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Note
Filiberto Guala: uomo imprenditore o Dio imprenditore?
di Carlo Cavaglià
Il problema della RAI risulta tuttora irrisolto per quanto riguarda sia il contenuto dei programmi radiotelevisivi sia la gestione di una società 'pubblica', che, come si sa, è strettamente legata alla politica. Il problema RAI non è certamente a sé stante, ma si ricollega alle aziende 'private' di questo settore, in prima linea MEDIASET. Con questa testimonianza su Filiberto Guala "il dubbio" intende risalire alle origini dell'intervento politico sull'Azienda RAI, in particolare alla presa di possesso da parte del Partito allora al Governo, la Democrazia Cristiana.Siamo negli anni Cinquanta. Cosa è accaduto?
Premessa
La morte di Filiberto Guala, avvenuta il 24 dicembre 2000, e gli articoli apparsi su di lui sui giornali hanno riproposto in me una serie di riflessioni non soltanto sul piano personale, ma soprattutto in una direzione più ampia, che riguarda alcuni sviluppi delle vicende storico-politico-culturali del nostro Paese. Anche se non ho avuto l'opportunità di conoscerlo, indirettamente questo personaggio ha influito sui miei percorsi professionali. Tre scenari si sono quindi aperti. Vediamoli nella loro concatenazione.
Scenario numero uno: approccio
Nel periodo della mia quarta esperienza di lavoro (dopo l'insegnamento della storia e della filosofia in due licei torinesi, l'editoria e l'assistentato universitario alla cattedra di Storia della filosofia dell'Università di Torino) stavo iniziando - erano gli anni Cinquanta - l'attività giornalistica al quotidiano "La Stampa" di Torino, diretto allora da Giulio De Benedetti. Presentendo prossima la fine della sua gestione e ritenendo in difficoltà la mia situazione di pre-praticante inserito nella sua protettiva orbita dittatoriale, De Benedetti mi propose un'alternativa. La sua conoscenza dei potenti dell'industria, anche culturale, gli aveva fatto guardare con interesse all'ingegner Guala, di cui ammirava le doti di intraprendenza imprenditoriale nell'affrontare l'impegno di amministratore delegato della RAI, nell'ambito della quale prendeva avvio la Casa Editrice ERI. Tra l'altro poteva suscitare qualche sorpresa questa corrente di simpatia tra due uomini tanto diversi : l'uno laico disincantato, l'altro manager con insuperabili radici religiose. De Benedetti contattò Guala e gli propose il mio nominativo per un'eventuale collaborazione alla ERI. Tutto si svolse senza intralci con la mediazione di Marcello Bernardi, l'autorevole vicedirettore generale, ed ebbe così inizio la mia nuova attività. La figura di Guala, pur avendo avuto il suo intervento un'influenza determinante nei miei confronti, rimase sul mio operare soltanto come un'ombra lontana, evanescente, seppure di indiscutibile riferimento.
Fu un transito breve, il mio, in questa piccola editrice che non riuscì mai a decollare. Il punto di forza, irrealizzato, sarebbe stato quello di offrire 'il meglio' delle trasmissioni della RAI, cosa impossibile da attuare a causa di un clientelismo trionfante che privilegiava gli 'amici degli amici', come è documentato d'altra parte eloquentemente dal Catalogo. L'unica iniziativa di rilievo fu rappresentata dalla collana di tascabili "Classe Unica", che testimoniava il contributo del Terzo Programma Radiofonico alla divulgazione del sapere. Purtroppo a capo dell'Azienda non vi era un esperto operatore culturale. C'è anche da dire che la conclamata imprenditorialità di Guala non riuscì a lambire la ERI, editrice anche del "Radiocorriere", settimanale popolare, a larga tiratura.
Evitando facili tentazioni solo edificanti, chiudiamo questo primo scenario con una nota problematica, suggerendo motivi non trascurabili nel tracciare il profilo di Filiberto Guala. Il mancato intervento di Guala sulla Casa Editrice della RAI e sul suo settimanale pone almeno due interrogativi. E' la preponderanza dei compiti imposti dalla gestione dell'Azienda radiotelevisiva a costringerlo all'esclusione di altre importanti incombenze ? Inoltre qual era il grado di interesse culturale dell'ingegnere e soprattutto come viveva il contrasto tra cultura laica e cultura religiosa, concepita nel senso di un cattolicesimo strettamente integralista ?
Scenario numero due: manager
Questo capitolo rappresenta un tentativo di mettere a fuoco la figura di Guala come manager, senza pretese di esaustività ma con l'intento di far emergere una scelta di quesiti, anche con risvolti inquietanti, relativi a un percorso di vita, al di là di inutili trionfalismi e di facili celebrazioni. Nel suo curriculum l'impegno di maggior spicco è stato senza dubbio quello alla RAI, impegno che deve essere visto nel contesto della situazione politica degli anni Cinquanta, in cui il Partito della Democrazia Cristiana prendeva possesso del Paese in chiave anticomunista.
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Sono tuttavia opportuni, preliminarmente, alcuni rapidi cenni biografici.
Nato a Torino il 18 dicembre 1907, cattolico militante (andava a Messa tutte le mattine ; si dice che all'età di diciotto anni avesse fatto voto di castità e di povertà, infatti devolveva ai poveri parte del proprio stipendio ; praticava quasi con ossessione il sacramento della confessione ; le sue letture preferite : i mistici), laureato in ingegneria, nel 1936 Guala, dopo un periodo di lavoro a Savona nelle Ferrovie, fu chiamato dal senatore Alfredo Frassati (ex proprietario ed ex direttore de "La Stampa") ai vertici della Società Acque Potabili del capoluogo piemontese. Il suo rapporto con la politica assume aspetti determinanti con il legame con Amintore Fanfani, personaggio più votato alla politica, intesa senza grandi orizzonti ideali, che alla cultura. Nel 1949, in qualità di ministro del Lavoro, Fanfani gli affidò la direzione dell'INA-casa. Esistono seri dubbi circa il successo che ebbero i propositi un po' demagogici di questo ente pubblico di risolvere il problema dell'edilizia popolare. Successivamente, ancora Fanfani, questa volta nel ruolo di segretario della Democrazia Cristiana (d'accordo con Mario Scelba, il famigerato 'ministro di polizia'), lo investì nel 1954 dell'incarico di amministratore delegato della RAI (affiancato da Giambattista Vicentini, ex dirigente della Cereria vaticana, ex presidente dell'Azione Cattolica, con la funzione di direttore generale). Scelta a dir poco azzardata : non bastavano generiche qualità imprenditoriali o una salda vocazione religiosa ; le doti richieste avrebbero dovuto essere quelle non solo di un saggio e capace amministratore, ma anche di una persona con esperienza di operatore culturale, sensibile alle esigenze dello spettacolo, possibilmente di qualità. Le aziende radiotelevisive sono innanzi tutto produttrici di intrattenimento.
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A questo punto, alcuni interrogativi. Come si accostava in Guala la forte tensione religiosa con le esigenze mondane ? E inoltre come si giustifica la sua adesione a quel 'carrozzone' della Democrazia Cristiana, nella quale gli imperativi etici erano subordinati a un gioco politico di scarso profilo spirituale ?
Fu il cardinal Montini a spingerlo sulla strada dell'impegno civile, affermando che la Chiesa aveva più bisogno di abili professionisti che di preti. Tale opinione preconizzava in qualche modo l'utilizzo dell'Opus Dei nella conquista di un dominio anche secolare. Quali sono stati per Guala i punti di riferimento negli incontri interpersonali ? Oltre all'amicizia con don Orione, noto per le iniziative di carità e l'ammirazione per Pier Giorgio Frassati, attivo nelle organizzazioni giovanili cattoliche, esisteva una sorta di sodalizio con un gruppo di intellettuali aperti alla politica, tra i quali Dossetti, Lazzati, La Pira, che occupavano uno spazio minoritario nella composita galassia democristiana. In Italia non si verificò un movimento culturale cattolico in sintonia con la cultura del '900, cosa che avvenne invece in Francia nell'ambito del neotomismo, dello spiritualismo, dell'esistenzialismo religioso e della nuova teologia. Basta citare i nomi di Désiré Joseph Mercier, Jacques Maritain, Martin Grabmann, Etienne Gilson, Karl Barth, Gabriel Marcel, Louis Lavelle, René Le Senne, Emmanuel Mounier. Sulla sponda opposta, quella dei comunisti, anche italiani (tra cui vanno ricordati : Antonio Gramsci, Antonio Banfi, Galvano Della Volpe, Delio Cantimori), tanto aborriti, si è manifestato un movimento marxista a livello internazionale (Gyorgy Lukacs, Karl Korsch, Ernst Block, Herbert Marcuse, Louis Althusser), che si innestava nel circuito delle grandi correnti di pensiero del nostro tempo.
Ma torniamo alla RAI. Compito precipuo di Guala era di traghettare e consolidare l'Azienda pubblica sul piano nazionale, eliminando il vecchio establishment insediato a Torino, establishment non in quota democristiana, ma con non pochi meriti sul piano professionale per quanto riguarda i settori amministrativi, tecnici e dei programmi radiofonici e televisivi. Tra le innovazioni apportate da Guala vi furono i concorsi per l'assunzione di laureati per rinnovare i quadri più elevati. In realtà si costituì una task-force destinata a funzioni direttive, un apporto di personale cattolico che in quanto tale si riteneva possedesse una patente infallibile per scavalcare i concorrenti laici. La sua preoccupazione primaria era quella di garantire un'indissolubile connessione tra i cattolici e la RAI, tra la politica della DC e la RAI. Naturalmente fu introdotta una severa censura sui programmi e le testate giornalistiche, che, contro il dettato costituzionale, dovevano essere al servizio quasi esclusivo del regime democristiano. E' stata poi attribuita a Guala un'imperdonabile miopia : non seppe prendere a modello, per la qualità delle trasmissioni, l'inglese BBC e, nella prospettiva di una prevedibile espansione televisiva, non seppe creare le condizioni per la costruzione, come a Parigi, di un grande Centro di produzione. Invece si dice che vendette parte dei terreni di proprietà della RAI, situati in via Teulada, per evitare arricchimenti immobiliari. Ma il punto di caduta della sua gestione sono stati gli spettacoli di varietà con cantanti e ballerine, in abiti non certo monastici, e con show satirici, i cui obiettivi erano diretti anche ad alcuni intoccabili, per esempio il ministro Scelba, simboli tali spettacoli dell'effimero, del peccato, che suscitarono severi interventi della stampa cattolica. Il caso esplose e divenne motivo di accesi dibattiti giornalistici. Ciò provocò la decisione di Fanfani di sbarazzarsi di Guala, costringendolo alle dimissioni. Si dice che la lettera di commiato da parte del segretario della Democrazia Cristiana avesse questo pesante incipit : <<La commedia è finita...>>.
Per spiegare la sconfitta di Guala si è favoleggiato non poco, attribuendone la causa perlomeno a quattro presunti gruppi di potere : la struttura dirigente da lui estromessa, il Partito Comunista in combutta con presunti soviet torinesi della RAI, addirittura la Massoneria, il Circolo del Whist-Filarmonica di Torino, luogo di incontro mondano, vietato alle donne, che raccoglie un insieme un po' folcloristico di nobili e alto borghesi, assolutamente estranei al gioco politico : l'unico gioco praticato, quello delle carte. Non c'è dubbio che Guala non era certamente considerato un Henry Ford dell'industria radiotelevisiva. Ma da questo a parlare di complotti contro di lui ci passa molta, troppa fantasia.
A proposito della disponibilità di Guala nell'affrontare qualunque incarico, un'indicazione si può trarre da un colloquio di don Flavio Peloso con lui, apparso sui "Messaggi di don Orione" (N.103, 2001). Don Orione disse a Guala :<<Tu farai grandi cose nella vita. Io ti chiedo un impegno : quando ti diranno che devi fare una cosa molto difficile, e tutti dicono di non farcela, e ti dicono che non c'è nessun altro che la possa fare, in coscienza tu la devi fare>>. In verità si tratta di una filosofia un po' facile e a buon mercato, non certo una lezione di umiltà cristiana.
E' possibile che si verifichi in un professionista la tentazione di ritenersi disponibile, fuori dalla sua specializzazione, ad assolvere qualsiasi incarico e in particolare incarichi che esigono altri strumenti culturali. Purtroppo la consapevolezza dei propri limiti appartiene a una saggezza non facilmente accettabile. La colpa di quel senso di onnipotenza dominante nel Guala imprenditore non è imputabile solo a lui, ma anche ai suoi sponsor, nei quali forse faceva comodo un uomo facilmente manovrabile. Un'altra ipotesi, circa i comportamenti di Guala, è quella che sia caduto nel tranello di ritenere possibile il ripristino di una sorta di teocrazia, affidandosi ciecamente alla politica democristiana, il cui agire non obbediva di certo a ispirazioni di carattere divino.
Il destino manageriale di Guala non finisce nel 1956 con la RAI. Seguì nello stesso anno la successiva responsabilità nell'organizzazione dell' Esposizione "Italia'61" a Torino (con la collaborazione di don Giuseppe Pollarolo, nome chiacchierato per la sua iniziativa di aver coperto le intimità di Claretta Petacci, impiccata a testa in giù con Mussolini nel piazzale Loreto di Milano) e un altro breve ritorno all'INA-casa. Poi sopraggiunse la decisione, sempre rinviata di entrare in convento, cosa che avvenne nel Monastero delle Frattocchie, vicino a Roma. Era il 1960. L'abate del Monastero lo accolse dicendogli :<<Ma lei non sa che cosa vuol dire farsi frate. Vuol dire che dove va non solo deve dire che tutto va bene, ma deve anche credere che tutto va bene>>. Nel 1962 divenne trappista e nel 1967 fu ordinato sacerdote. Nell'eremo delle Frattocchie si riaccese ancora il suo spirito imprenditoriale, per necessità economiche della comunità, nell'organizzazione di un piccolo mercato di generi alimentari, tra cui le marmellate.
Scenario numero tre: fuga dal mondo
Dopo un panorama dei fatti salienti, a nostro giudizio, del percorso di esperienze intraprese da Guala, resta l'indagine delicata sulle segrete tensioni del suo animo, dove si è consumato un dramma esistenziale.
L'adesione al cattolicesimo in forma particolarmente appassionata non bloccò la sua attività professionale nei settori più diversi. Ma alla fine prevalse la decisione, anche se tardiva, all'età di 52 anni, di abbandonare ogni impresa e di chiudersi in un convento.
L'analisi di questo processo, di questo conflitto interiore che ha pervaso la sua vita fa entrare in gioco molte componenti : psicologiche, religiose, politiche e culturali, in collusione tra loro. Ma soprattutto due aspetti emergono : la contrapposizione tra mondo cattolico e mondo laico.
L'ottica psicologica ci può far comprendere la fragilità delle sue scelte tra imperativi religiosi e obblighi e seduzioni di carattere civile. La dimensione religiosa poi apre in lui lacerazioni che non riescono a comporsi attraverso la lezione offerta dai grandi maestri del pensiero cristiano, ma restano prigioniere di una religiosità un po' generica, priva di travaglio critico. La politica democristiana è stata accolta dall'ingegnere senza indispensabili riserve, facendolo divenire facile preda di disinvolte operazioni di potere.
In conclusione, si può dire che l'impegno con il mondo era di ostacolo ai problemi della sua spiritualità. E forse di fronte alle difficoltà di essere sereno imprenditore di se stesso, egli ha preferito la segregazione conventuale, affidando a Dio il compito di essere imprenditore della sua anima inquieta, all'inseguimento, fuori dai clamori mondani e nel silenzio della preghiera, di un Deus absconditus.
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