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Gli incontri della Machiavelli
Il secolo dei diritti
di Marisa de Luca
Possiamo senz'altro considerare il Novecento il "secolo dei diritti" perché solo in questo periodo emerge a livello politico mondiale la consapevolezza che la libertà personale e i diritti politici e civili vanno protetti attraverso misure statali e internazionali. Quasi tutta la prima metà dei scolo è stata occupata da guerre che hanno calpestato il fondamentale diritto alla vita e da fenomeni politici che hanno revocato le libertà politiche, la preesistente tutela dello Stato liberale e ogni garanzia di fronte all'esecutivo. Le persecuzioni razziali suonarono il culmine di questa offensiva contro la dignità e l'eguaglianza degli uomini.
Ma la Dichiarazione universale dei diritti umani del 1948 concluse questa lunga, orrenda e sanguinosa vicenda. Veniva stabilito che un solido baluardo contro nuove barbarie sarà eretto solo quando ogni essere umano avrà effettivo accesso all'eredità che la civiltà moderna ha faticosamente edificato per tutti. Questo positivo richiamo al patrimonio civile della umanità, al di là dei confini nazionali e culturali, è la grande novità della Dichiarazione del 1948 e di tutte le nuove Carte costituzionali della seconda metà del secolo. Vengono così superati i dogmatismi dottrinari costruiti attorno a pretesi "valori supremi" di cui ogni schieramento rivendicava l'esclusiva. La positiva necessità di cancellare i comuni pericoli corsi nelle guerre imponeva di accantonare le elaborazioni dottrinali di parte (diritto naturale, ragione illuminista, assolutismo individualista, principio classista). Così si superavano - sviluppandoli - i principi che avevano caratterizzato e anche limitato il significato e la portata delle Dichiarazioni e delle Carte costituzionali precedenti. Tutte le proposte di introdurre nella Dichiarazione del 1948 riferimenti filosofici o religiosi a motivazione della eguaglianza degli uomini e delle donne venne respinta. Fu una grande novità, patrocinata dal rappresentante dell'India, appena uscita dalla dipendenza coloniale. La stessa Costituzione italiana prese atto di questa estraneità della eguaglianza umana a qualsiasi appartenenza filosofico-confessionale. Nessuno - ateo, credente, idealista o materialista - avrebbe potuto annettersi i principi fondanti della nuova eguaglianza né avrebbe potuto costruirla come matrice di nuovi e sottili privilegi culturali di parte.
Il rifiuto di sottoporre a un sistema di valori metagiuridici i diritti fondamentali degli uomini e delle donne postulava altresì la necessità di costruire un sistema politico-istituzionale che garantisse la tutela di quei diritti e la loro espansione. Di fatto la Dichiarazione del 1948 fu seguita da altri documenti e Carte internazionali che hanno gettato le basi di un diritto internazionale nuovo, al quale vengono ormai commisuratele Carte nazionali. Per un verso, dunque, questo nuovo diritto internazionale deve passare attraverso la sovranità e effettività legale di ogni Stato nazionale, per un altro ogni Stato nazionale verrà giudicato legittimo dalla comunità per il rispetto che darà ai diritti intenzionalmente stabiliti.
Va al tempo stesso articolandosi, pertanto, la possibilità di un controllo giurisdizionale internazionale sulle violazioni dei diritti fondamentali. Tale possibilità è favorita dalla nascita e dalla crescita di organizzazioni internazionali facenti capo all'ONU e di organizzazioni regionali, di cui è esempio l'Unione Europea.
Si è così delineato un quadro politico mondiale nuovo, una sorta di Costituzione mondiale che registra la sconfitta dello statalismo esclusivista che aveva trovato nel fascismo la più esasperata esaltazione. La sovranità cessa di essere una "prerogativa" dello Stato come tale e diventa invece un principio vincolato al rispetto dei diritti umani, principalmente del suffragio universale. Questa centralità dei diritti e dei soggetti umani nella costruzione della sovranità depenna ogni primato del Governo, esalta il Parlamento, conferisce potere costituzionale alla magistratura, mina il centralismo statalista e la sudditanza dell'individuo alla Pubblica amministrazione, attiva istituti di democrazia diretta a integrazione della democrazia rappresentativa, fissa la separazione dello Stato da ogni chiesa e stabilisce piena libertà di pensiero. Da questa profonda rinnovazione della matrice teorica della sovranità politica hanno potuto prendere le mosse diritti del tutto nuovi: il diritto al lavoro, alla casa, alla salute, all'identità sessuale, alla privacy, all'informazione, all'ambiente, allo studio, alla cultura. È così nato sul finire del secolo un nuovo universo di diritti formali che vanno, per così dire, riempiendosi di vita.
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