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A cominciare dagli anni '80 si è avviato, in Europa, un processo che ricerca una statualità più leggera, dove la decisione politica riduce il suo potere diventando solo una fase, un passaggio all'interno del più ampio processo di implementazione, dove l'autorità non è più funzione delle leggi ma del consenso e dove l'implementazione viene controllata e valutata in base ai risultati ottenuti e non più solo ottenibili. La classe politica, purtroppo, sottovaluta l'urgenza del cambiamento amministrativo, impegnata com'è a risolvere questioni collaterali di natura ingegneristico-istituzionale. Un disimpegno ormai inaccettabile, tanto più che le trasformazioni sono in atto e stanno modificando dimensioni, scopi e natura delle amministrazioni.
Le cause principali del cambiamento amministrativo si rintracciano nella crisi fiscale e nell'obiettivo di assicurare maggior efficacia ai programmi d'intervento pubblico e nell'adattamento alla globalizzazione dell'economia. Tutto ciò ha spinto i paesi europei, ed altri come gli Stati Uniti e l'Australia, ad avviare processi di riorganizzazione delle pubbliche amministrazioni con l'obiettivo comune di ribadire la distinzione tra le funzioni di decisione politica e i compiti d'implementazione. Si sono avviati, negli ultimi due decenni del XX secolo, un po' dappertutto, processi di deregulation legislativa, essenzialmente, per migliorare la competitività delle imprese. Quest'imponente processo di cambiamento ha consentito la nascita di due filoni culturali in seno alle scienze sociali: la public Choice, che propone una radicale riduzione del settore pubblico al fine di favorire i principi del mercato e la new public management, che sottolinea la netta superiorità delle tecniche di gestione sfruttate nelle organizzazioni private per la ricerca di nuove e più efficienti soluzioni manageriali da adottare nella P.A., criticando l'idea di un medesimo trattamento economico tra i funzionari pubblici.
Un problema nodale per tutti gli Stati europei e non è quello rappresentato dalla capacità di dosare in maniera equilibrata i prerequisiti funzionali che possono rendere inefficienti e innocue o efficienti e pericolose le amministrazioni pubbliche. Questi prerequisiti sono: la disponibilità di risorse finanziarie e umane, di autonomia, di informazioni e di competenze. Per ciò che specificamente riguarda le risorse umane, le differenze rintracciabili, dall'analisi comparata tra modello francese e americano (i due ideal-tipi considerati dall'autore), sono quelle che vedono nel funzionario pubblico francese, competenze di tipo prevalentemente generalistico, e nel funzionario statunitense, competenze di tipo professionale.
Tra i fattori, invece, che favoriscono e alimentano il cambiamento nel settore pubblico non va dimenticato, forse quello più importante, cioè la cultura dei cittadini. Infatti, quando questa diventa politicamente più esigente e viene favorita dal lavoro di un'audace leadership politica non interessata, nell'immediato, a riscuotere consensi, si può assistere a cambiamenti. Se, invece, vogliamo continuare ad osservare una realtà immutata e immutabile basta spostare lo sguardo a paesi come l'Austria, la Germania, la Svizzera o anche la Norvegia dove persistono forme di organizzazione del personale fortemente chiuse e strette ai paradigmi della burocrazia weberiana, dove gli obiettivi vengono portati a compimento esclusivamente in osservanza alle leggi. Mentre tra i paesi che hanno avuto l'esigenza di procedere a un cambiamento amministrativo, ricordiamo quelli appartenenti al modello anglosassone rappresentato da Inghilterra, Stati Uniti, Canada, Nuova Zelanda e Australia e quelli appartenenti al modello continentale, perciò Francia e tutti quei paesi esterni all'area di influenza inglese o tedesca.
Nel primo caso si è registrato un cambiamento indirizzato in termini professionali, mentre nel secondo un cambiamento orientato in termini organizzativi, attraverso il decentramento territoriale e il processo deregolativo. L'elemento comune a tutti i paesi appartenenti al modello anglosassone è rappresentato da una forte ostilità nei confronti degli alti gradi dei pubblico impiego, chiamati senior civil service. Per questo motivo a cominciare dagli anni '80, si persegue l'obiettivo di migliorare il rendimento dei funzionari pubblici, attraverso l'azione di riduzione della loro presenza a livello quantitativo; introduzione di un sistema retributivo sempre più legato al rendimento e apertura a competenze esterne. Quest'ultima azione è quella che da il maggior contributo alla formazione di un nuovo tipo di management pubblico. Così il civil service è aperto a nuovi ingressi dall'esterno. Quello che, invece, frequentemente risulta essere un ostacolo per il civil service è, osserva Fedele, la contrattualizzazione delle prestazioni o meglio, gli strumenti di cui si avvale. Gli imperativi che ci giungono, invece, dall'esperienza americana che favorisce l'ipotesi di una amministrazione imprenditoriale, sono: manager pubblici sempre più responsabili; differenziale nelle retribuzioni basato, sempre più, sul rendimento e attività maggiormente orientate alle richieste del consumatore.
Leggendo le dinamiche di cambiamento in fieri si può osservare una forte crisi delle amministrazioni pubbliche dipesa dal logoramento di legami atavici, come quello con la politica, con la legge e con i partiti, più che dalle nuove pressioni provenienti dal mercato, dalla nuova economia globalizzata e dalla tecnologia, la cui corsa evolutiva è in continua accelerazione. Appare in questo contesto indispensabile comprendere se le organizzazioni pubbliche, che dovrebbero restare, comunque, subordinate alla legge, possano migliorare il proprio rendimento attraverso l'utilizzo di strumenti prettamente manageriali.
Per quello che riguarda il cambiamento in Europa si osserva un orientamento privatistico, soprattutto a livello delle autorità locali, in Italia, Belgio, Germania e Spagna dove si è superato il criterio di uniformità di trattamento e di carriera, passando dalla regola retributiva per anzianità (seniority rule) a quella retributiva basata sul rendimento (pay performance). La tendenza generale è quella della diffusione di processi di professionalizzazione dei dipendenti pubblici come avviene nel privato, attraverso strumenti di rendimento, mobilità e risultato. Questo tipo di processo è molto più avanzato nel nord Europa, mentre l'Europa del sud stenta a distaccarsi dal tradizionale apparato burocratico.
In testa ai paesi europei, per capacità di adattamento ai mutamenti delle A.P., troviamo la Francia. Comunque, tutti i paesi europei stanno subendo un processo lento ma graduale di allontanamento dal vecchio apparato amministrativo e di promozione di un modello di amministrazione a rete dove i nodi rappresentano i nuclei di responsabilità e autonomia operativa e dove la piramide è quasi del tutto appiattita. L'applicazione più evidente di questo tipo di modello amministrativo a rete, la si trova in Svezia, in Olanda e in Norvegia.
In Italia dal 1865, da quando si approvò la legge che riassumeva nel prefetto le competenze del governo a livello locale in tutti i settori della pubblica amministrazione, si è dovuto aspettare fino al 1990 per qualche sostanziale modifica del sistema. Finalmente, la legge 241/1990 "legge sulla trasparenza amministrativa" apre la strada alla semplificazione e alleggerimento delle prestazioni a carico dei privati nel procedimento. Ma, la data che più di tutte merita di essere citata è quella del10 luglio 1980, quando il Senato approva un ordine dei giorno recepente le linee generali del Rapporto presentato dal ministro Giannini sui principali problemi dell'A.P. Alla fine del decennio giungono, poi, altri elementi atti a stimolare il cambiamento, timidamente, già in atto: crisi dell'impresa pubblica; processo di integrazione europea; privatizzazioni. Le iniziative che, maggiormente, hanno dato una svolta al processo di mutamento sono quelle realizzate tra il '92 e il '93 dal governo Amato, che ha promosso con il D.L. 29/93 una nuova regolazione del pubblico impiego e in particolare dei compiti della dirigenza amministrativa, e dal governo Ciampi che ha avviato un vasto programma di modernizzazione, nonché la legge Bassanini durante il governo Prodi.
Nonostante tutto un ostacolo non indifferente è rappresentato dalla resistenza al cambiamento delle risorse umane presenti nell'amministrazione, ancorate ai vecchi valori e norme dell'anacronistico sistema burocratico. Così le leggi continuano ad accumularsi senza produrre gli effetti sperati di efficienza interna e tanto meno esterna attraverso l'erogazione dei servizi.
Oggi, in Italia, sono in corso troppi dibattiti dettati, soprattutto, da incertezze ideologiche relative al ruolo del mercato, che impediscono un andamento delle politiche pubbliche congruo al sistema globale vincente e soprattutto al sistema Europa che, quotidianamente, traccia la "strada" da percorrere, quella della semplificazione amministrativa e della delegificazione, innanzitutto.
In questo momento si sente la necessità di prendere atto della superiorità netta delle politiche di scopo su quelle di tipo redistributivo e della centralità degli orientamenti dei singoli attori e delle reti organizzative atte all'implementazione. Fedele precisa che, al momento, in Italia non esiste "un quadro istituzionale sufficientemente definito, che permetta di affrontare in maniera complessiva il rapporto tra politica e amministrazione[...] e di riorientare quest'ultima ai risultati, come tanto spesso si auspica (p.94). Cosa ancora più grave è rappresentata dal fatto che, in Italia, si è proceduto alla revisione del sistema amministrativo esclusivamente attraverso riforme, in altre parole, solo attraverso la pubblicazione di articoli sulla Gazzetta Ufficiale e trascurando, del tutto, bisogni, abitudini e valutazioni proprie delle risorse umane presenti nella P.A.. Perciò è venuta a mancare quella gradualità, quel carattere negoziale e consensuale tipico di un efficiente processo di cambiamento. Ciò ha prodotto un implementazione disancorata dai sistemi sociali interessati e perciò confusione e smarrimento, soprattutto, all'interno dell'amministrazione e scetticismo e pessimismo all'esterno (dagli utenti-cittadini). Nonostante ciò le politiche pubbliche sono cambiate, si è passati da un'amministrazione di servizi a un'amministrazione di scopo i cui compiti di tipo erogativo si ridurranno sempre di più per essere rimpiazzati da quelli di tipo regolativo.
Fedele mette in luce le due differenti logiche del cambiamento che investono il nostro paese: la tendenza dell'esecutivo alla centralizzazione, al coordinamento e al controllo e la logica manageriale, tipica dell'amministrazione, indirizzata verso la decentralizzazione delle attività operative, la delega delle competenze decisionali e la deregolazione normativa.
L'autore conclude affermando che "il divario tra buona legislazione e insoddisfacente amministrazione rappresenta però una costante della nostra storia amministrativa.[...] non è ancora del tutto chiaro un semplice fatto: un buon funzionamento della pubblica amministrazione presuppone, a monte, una classe politica a sua volta eticamente irreprensibile" (p.117).
Barbara Sabella
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