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Il simbolismo cosmico nel tempio -cristiano-.

 

L’idea e la concezione del "tempio" che ci è stata tramandata dall’antica tradizione religiosa dei popoli sedentari è quello del Luogo dove "è" la "Presenza" della divinità. Si tratta quindi di un luogo "abitato" dal dio (o da Dio), il quale, proprio per il suo Essere divino, non è vincolato alla precarietà ed alla evoluzione del tempo e dello spazio. Ne consegue, in termini logici, che il tempio dove il dio "è" può essere concepibile solo come immagine e rappresentazione universale. Presso questo luogo, che quindi realizza e si pone in una dimensione che è al di là del divenire delle cose terrene e dei cicli che le regolano, gli uomini si rivolgono alla divinità e la pregano. Questa è infatti la "casa del dio (di Dio) " presso gli uomini.

Tutto ciò, in termini certamente più appropriati ed approfonditi di quelli appena esposti, è stato così espresso da Titus Burckhardt in "L’arte sacra in oriente ed occidente"(1):

"Per i popoli sedentari, l'arte sacra per eccellenza è la costruzione di un santuario, dove lo Spirito divino, invisibilmente presente nell’universo, < <abiterà>> in maniera diretta e per così dire < <personale>>. In una prospettiva spirituale, il santuario si colloca sempre nel centro del mondo, e ciò stesso ne fa un sacratum nel vero senso del termine: in tal luogo l’uomo si sottrae all’indefinito dello spazio e del tempo, giacché < <qui >> e < <ora>> Dio è presente nell’uomo. Questo fatto si esprime nella forma del tempio: indicando i punti cardinali, la forma ordina per così dire lo spazio in rapporto al suo centro. Essa è la sintesi del mondo: tutto ciò che nell’universo è in incessante movimento, l’architettura sacra lo traspone in forma permanente. Nel cosmo, è il tempo a dominare sullo spazio; per contro, nella costruzione del tempio, in qualche modo accade che il tempo venga tramutato in spazio: i grandi ritmi del cosmo visibile, simboleggianti gli aspetti principali dell’esistenza disgiunti e dispersi dal divenire, sono riuniti e fissati nella geometria dell’edificio. Così, con la sua forma regolare e immobile, il tempio rappresenta la perfetta compiutezza del mondo, il suo aspetto atemporale o il suo stato finale, in cui tutte le cose riposano nell’equilibrio che precede la loro reintegrazione nell’unità indivisa dell’Essere. Ora, proprio perché il santuario prefigura questa trasfigurazione finale del mondo –trasfigurazione che il cristianesimo simboleggia con la < <Gerusalemme celeste>> - esso è ripieno di pace divina (shechinah in ebraico, s’anti in sanscrito)."

Il tempio tradizionale è quindi sintesi di tempo e spazio e la sua costruzione diviene per questo un atto analogo alla Creazione iniziale: di per sé, quindi un atto "sacro".

Volendo allora prendere in considerazione come questo concetto fu tradotto in architettura dagli artefici degli edifici sacri del medioevo cristiano, non resta che analizzare i modi simbolici nei quali fu espressa l’immagine dello spazio universale e dei cicli temporali che ne scandiscono la vita nella costruzione dei templi cristiani.

Per quanto riguarda la rappresentazione simbolica dello spazio, in estrema sintesi possiamo affermare che la dimensione terrena (intesa come la "terra" sulla quale gli uomini vivono) è tendenzialmente rapportata alla figura geometrica del quadrato (o del rettangolo che è considerata una sua variante); sul piano tridimensionale sempre alla "terra" sono rapportati i solidi che si sviluppano appunto dalle suddette forme geometriche, cioè cubo e parallelepipedo (2).

La dimensione celeste – intesa come volta celeste o, se vogliamo, come insieme delle sfere celesti che ruotano attorno alla terra – è connessa alla figura del cerchio e, sul piano tridimensionale, alla sfera, alla cupola o alle parti concave in generale (es: abside).

Non va infine dimenticato come la costruzione dell’universo simbolico del tempio non prescindesse ovviamente dal suo orientamento rispetto ai punti cardinali, in modo che anche le stesse dimensioni e posizione fossero "in sintonia" con quelle universali.

Modalità in cui i riferimenti cosmologici erano tradotti in forme architettoniche.

II

Il simbolismo cosmico della chiesa era anche realizzato, sul piano costruttivo, seguendo criteri precisi per le proporzioni delle varie parti dell’edificio. In questo caso si faceva riferimento al significato mistico che la tradizione attribuiva a diverse figure geometriche e, tra queste, notevole importanza aveva ad esempio la figura del decagono (3).

Su questo punto può essere di qualche interesse citare un altro passo di Titus Burckhardt (4):

"Abbiamo già posto in evidenza come l’analogia costitutiva tra il cosmo e l’edificio venga stabilita con il procedimento dell’orientazione. Si può ammettere che il cerchio dell’orologio solare (5), grazie al quale era possibile trovare gli assi est-ovest e nord-sud, rappresentasse pure il cerchio in base al quale erano dedotte tutte le misure dell’edificio. E’ noto che le proporzioni di una chiesa risultavano generalmente dalla divisione armonica di un grande cerchio, ossia dalla sua divisione per cinque oppure per dieci. Tale metodo pitagorico, che i costruttori cristiani avevano con ogni probabilità ereditato dai collegia fabrorum, non era solo applicato sul piano orizzontale, ma anche secondo un piano verticale, così che il corpo dell’edificio era come inscritto in una sfera immaginaria: simbolo ben ricco e assai adeguato al fine che ci si proponeva. Il cristallo dell’edificio sacro si coagula così fuori della sfera indefinita del cosmo. Tale sfera è anche l’immagine della natura universale del Verbo, la cui forma concreta e terrestre sarà il tempio.

 

La divisione denaria non corrisponde alla natura puramente geometrica del cerchio, che il compasso divide in sei o in dodici; ma corrisponde al ciclo, di cui indica le fasi successivamente decrescenti secondo la formula 4+3+2+1=10 . tale metodo di stabilire le proporzioni di un edificio si ricollega dunque in qualche modo alla natura del tempo, sicché si può dire che le proporzioni di una cattedrale del Medioevo riflettono un ritmo cosmico. D’altronde, la proporzione è nello spazio quello che il ritmo è nel tempo, e sotto un rapporto del genere è significativo che la proporzione armonica sgorghi dal cerchio, che è l’immagine più diretta del ciclo celeste. Così la natura indivisa del cerchio si comunica in qualche modo all’ordine architettonico, la cui unità sarà non –razionale e inafferrabile sul piano unicamente quantitativo.

Per il fatto stesso che l’edificio sacro è un’immagine del cosmo, esso è, a fortiori, un’immagine dell’Essere e delle sue possibilità, che sono come <<esteriorizzate>> e <<oggettivate>> nell’edificio cosmico. Il piano geometrico dell’edificio simboleggia dunque il <<piano divino>>; e insieme rappresenta la dottrina che ogni artigiano che cooperava alla costruzione poteva concepire e interpretare secondo i canoni della propria arte. Era una dottrina insieme esoterica ed essoterica."

III

Si tralascia a questo punto per ragioni esclusivamente di sintesi e brevità il fondamentale tema della porta che è "discrimine" e "passaggio" ed introduciamo direttamente il tema del "percorso " in sé.

Il percorso "solare" all’interno della chiesa

Il ciclo temporale è per altro reso nelle forme e nell’iconografia degli edifici sempre considerando cosa il tempo (della singola esistenza o dell’Esistenza) è divenuto nell’ottica cristiana a seguito dell’evento storico (quindi un evento "nel tempo") dell’Incarnazione. Occorre dire che parlare allora di "ciclo" in senso stretto non diviene più strettamente conforme al modo in cui il cristiano e la Cristianità affronta il suo percorso terreno; la vita diventa infatti un tragitto –un pellegrinaggio- verso un esito, cioè uno scopo ed un fine.

Scopo e fine della storia personale di ognuno è la morte corporale e la Resurrezione dell’anima; scopo e fine della Storia degli uomini e del Creato è la Rivelazione finale, quando avverrà la Resurrezione dei corpi e il Cristo si mostrerà nella sua Gloria.

Carlo Rusconi ci spiega come questo percorso è identificabile all’interno della chiesa:

"… l’edificio sacro cristiano riflette la maturazione, da parte dei credenti in Cristo, della consapevolezza che in virtù dell’Incarnazione, cioè del fatto che Dio s’è fatto uomo nel ventre d’una donna, poi bambino, adolescente, adulto, il tempo in sé s’è fatto santo, in sé risignificato, questo tempo della mutevolezza delle creature, come luogo dell’avvenimento salvifico, come luogo in cui la salvezza accade, presente ad ogni presente del tempo e risolvendo nel proprio esito e significato totale ogni frammento di tempo. Così gli edifici sacri cristiani, in cui i credenti, vero tempio di Dio, entrano, vengono strutturati come un doppio cammino: quello verso l’origine, il levante, il Cristo risorto origine della nuova creazione; e quello successivo verso ponente, cioè verso l’inveramento dell’origine per ogni creatura, la fine dei tempi e la resurrezione come giudizio in atto per ogni cosa che accade nel tempo."(6).

"La libertà e verità di sé , cioè la salvezza, si pone come esito d’un cammino, d’una storia, che si snoda nel tempo, in virtù dell’iniziativa divina e della risposta umana; ad a questo fatto erano richiamo frequente i quadri della Storia sacra affrescati sulle pareti. Il senso e la forza efficace del cammino erano espressi nella monofora in abside – solitamente a levante, lato dell’origine- che alludeva alla luce nuova di Cristo. In un percorso , dunque, per lo più inverso rispetto al tempo delle cose – ponente - levante – il cammino proposto era verso l’origine: l’uomo creato "ad immagine di Dio" – Cristo "è l’immagine del Dio invisibile". Cristo è dunque la verità originaria dell’uomo, ciò che l’uomo è stato fatto per diventare, la verità del tempo dell’uomo, "la pienezza del tempo" dell’uomo. Sovente il catino absidale integrava, con la figura del Cristo glorioso, il richiamo costituito dalla sorgente di luce.

Dopo il cammino verso l’origine, che culminava con la celebrazione liturgica – collocazione nel mio tempo della pienezza del tempo – si ripercorreva l’itinerario inverso, quello secondo il tempo delle cose – levante-ponente – avvertiti però dalla raffigurazione della Resurrezione dei morti e del Giudizio Finale sulla retrofacciata, che la discriminante fra salvezza e condanna è e resta la persona di Cristo. Egli, progetto da sempre sull’uomo, è la misura del compimento dell’uomo, la sua verità ultima, la sua salvezza." (7)

Il percorso che quindi propone l‘edificio religioso medievale è quello scandito dall’anno solare (8).

J. Hani così si esprime:

" Avendo percorso il cammino che porta dall’atrio all’altare, centro vivo del tempio, vi abbiamo visto brillare le luci – che sono i sette Spiriti di Dio – di fronte all’oriente da cui si leva il Sole di Giustizia. Così, il cammino del fedele che penetra nel santuario diventa un cammino verso la luce, verso il sole divino.

E anche la liturgia, alla quale è ordinato il tempio e che ne è la ragion d’essere, è essa stessa di essenza luminosa e solare, Chi è che non vede, dopo tutto quanto abbiamo detto, che nella prospettiva di questo rapporto esiste un’intima connessione fra il culto divino e il luogo in cui questo culto si svolge e che, dunque, la chiesa cristiana è nella sua natura profonda un tempio solare destinato a una liturgia anch’essa solare?"(9)

IV

La concezione tradizionale del "ciclo"

Nella dimensione del percorso "solare" appena accennata, occorre dire che nell’edificio della chiesa medievale si attua una disposizione tradizionale delle strutture e dell’iconografia del tempio "cosmico" che ha origini antichissime e risale a tempi immemorabili; essa è rintracciabile nelle più arcaiche costruzioni sacre a noi note, ritrovandosi poi, nelle espressioni della cultura occidentale, dagli ambienti pitagorici a quelli neoplatonici per approdare quindi al Cristianesimo.

Poiché si parla appunto di un percorso che, all’interno della chiesa, procede scandito da una liturgia "solare" vediamo allora come detto percorso sia organizzato sulla base delle "porte solstiziali".

Per spiegare il significato del termine "porte solstiziali" appena usato, occorre riferire che la tradizione sacra voleva che ai momenti di "passaggio", particolarmente a quelli del tragitto del sole (10), fosse attribuito un significato mistico preciso. Questo era rilevante, appunto, particolarmente per i momenti solstiziali, ovvero per quei momenti in cui il movimento del sole inverte il proprio corso: da questo deriva che la luce diurna da progressivamente crescente diviene decrescente (solstizio estivo) o viceversa (solstizio invernale). Questi momenti erano considerati le "porte del cielo". Il solstizio estivo, nel segno del Cancro, era considerato "la porta degli uomini", quello invernale, nel segno del Capricorno, "la porta degli dei". In pratica la prima era connessa all’ "accesso"–ascesa- dal piano umano a quello divino"; la seconda era legata al "passaggio" o all’ "accesso " –discesa- della Divinità tra gli uomini.

Sottolineamo anche il fatto che le due porte sono inoltre il compimento dei percorsi di "salita" e "discesa" dopo i quali si avviano i percorsi inversi.

Riferendosi ai concetti propri del Neoplatonismo, Onorio di Autun nel "Sigillum Mariae" (XII°sec.) ricorda, a proposito della festa della Natività della Vergine:

"I filosofi ponevano a dogma inoltre che due fossero le porte del cielo, l’una nel segno del cancro donde le anime uscivano e l’altra nel segno del capricorno, attraverso la quale tornavano, e quando le anime uscendo dal cancro giungevano al leone, ivi cominciavano a discendere di contro all’acquario, e così cadevano per tutti i pianeti , in tal modo incorporandosi. Dopo che avessero svestito il corpo attraverso il regno di Plutone, cioè tenebroso, e Plutone proprio in quel mese si adorava, dovevano ritornare e così giungendo in acquario, ricevevano di nuovo la prisca dignità e attraverso il capricorno entravano nella stella compagna. Con questa intenzione recavano pertanto lumi finché fosso concesso loro un lucido passaggio per i luoghi tenebrosi. Così facevano, ingannati dall’errore. Noi agiamo guidati da un cenno divino. All’impero di Cristo tutto il modo è sottomesso ………"

Riportando brevemente il tutto nell’ottica cristiana, si può sintetizzare come "la porta degli uomini" (dopo la quale, è bene ricordarlo inizio una fase decrescente) sia così connessa all’ascesa delle anime al cielo, mentre la cosiddetta "porta degli dei" (dopo la quale inizia la fase ascendente) rimandi alla discesa della Divinità sulla terra e quindi alla fine dei tempi e la Parusia.(11)

V

La realizzazione nell’architettura.

Proviamo allora a mostrare come quanto appena esposto venisse realizzato simbolicamente sul piano architettonico.

Immaginiamo un caso tipico: quello di un edificio chiesastico medievale con tre porte disposte sulla facciata alle quali corrispondono tre navate all’interno. Nello specifico ci riferiremo esclusivamente alla disposizione delle strutture e dell’iconografia, appunto, all’interno.

Vediamo come, entrando, il ciclo che, con gli archi delle campate, scandisce il percorso verso l’altare, di solito inizi a destra appena passata la porta disposta in quel lato. E’ generalmente possibile constatare tutto questo principalmente nell’iconografia dei capitelli, quando essa esiste. In altri casi il simbolismo può essere più astratto e riguardare la forma stessa dei pilastri o delle colonne. Ben inteso, in altri casi ancora, specialmente nelle zone ove gli influssi della cultura bizantina sono particolarmente presenti, l’iconografia scolpita può essere del tutto assente e ci si può essere affidati semplicemente a raffigurazioni affrescate poste in luoghi precisi della chiesa. In queste situazioni è chiaro che il senso del percorso è affidato semplicemente allo svolgersi stesso della liturgia nonché alla contemplazione delle immagini dipinte.

In ogni caso, quando esso è in qualche modo delineato, il simbolismo del ciclo inizia con la sua fase "crescente" (12).

Riprendendo appunto il nostro itinerario sacro iniziato dalla destra, siamo rivolti verso l’abside, cioè verso oriente, cioè verso il nascere della luce e verso l’Origine.

La conca absidale della chiesa medievale, con il suo essere concava ed essere sormontata dalla calotta che altro non è che un quarto di sfera, , di per sé rimanda all’immagine antica del cielo e delle sfere celesti (o meglio di una porzione di esse visibile oltre l’arco trionfale).

Possiamo quindi considerare l’abside come una "porta del cielo" realizzata nel senso più "realistico" del termine (13).

Il percorso avviene così "scandito" dagli archi delle campate e, come si è detto, illustrato talvolta dall’iconografia, lungo la navata in direzione dell’oriente e della luce.

Prima dell’abside e davanti ad essa si incontra però l’altare. L’altare rappresenta esso stesso il "Corpo di Cristo" ed è il luogo ove si rinnova liturgicamente il Sacrificio e l’Eucarestia: esso è il Cuore ed in esso si compie il senso di tutto lo svolgimento liturgico.

L’altare era di solito sormontato da un baldacchino –ciborio- che si compone di una volta appoggiata a quattro colonne: la volta è ovviamente una riproposizione della volta celeste e le quattro colonne che la sostengono sono logicamente connesse alle quaternità che regolano l’esistenza terrena (i quattro elementi fondamentali, le quattro stagioni ecc..). Il ciborio è quindi una struttura che rappresenta, sinteticamente ma coerentemente, una cosmologia completa; un "cosmo" nel "cosmo" del tempio, se così si può dire. Spieghiamo il perché di questo con le parole di J. Hani: "Questo simbolismo architettonico dell’altare e del santuario serve da rivestimento e da espressione a una dottrina teologica. Abbiamo visto che san Massimo il Confessore sviluppa l’idea che il tempio è l’immagine dell’universo, dell’uomo e di Dio; il <<santo dei santi>> ne è la parte più nobile e il tutto è riassunto nel mistero dell’altare. Esso è veramente il centro e il <<cuore>> dell’edificio. Ora, questo mistero dell’altare consiste nel fatto che l’altare è il Cristo."(14).

Tuttavia, nel medioevo, prima ancora dell’altare, dirigendosi verso oriente, si incontrava un altro elemento di grande importanza: esso era l’iconostasi, una struttura che tagliando orizzontalmente la navata, la separava dal presbiterio, cioè dalla zona riservata ai "presbiteri" ovvero al clero.

Il sacerdote si affacciava dalla porta dell’iconostasi per offrire l’Eucarestia e non era quindi oltrepassata dai fedeli: questa porta finiva quindi per diventare la "porta del cielo" per eccellenza all’interno della chiesa (15).

I simboli arcaici delle "porte del cielo" sono quindi frequentissimi sui plutei che sostenevano la divisione; essi, inseriti coerentemente nel nuovo contesto cristiano, portano per altro con sé tutti i significati cosmologici ad essi propri.

L’iconostasi era poi il luogo ove erano poste le immagini sacre, ovvero le icone (iconostasi = luogo ove sono poste le icone); esse, con il loro fondo oro e la loro bidimensionalità, rimandavano alla luce dell’Empireo ed alla vita dello Spirito nell’alto del cielo, oltre le sfere celesti. Queste immagini, quindi, per come sono concepite e per la posizione ove sono mostrate, possono essere considerate vere e proprie "finestre sull’eternità".

Ricevuto il Corpo di Cristo nell’Eucarestia, all’altezza dell’iconostasi si interrompe il ciclo "crescente" del percorso che abbiamo seguito sinora; esso riprende, quindi,"calante" scandito dalle campate della navata opposta a quella percorsa.

Si arriva così alla controfacciata sulla quale era rappresentata la Fine dei tempi, la Resurrezione dei corpi, il Giudizio finale con il Ritorno del Cristo trionfante sulla terra.

E’ evidente che la porta che è davanti a noi, a questo punto, è la porta della Divinità, ovvero quella della Sua discesa tra gli uomini alla fine dei tempi, quando il Cristo verrà per abitare di nuovo in mezzo a loro nella Gerusalemme celeste; questo accadrà tuttavia, dopo l’Apocalisse, quando "saranno nuovi cieli e nuova terra". Per questa ragione la porta che incontriamo è anche quella che ci conduce fuori dal tempio cosmico.

Terminiamo questo paragrafo con una breve ma doverosa sottolineatura.

E’ infatti importante considerare come quanto appena esposto a proposito del percorso "iconografico" all’interno della chiesa e dell’esempio riportato, non debba essere considerato in maniera passiva o rigida; si vuole insomma intendere che la cultura degli artefici medievali, fatta di sottigliezze teologiche e di consuetudine a manifestarsi per simboli, permetteva loro la massima varietà di espressioni e di differenti realizzazioni; sempre, naturalmente, mantenendo chiara l’essenza del simbolismo descritto in precedenza (16).

Per concludere definitivamente, occorre poi precisare come, in effetti, l’edificio sacro sia concepito anche in funzione di un altro ciclo, che si "incrocia" con quello al quale abbiamo appena accennato esattamente nell’altare.

Quest’ultimo ciclo è un ciclo ideale del quale così parla C. Rusconi "Ad ogni credente, peraltro, sia il cammino alla scoperta della propria origine che quello verso la piena realizzazione di essa era reso possibile in virtù di un altro cammino che aveva intersecato il suo. Si tratta del cammino ideale dalla cupola -simbolicamente il cielo- alla terra - simbolicamente la <<montagna>>- rappresentata dal presbiterio sopraelevato, in cui avviene la proclamazione della legge ed il sacrificio di riconciliazione, e a sotterra, la cripta, cioè la discesa agl’inferi e la condizione della morte e sepoltura. Da qui inizia il cammino del ritorno mediante la resurrezione e l’ascensione al cielo. E’ il cammino del Figlio di Dio che, incrociando l’andare umano, inserendosi in esso, ne ha reso possibile la verità e l’esito buono."(17).

1) Capitolo primo " La genesi del tempio indù" p.13 Ed. Rusconi, Milano IIa edizione

2) Questo vale in fondo anche per l' immagine "cubica" della "Gerusalemme celeste" che è, appunto "nuova terra".

3) In questo caso principalmente sulla base del Timeo di Platone

4) Arte sacra in oriente ed occidente Cap. II - I fondamenti dell\rquote arte cristiana p.47.

5) Si deve intendere un orologio solare disposto sul piano orizzontale.

6) C. Rusconi: Tempus Templum p. 4, ed . Itaca, Faenza,1996

7) C. Rusconi: Tempus Templum p. 12.

8) Il singolo anno solare (ma in realtà anche il percorso solare del singolo giorno), dal un punto di vista della Tradizione, è immagine e simbolo di quello "cosmico" inteso come storia del creato.

9) Jean Hani: Il simbolismo del tempio cristiano p. 149, ed. Arkeios, Roma 1996.

10)In realtà non solo al tragitto annuale ma anche a quello giornaliero che, come si è avuto occasione di accennare in una precedente nota, è di per sè immagine di quello annuale. Andrebbe poi anche rilevato che anche il ciclo mensile, che è lunare, ha talvolta una importanza molto precisa in particolare, dal punto di vista cristiano, in relazione agli edifici dedicati alla Vergine. E' evidente che non è questa la sede per addentrarci in un discorso più approfondito e dettagliato e, per il momento, si ritiene per ora sia sufficiente quanto già detto.

11) Notare come il solstizio invernale cada alla fine del ciclo annuale che, come si è detto, di per sè simboleggia il "Grande Anno", ovvero il ciclo dell\rquote intero Creato dalla sua Creazione alla sua fine. Il solstizio invernale quindi, poichè si trova alla fine di "un tempo" rinvia, di per sè, simbolicamente alla fine "del Tempo".

12) O se si vuole, poichè si è parlato di liturgia e percorso "solare" possiamo intendere ciclo di "luce crescente".

13) L' idea di "porta del cielo" è resa anche, in modo estremamente significativo, dalla monofora che sovente apre il suo fascio di luce nel centro dell\rquote abside, quasi come una lontana porta luminosa che attende l'esito del nostro cammino. Quando in taluni casi sono le monofore sono tre, il significato essenziale rimane; ci si è solo riferiti al Cristo "porta del cielo", che "fu, è, sarà". Questo è poi spesso messo in rapporto con l'orientament o stesso delle finestre, ma qui si apre un discorso diverso che anche in questo caso sarà opportuno qui non affrontare.

14) J. Hani: Il simbolismo del tempio cristiano p.124, ed. Arkeios, Roma 1996

15) In questo senso possiamo considerare la conca absidale quasi come una "porzione di cielo" vera e propria.

16)Tentiamo di chiarire ulteriormente con un banale esempio. Si è considerato il caso di una chiesa a tre navate e tre porte in facciata; poniamo allora il caso che la porta in facciata sia unica (o magari su un lato dell'edificio, ecc..) ed ecco che l'organizzazione dell' iconografia inevitabilmente cambia; ciò che resta è ovviamente il senso complessivo del simbolismo generale.

17).C Rusconi: Camminando di Gloria in Gloria. Da Ventimiglia a Roma p.4, ed. Itaca Faenza 1997.

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