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Note

Le nuove frontiere dell'informazione

di Michele Giordano

Non dobbiamo lasciarci sfuggire questa occasione: il nostro paese può e deve affrontare il cambiamento tecnologico-informatico come un acceleratore di conoscenza sul proprio passato, sulla propria storia e sulla direzione possibile del nostro futuro. Questo cambiamento tecnologico necessita di un uso innovativo di conoscenze esistenti e ancora di più della creazione di nuove conoscenze. È decisivo l'impegno nella ricerca, di base e applicata, e l'impegno della ricerca ad aprirsi maggiormente ai bisogni della economia e della società. La microelettronica, l'informatica, le telecomunicazioni penetrano in tutte le attività industriali e di servizio, nella medicina, nella agricoltura, nel tempo libero. Di fronte a questo scenario il nostro paese è rimasto purtroppo indietro: scarsa è la cultura tecnica diffusa, scarsissima quella scientifica, ancora troppo poco si spende per R&S. Accennerò schematicamente ad una mappa di problemi per cercare di evitare, quando si parla di questi temi, gli usuali comportamenti schizofrenici, oscillanti tra una sorta di luddismo della negazione e un inno all'eccesso di innovazione.

Rapporto tra italiani e tecnologia

Una ricerca (forse la più completa ma purtroppo del 1995:"Casa e tecnologia" condotta dalla Makno si basa su 10000 interviste telefoniche e 800 colloqui diretti) di alcuni anni fa fotografa il popolo italiano in base al consumo di tecnologia e media tra le quattro mura domestiche: il 14% delle famiglie italiane (le famiglie subtecnologiche) non possiede il telefono (soprattutto residente al Sud, che abita in zone rurali o semirurali e con un'età media avanzata), possiede cucina, frigorifero, lavabiancheria e televisore. Più in alto troviamo le famiglie atecnologiche (13% del campione) che aggiungono alla dotazione di base il telefono. Poi abbiamo le famiglie definite pretecnologiche (25% del campione) che possiedono anche il congelatore e/o il videoregistratore. Poi abbiamole famiglie "di media tecnologia" con più tv a colori, impianto hi-fi e lavastoviglie. Solo una su dieci di queste famiglie aveva un PC, un cordless o una videocamera. Questi oggetti tecnologici sono presenti nelle categorie dei multitecnologici (19%)e dei pantecnologici (6%) che inoltre possiedono apparati video e audio, PC, segreteria telefonica, telefonini. Purtroppo anche i dati più recenti, (Doxa, gennaio 2000) se si fa eccezione della enorme diffusione dei telefoni cellulari, confermano un'arretratezza tecnologica molto forte del nostro paese: solo il 24,1% delle famiglie possiede un PC e di questo poco più della metà ha un modem (il 54,2%). Ma è dai dati di una ricerca ASSINFORM (giugno 1999) che viene fuori in maniera ancora più chiara il tipo di approccio ad Internet: su un universo di individui in età 14-70 anni pari a 44,5 milioni 40,4 milioni dichiarano di conoscere Internet, ma solo 3,5 milioni si sono collegati almeno una volta e 1,5 milioni appena sono gli utenti abituali.

La terza rivoluzione industriale

Ci sono due differenze con le rivoluzioni industriali precedenti. La prima rivoluzione basata sulla ferrovia e la seconda, sull'automobile erano caratterizzate da forti investimenti pubblici. Una volta finita la costruzione della rete (ferroviaria o stradale)la maggior parte dei lavoratori tornavano a casa. Nel caso dell'attuale rivoluzione l'investimento lo fa il consumatore e il lavoro comincia quando la rete o le reti sono completate.

Sviluppo di Internet

Internet è bene ricordarlo si è sviluppata da un progetto governativo (ARPANET) per università e scienziati. In USA e Canada ci sono 140 milioni di utenti, in Europa 83, in Asia 70,in Sudamerica 10 e in Africa 3.

L'Europa ha perso già la battaglia dell'elettronica e dell' informatica. Può ancora partecipare a quella delle nuove tecnologie dell'informazione iniziata nel 1995-1996 con l'interazione tra computer e reti, tra informatica e telecomunicazioni.

R&S in Italia e nel mondo

In Italia ci sono 12 ricercatori ogni 10000 lavoratori, in USA 57,in Germania 38, in Giappone 52. La spesa in R&S in Italia (anno1997) è pari allo 1,01% del PIL contro il 2,71% degli Stati Uniti, il 2,92% del Giappone, il 2,31% della Germania, il 2,23% della Francia, lo 1,87 % del Regno Unito, il 2,89% della Corea. Il 60% dei giovani americani studia nelle università contro il 20-40% in Europa. Negli Stati Uniti dal 1979 esiste una società dei servizi on line come Compuserve. Europa on line è stata creata nel 1994 ed è operativa dal 1995.

R&S in Italia - La questione meridionale tecnologica - Il ruolo dello Stato

Nel 1997 abbiamo speso 19582 miliardi in R&S tra Istituzioni pubbliche di ricerca (comprese le Università) e Imprese(pubbliche e private). Di questo totale il 14,9% è speso nel Mezzogiorno e il rimanente 85,1% nel Centro-Nord! (Ricordo che nel1995 abbiamo speso 17311 miliardi per giochi e concorsi). Ma più analiticamente vediamo la suddivisione della spesa di R&S in Italia: La ricerca pubblica è più o meno comparabile con quella degli altri paesi europei; negli anni compresi tra il 1990 e il 1995 la R&S nell'industria è diminuita del 9%. Più esattamente lo Stato finanzia per il 60% la R&S e un altro 34% viene finanziato dalla industria privata; di questa torta il 60% viene speso nelle industrie (40% nelle industrie private e 20% nelle pubbliche) e il 40% nelle Università ed enti pubblici di ricerca. Si assiste ad un fenomeno quantomeno paradossale se confrontato con le altre realtà internazionali; non solo le industrie diminuiscono la loro spesa in R&S ma la R&S privata viene in parte finanziata dallo Stato. Il rispetto dei parametri per entrare nell'Unione Europea non è responsabile del disinvestimento in ricerca; infatti ha riguardato soprattutto l'industria e l'industria privata in particolare. Questa situazione ovviamente si riflette sulla composizione delle nostre esportazioni che soltanto per il 3% è formato da prodotti e/o servizi ad alta tecnologia (elettronica, chimica, ecc...). Permane una difficoltà dell'industria ad innovarsi ed è costretta a farlo prevalentemente con l'acquisto di macchine e di conoscenza.

Lo sviluppo in Italia è basato ancora sulle produzioni tradizionali e a bassa intensità di capitale e poco sulla ricerca. Figura al 17° posto nella classifica dei paesi a più elevata specializzazione hi-tech.

Le due visioni sul mondo digitale

Per Negroponte nell'era digitale tutti imparano, tutti conoscono, tutti partecipano; "la storia è un bagaglio pesante e inutile"; per Ullman la cultura digitale esclude e preclude: consegnala conoscenza e il potere a pochi controllori del mondo. Le due posizioni sembrano insufficienti, forse occorre tornare alla politica e al problema del governo: è solo qui che si cambia la scuola, il lavoro, l'organizzazione sociale.

Rete e sindacato

Il forte decentramento produttivo, il fenomeno del telelavoro e quello della forte crescita dei lavoratori della conoscenza vanificano la possibilità di tutela collettiva? Nel 1999 sono nate in Italia 3145 imprese nella NET Economy e chi lavora in questo settore diventa presto imprenditore: il sindacato è pronto a questa mutazione della sua rappresentanza?

Passato e futuro

Stiamo assistendo ad una vera e propria esplosione di informazioni che però si accompagna ad un crescente bisogno di semplificazione (aumentano gli approcci conoscitivi di tipo on/off).Occorre smettere di pensare al passato unicamente come epoca della tradizione e al presente come al tempo delle rivoluzioni. Sarà un caso che da più parti si lamenta un'assoluta mancanza di progettualità? Se come dice Touraine stiamo passando dalla società della produzione alla società della comunicazione chi riempirà di contenuti Internet visto che anche economicamente Internet si sta spostando dalla vendita di accessi e di trasporto telematico al valore aggiunto ricavato dai contenuti informativi e di servizio pubblicati dalla rete? Le Università italiane, per esempio, partecipano a questo processo?

New-Economy (alcune precisazioni)

Parte dell'economia nasce e si sviluppa grazie a Internet. Le aziende si possono ulteriormente suddividere in aziende new-old, cioè aziende nate grazie ad Internet ma con un mercato di riferimento tradizionale (esempio: Amazon) e le imprese new-new i cui prodotti, servizi e mercati sono rappresentati proprio dallo spazio cibernetico (fornitori di accessi, network di soft e hard).Nell'ambito della old-economy possiamo suddividere le aziende in old-old i cui prodotti e servizi non hanno subito alcuna modifica dall'introduzione di Internet (Esempio: Coca Cola) e imprese old-new che hanno modificato la loro azione con Internet (Esempio: le aziende tecnologiche, di media e di telecomunicazioni).

La rivoluzione Java

Nel 1996 la Sun Microsystem perfeziona il prototipo di un linguaggio informatico, Java che trasforma ogni pagina Web in un'applicazione; in pratica consente lo sviluppo di piccoli programmi che vengono caricati automaticamente dalla rete e consentono all'utente di usare tabelle, di partecipare ad un gioco, di pubblicare informazioni e di accedere a qualsiasi programma attraverso l'uso di Internet. Nei prossimi anni quindi gli utenti non dovranno comprare pacchetti software, eccessivamente complessi e obsoleti solo dopo pochi mesi ma basterà attraverso Internet usare i programmi Java. Tale approccio consentirà e, in effetti, sta già consentendo di "ridurre" il tradizionale Piero Calamandrei con la sua costosa memoria e il suo ingombrante hard-disk: i nuovi Piero Calamandrei saranno semplificati a vere proprie scatole collegabili al televisore e al telefono abbattendo i costi di un quarto rispetto a quelli di un attuale computer e incrementando il tasso di diffusione della telematica.

I nodi critici del caso Italia

ü       deficit di professionalità

ü       eccessiva regolamentazione ovvero scarsa liberalizzazione

ü       scarsa fiducia nel e-commerce

ü       ritardo delle PMI nel WEB

ü       incerto ruolo dei governi nell'informatizzazione della P.A.

Si pensi, solo per accennare al primo dei punti elencati che in Europa nel 1998 non si sono ricoperti 500000 posti nel settore delle nuove tecnologie stimando che nel 2002 saranno 1,6 milioni i posti di lavoro non ricoperti.

Imprese e formazione

Le imprese, per il 58%, cercano di assumere personale già formato e solo il 12% sceglie di inserire giovani da formare. Siamo ormai sempre più in un'epoca in cui è predominante l'importanza della formazione e dell'educazione permanente sulla conoscenza, anche approfondita di un mestiere. In Italia, è bene ricordarlo, nel settore hi-tech sono occupate 441522 persone (il 2,1% della forza lavoro).

La democrazia telematica

Sono alcuni anni che si sta parlando ormai della crescita esponenziale dei sondaggi visti come una deriva o uno sviluppo hi-tech della democrazia rappresentativa. Come verranno trasformatele nozioni di opinione pubblica e di rappresentanza politica? La tecnopolitica per dirla con Rodotà ormai ruota non solo sulla televisione ma anche intorno alle reti telematiche, al calcolatore, al telefono, ai sondaggi e al marketing politico. Si sta imponendo il tema di una nuova cittadinanza, di una cittadinanza elettronica.

Nuovi diritti

Secondo alcuni studiosi ormai il diritto all'informazione si sta prefigurando e strutturando come un vero e proprio diritto alla democrazia. Ed ecco allora che si impongono antiche questioni come quella dell'uguaglianza che non ruota esclusivamente intorno ad un dislivello di reddito ma anche di conoscenza e di collocazione territoriale e nuovi problemi come quello dell'open access che prelude alla nascita di nuovi soggetti collettivi elettronici. Finora la comunicazione è stata prevalentemente verticale relegando il cittadino al ruolo di spettatore; nel passaggio ad un ruolo più attivo del cittadino non deve prevalere la logica tipica del sondaggio, che non è la logica della rete.

Verso una democrazia diretta?

Sono cadute due obiezioni forti relative alla impossibilità di una democrazia diretta; la robotica accresce la possibilità di tempo libero e la telematica tende per sua natura a superare i problemi relativi alle distanze e alle dimensioni demografiche. Ma la democrazia moderna è solo questo? Forse proprio perché spesso ridotta a questo non se ne apprezza mai abbastanza la specificità.

Cambiamento del significato del lavoro

Aumento del lavoro come bisogno di per sé rispetto a quello di lavoro come fattore produttivo e fonte di reddito: necessità di un "buon" lavoro che metta al centro le caratteristiche qualitative delle persone per partecipare attivamente al sistema economico e sociale.

 


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