSTEEN |
THE RISING |
1.Lonesome day 2.Into the fire 3.Waitin’ on a sunny day 4.Nothing man 5.Countin’ on a miracle 6.Empty sky 7.Worlds apart 8.Let’s be friends 9.Further on 10.The fuse 11.Mary’s place 12.You’re missing 13.The rising 14.Paradise 15.My city of ruins torna a bloodfowers |
Non ci è dato sapere se l’idea per questo
disco sia partita dall’ 11 settembre o dai sette anni di inattività
vissuti dal boss dalla pubblicazione di “The Ghost of Tom Joad” ,
fatto sta che a quasi un anno di distanza dai tragici fatti di New York ci
troviamo di fronte ad un album che cerca di analizzare quanto di emotivo
abbia dominato questi undici mesi : le risposte ci sono, ma non sempre
sono esaudienti, e d’altra parte chi potrebbe darne di definitive?Springsteen
cerca di riproporre i sentimenti come forza motrice che avvii il popolo
americano verso una risalita più che come una semplice commemorazione del
coraggio o dell’atrocità ecc…ecc…Anche il brano dedicato agli eroi
di quel giorno (“into the fire”) registra tale tentativo, per non
parlare di “the rising”, title-track, primo singolo nonché uno dei
momenti più significativi di questo disco, nel quale bisogna saper
distinguere anche altri momenti, forse più riusciti proprio perché meno
americani.In “paradise” , si cerca di interpretare gli ultimi pensieri
di un kamikaze , evitando riferimenti all’odio verso l’occidente e
cose del genere, mentre in “worlds apart” si riconosce la diversità
di questi due mondi, ma anche la possibilità che essi vengano in
contatto. Sparsi in giro per il disco non potevano mancare momenti che
descrivessero il tormento di quei giorni (“empty sky” e “my city of
ruins”), ed alcuni loro effetti, come in “you’re missing”
(“…dio va alla deriva in cielo, il diavolo è nella cassetta della
posta, ho polvere nelle scarpe, nient’altro che lacrime…”).Un album
dunque che fa riflettere in molti sensi, e che si sforza di uscire dal
pensiero prettamente borghese americano per abbracciare una visione delle
cose più razionale e pacifica , senza scadere in eccessi retorici o
propagandistici. Questo disco sembra dunque ribadire la funzione
dell’artista come anello di congiunzione tra il popolo e una lettura
saggia degli eventi che lo interessano, nonostante nel caso specifico
l’artista perda qualche punto come musicista.Ascoltando infatti le
melodie e gli arrangiamenti in generale ci si accorge che il pop
travestito da rock di Springsteen è a dir poco stantivo, soprattutto in
un periodo in cui la musica continua ad avvitarsi su se stessa; forse
l’unica cosa sperimentale sono i cori dal sapore medio-orientale in
Worlds Apart. Per il resto è tutto un rifarsi ad una tradizione
trentennale dalla quale il boss non si è mai distaccato, a discapito
dell’originalità e soprattutto della longevità.Detto questo, e
premesso che alcune canzoni le apprezzerete subito (lonesome day,countin’
on a miracle, the rising)mentre per altre vi ci vorrà un pò di tempo per
capire che continuate a non apprezzarle, mi sento di dare un giudizio
positivo ad un lavoro che non brilla da un punto di vista musicale,
sebbene farcito di canzoni dalle melodie orecchiabili e arrangiato con
dovizia di particolari, che non fornisce tante soluzioni, ma che di sicuro
ci pone di fronte a tante domande, le quali, si sa, per riflettere valgono
ben più delle risposte.
Vincenzo De Simone |