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di Jorge Guterrez Chavez
Per analizzare il percorso storico e l'odierna situazione dei diritti umani è impossibile non citare due eventi la cui rilevanza è irrefutabile in questo campo. Mi riferisco alla Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, approvata il 26agosto 1789 dall'Assemblea Nazionale francese, e alla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, sancita il 10 dicembre 1948dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. La prima segna il principio della fine di una società fondata sulla disuguaglianza naturale degli uomini; eppure, sebbene simbolicamente, la nascita del cosiddetto mondo moderno, come ci ricorda lo storico Georges Lefebvre, "proclamando la libertà, l'uguaglianza e la sovranità popolare, la Dichiarazione costituì l'atto di decesso dell'Antico Regime, distrutto dalla Rivoluzione".
La Dichiarazione universale da parte sua, oltre alla sua trascendenza giuridico-politica, ha il grande valore di aver lasciato finalmente dietro di sé le lunghe polemiche sul fondamento dei diritti umani per diventare, cito Bobbio, "la più grande provastorica (...) del consensus omnium gentium circa un determinato sistema di valori" visto che per la prima volta nella storia un sistema di principi fondamentali della condotta umana è stato liberamente accettato da 48 Stati che, con la loro approvazione, ne hanno garantito sia la positività che l'efficacia relativa. Dico relativa perché proprio con questo atto i diritti dell'uomo persero la loro universalità circoscrivendo la loro vigenza giuridica solo nell'ambito degli Stati che li hanno riconosciuti.
Nonostante il salto qualitativo compiuto, questo sistema non è un punto di arrivo ma di partenza. Di fatto costituì una importante cornice di riferimento la cui pretesa non fu, credo, quella di esaurire i valori umani presenti fino al dopo guerra e tanto meno quelli futuri. La dialettica storica dell'uomo, con le sue lotte, il suo bisogno di emancipazione e il suo porsi di fronte alle grandi trasformazioni che registrano costantemente le società, è stata da sempre l'inesauribile fonte dalla quale sono insorti i valori che dal '48 sono diventati i diritti positivi dell'uomo.
Le tre generazioni di diritti umani registrate fin oggi dalla teoria giuridica sono la prova inconfutabile della loro mutabilità storica. Ognuna di loro, in diversi periodi, ha infatti garantito all'uomo diritti fondamentali per la sua esistenza: la prima una maggiore libertà per sé, come individuo, e per il gruppo a limitare il potere dello Stato; la seconda un sostanziale allargamento della sua partecipazione negli affari di Stato attraverso la democrazia, mentre il grande obiettivo dell'ultima generazione è l'estensione, ai diseredati, del benessere e dell'uguaglianza con l'affermazione dei cosiddetti diritti sociali. Molto dunque è stato fatto, in questo campo, ma purtroppo manca ancora tanta strada da fare per garantire l'effettiva applicazione di queste tre generazioni di norme. Le violazioni dei diritti umani, come un dato di fatto, continua ad essere una costante soprattutto in quei paesi del mondo dove la pace, la democrazia e la cultura, in particolare quella dei diritti umani, non hanno maturato o non sono ancora uscite dal loro stato embrionale. Lo sfruttamento del lavoro dell'uomo, la tortura, la pena capitale, la prepotenza dei poteri dello Stato, la vergognosa povertà di tante persone così come il mancato riconoscimento di una reale e non solo formale dignità umana, in vasti settori della società, testimoniano, in non poche nazioni del pianeta i limiti e il più grave problema dei diritti umani che, come ci ricorda Bobbio, "non e già quello di fondarli ma di proteggerli".
Con la violenta irruzione dei due nuovi paradigmi, liberismo e globalizzazione, nuovi e complessi fenomeni si sono aggiunti al già difficile panorama dei diritti umani. Mi riferisco all'incremento della disoccupazione, delle emigrazioni di massa, degli esclusi così come il preponderante insorgere della economia, che mai come oggi condiziona la politica nel suo insieme, la cui presenza ha finito per mettere in discussione lo stesso valore della democrazia dentro e fuori il cosiddetto mondo libero, "poiché il profitto costituisce l'essenza della democrazia - scrive il liberista Milton Friedman nel suo Capitalismo e Libertà - i governi che perseguono politiche in contrasto con il mercato sono antidemocratici, quale sia l'appoggio di cui godono da parte di una popolazione informata". Oltre a ciò c'è pure la situazione economica pressappoco insostenibile che siè creata nei paesi sottosviluppati e in quelli in via di sviluppo. Al trattare questi come uguali, di fronte a le nazioni sviluppate, liberismo e globalizzazione, al meno nella loro prima fase, non hanno fatto altro che approfondire le disuguaglianze regionali e quelle già presenti all'interno di queste nazioni. Tutto ciò, a nostro avviso, ripropone la urgente necessità di dar vita a una quarta generazione di diritti umani che, interpretando e valutando i nuovi problemi e i nuovi bisogni sociali, sia capace non solo di denunciarli ma di garantirne l'eventuale applicazione, cosa che però, credo, potrà diventare realtà soltanto nel momento in cui l'ONU riuscirà a trasformarsi nel vero governo del mondo.
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