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Note e interventi
I no global, la pace, le sinistre.
di Vittorio Agnoletto
(intervista a cura di Carlo Cavaglià)
Le Sinistre italiane, che includono, oltre a formazioni minori, due partiti di maggior spicco, quello riformista dei DS e quello più radicale di Rifondazione Comunista, contano ora di una nuova compagine: i no-global. Tale Movimento, o meglio questo Movimento dei Movimenti, estremamente variegato, raccoglie e unifica proteste e contestazioni che irrompono e scuotono non soltanto il mondo occidentale, ma l'intera scena mondiale. Ricco il repertorio di proposte. Il progetto rinnovatore si innesta su interessi collettivi ma anche individuali, su istanze culturali ed etiche dirette a trasformare in particolar modo il rapporto tra economia e società. Decine gli appuntamenti internazionali, a partire dal 1999: Seattle, Porto Alegre, Genova e di nuovo Porto Alegre. Lo slogan più persuasivo é: "un altro mondo è possibile". Ma ne esistono altri, altrettanto efficaci: "la persona prima del profitto", "il mondo non è una merce", "commercio equo, non commercio libero", "il mondo non è in vendita".
La bibliografia sui no-global è fitta. Tra gli altri, due volumi: uno molto argomentato di Paolo Ceri Movimenti globali. La protesta nel XXI secolo (Roma-Bari, Laterza, 2002), l'altro di Piero Sansonetti Dal'68 ai no-global. Trent'anni di movimento (Baldini & Castoldi, Milano, 2002) che ha il merito di sottoporre a riflessione il legame tra la contestazione studentesca e i Movimenti. E vorremmo aggiungere che esiste anche un collegamento tra no-global e Movimento femminista. Il successo dei no-global è anche determinato dal vuoto della politica tradizionale e dall'attuale deficit di democrazia. Per quanto riguarda la crisi dei partiti politici esemplare è il caso dei DS, governati da una burocrazia assai lontana dai livelli togliattiani che non ha saputo mantenere una connessione con la propria base e che sopravvive grazie a logiche di élite mediocri, prive di proposte innovative. Ma l'avvenimento più vistoso nell'ambito della rete dei Movimenti sono le manifestazioni pacifiste che hanno mobilitato in tutto il modo milioni di partecipanti. A questo proposito si può verificare un'evoluzione dell'idea pacifista. Finora riservato alle riflessioni di pochi intellettuali, tra cui vanno ricordate quelle di Aldo Capitini sulla scia del pensiero gandhiano, il pacifismo si è trasformato in un fenomeno di massa. Questa è una realtà che si impone e che non può essere sottovalutata.
Le considerazioni fin qui fatte ci inducono ad affrontare il tema della guerra e della pace con uno dei protagonisti di una battaglia sociale di grande impegno: Vittorio Agnoletto, di cui riportiamo dei brevi tratti biografici. Di famiglia antifascista, Agnoletto è nato a Milano nel marzo del 1958. Laureato in Medicina, si è dedicato alla medicina del lavoro. Della propria biografia ricorda in particolare lo scoutismo, la politica a sinistra e la LILA (Lega italiana per la lotta contro l'AIDS). In questa organizzazione, di cui è uno dei fondatori, svolge la sua attività professionale nella lotta contro uno dei mali del nostro tempo. Alla domanda se si considera un marxista, ha risposto che il marxismo è il miglior strumento di analisi politica esistente. A proposito delle influenze culturali, trova vivo interesse per la teologia della liberazione e soprattutto per un suo esponente, il brasiliano Leonardo Boff. Attualmente è uno dei leader dei no-global.
La sfida politica e culturale dei no-global al capitalismo di oggi, che estende il suo potere e il suo profitto sull'intero pianeta, può svolgersi senza guerriglie e violenze?
I no-global non sono un mito. Noi non siamo contro la globalizzazione, siamo contro la globalizzazione neoliberista. Inoltre io penso che il Movimento debba estendersi in tutte le aree del pianeta senza alcuna violenza, cercando di raccogliere il consenso più ampio possibile. Ci battiamo per obiettivi talmente grandi, abbiamo delle ragioni talmente profonde che dobbiamo e possiamo diventare maggioranza. Questo è il primo Movimento che si estende per un interesse capitale. Se il modello di sviluppo neoliberista prosegue senza cambiamenti di fondo si rischia di condannare a morte i miliardi di persone che vivono nel Sud del mondo per la fame, per la povertà, per le malattie. Tuttavia non possiamo illuderci che il Nord del pianeta, l'Europa, il Nord America si salvino come fortezze circondate da mura. E' evidente che con interi continenti che sprofondano nella miseria chiunque cercherà di salvarsi attraverso la migrazione, e anche andando a modificare i livelli di vita del mondo occidentale. Per di più, con la produzione diffusissima di armi e con armi potenti alla portata di tanti e con l'enorme vulnerabilità, come è dimostrato dall'11 settembre, persino del mondo occidentale, credo che il rischio di una distruzione totale sia un rischio possibile. Quindi ritengo che sia fondamentale un Movimento che si batta per la costruzione del consenso. E' chiaro, per esempio, che il Movimento occidentale ha scelto nel proprio patto di lavoro di essere un Movimento pacifico, non violento e che pratica la disubbidienza civile nel rispetto delle persone e delle cose. Questo impegno riguarda pure il Movimento italiano. Vi sono situazioni differenti nel mondo, vi sono movimenti di liberazione impegnati contro le dittature, e perciò i criteri che in quei contesti vanno posti sono diversi, e a loro volta i movimenti di liberazione nulla hanno a che spartire con le vicende legate al terrorismo. Credo invece che sia proprio il neoliberismo, il governo del mondo, il governo attuale del mondo che, dopo Genova ha visto crollare la propria capacità di consenso, abbia deciso di utilizzare invece una logica fortemente repressiva e di ricorrere alla violenza. Dopo la tragedia dell'11 settembre la risposta è stata comunque quella della guerra permanente. E' quindi dal potere del governo del mondo che viene un forte rischio di guerra e di violenza.
Il pacifismo è solo un'utopia o ha in sé la capacità di restituire giustizia all'universo in crescita degli sfruttati e di quanti sono condannati alla miseria e alla fame?
Il pacifismo non è solo un'utopia. Dobbiamo però distinguere tra un'idea di pacifismo che è quella di accettare lo status quo o quella che è invece l'idea di un pacifismo che in modo non violento si oppone a qualsiasi compromesso. E credo che esistano anche possibilità, perlomeno nel mondo occidentale, dove il dominio del mercato è assoluto ma dove esiste anche una forza, per esempio dei consumatori, di produrre, di individuare percorsi di giustizia. Penso alle campagne di boicottaggio relativamente ai prodotti di quelle multinazionali che non rispettano i diritti umani, dei minori, delle donne e dei lavoratori. Penso alla costruzione, a cavallo dei due emisferi, di strategie, di pratiche di economia etica, dando una dimensione più ampia e forse più strutturata all'esperienza del commercio equo solidale. Penso ad alcuni risultati che siamo riusciti a ottenere, per esempio quando trentanove multinazionali del farmaco, uno dei settori più potenti dell'industria internazionale, hanno fatto causa al Governo del Sudafrica per impedire l'applicazione di una legge, voluta allora da Mandela, relativa all'autorizzazione a tale Governo a produrre direttamente e importare da altre nazioni i farmaci contro l'AIDS. Quando le trentanove aziende multinazionali hanno fatto causa al Sudafrica vi è stata una mobilitazione internazionale non solo dell'associazionismo che si occupa di AIDS, ma molto più ampia. Per esempio, alcune grandi assicurazioni inglesi, che facevano parte del consiglio di amministrazione della Glaxo Wellcome, una delle principali multinazionali del farmaco, hanno posto un problema molto semplice, cioè hanno contestato la linea della Glaxo Wellcome che produceva un'immagine disastrosa di quell'azienda. Ed essendoci in Inghilterra una legge sulla trasparenza, per cui le assicurazioni sono obbligate a informare i propri assicurati dove investono i loro soldi, queste assicurazioni si erano trovate di fronte a molte, moltissime disdette da parte di cittadini che non volevano con i loro risparmi finanziare un'azienda come la Glaxo Wellcome che condannava a morte migliaia di persone, non permettendo al Governo sudafricano di produrre farmaci contro l'AIDS. Faccio questo esempio per dire che vi sono tante modalità di contestare e anche di ottenere delle vittorie rispetto a questa globalizzazione neoliberista. Dobbiamo costruire maggiori ponti tra il Nord e il Sud del mondo. Quando contestiamo il WTO dobbiamo contestare anche le politiche protezionistiche europee rispetto all'agricoltura, quindi i prodotti dell'agricoltura, tanto quanto le politiche protezionistiche statunitensi riguardo alla produzione di acciaio e inoltre dobbiamo cercare di costruire dei rapporti con movimenti civili e laici dell'emisfero Sud, evitando ovviamente che l'unica speranza di cambiamento sia affidata ai movimenti integralisti. Ma noi saremo più credibili verso le grandi masse del Sud del mondo se riusciremo ad offrire una sponda, un'alternativa, e se riusciremo a dimostrare di ottenere dei risultati concreti. Non c'è nulla di peggio che, di fronte alla miseria e alla malattia, la caduta di qualunque speranza, perché ciò è causa di disperazione, e porta poi a farsi strumentalizzare anche dal terrorismo, che nasce da ben altre ragioni ma che cerca sempre di utilizzare le grida, i lamenti e le disperazioni dei poveri.
L'insieme dei Movimenti per una globalizzazione dal basso può rappresentare una nuova Sinistra antagonista, anche se la sua complessa articolazione laica e religiosa rende difficile un progetto unitario?
Sono assolutamente convinto che il Movimento contro la globalizzazione neoliberista possa rappresentare una reale alternativa. Ed è interessante notare come questo sia un Movimento esso stesso globale. E' un Movimento dove centinaia, migliaia di gruppi, di associazioni, che, per dieci, quindici anni hanno lavorato ognuno sul proprio settore specifico, si trovano insieme nella convinzione che il singolo obiettivo per il quale si sono formati non può essere raggiunto se non nel quadro di una trasformazione globale.
La mia stessa storia è questa: quindici anni di militanza nella LILA (Lega italiana per la lotta contro l'AIDS), mi batto per i diritti delle persone sieropositive in tutto il mondo e mi trovo di fronte una situazione dove il 95 per cento delle persone sieropositive viventi non può utilizzare i farmaci contro l'AIDS perché costano troppo. Mi chiedo perché costano troppo e scopro che la motivazione è che le aziende multinazionali farmaceutiche agiscono in una condizione di monopolio, e che questo monopolio è garantito dal WTO, cioè dall'organizzazione mondiale del commercio, in conseguenza dei regolamenti relativi ai brevetti e alla proprietà intellettuale. Ecco che allora la mia lotta contro l'AIDS si inserisce in una lotta più generale del Movimento che contesta le regole della globalizzazione neoliberista. Siamo un insieme di centinaia, di migliaia di gruppi e di associazioni che trovano un terreno di unità e siamo quindi un Movimento plurale per definizione. Bisogna evitare che qualunque segmento di questo Movimento possa pretendere di avere un'egemonia sugli altri. Siamo un Movimento che non è ideologico. Non abbiamo in testa un'idea del mondo già definita nei minimi particolari. Non abbiamo davanti ai nostri occhi un quadro da ricopiare. Abbiamo ampiamente superato quello che ha segnato il secolo scorso e la contraddizione tra marxismo e cristianesimo. Abbiamo invece grandi idealità e grandi progetti concreti: obiettivi, campagne. Pensiamo alla Tobin Tax. E avanziamo passo dopo passo sempre in sintesi più stringenti, ma sintesi che si costruiscono nel divenire di questo Movimento. Noi possiamo rappresentare una visione alternativa, in opposizione al pensiero unico neoliberista, ma non contrapponendo un altro pensiero unico, contrapponendo ovviamente una molteplicità di pensieri che si trovano d'accordo su obiettivi concreti. Altro è pensare invece che il nostro Movimento, per esempio nei Paesi occidentali, possa automaticamente trasformarsi in un partito politico. Non sono convinto che tale obiettivo debba essere il destino del Movimento. Il Movimento deve porre al centro sempre contenuti e in forza di questi contenuti deve riuscire a modificare le priorità del sistema politico, a spostare il dibattito dentro le stesse organizzazioni politiche e magari indirettamente a produrre anche delle trasformazioni, delle separazioni e, perché no, speriamo anche delle riaggregazioni. Un punto di vista alternativo c'è. Possiamo chiamarlo anche una Sinistra alternativa, ma non dogmatica, non ideologica e molto trasversale su quelle che sono state le grandi idealità del Novecento.
Ci potrà essere convergenza dei no-global con le Sinistre tradizionali, soprattutto quelle che non accettano compromessi e intendono dar vita a una forza di cambiamento veramente rivoluzionaria? Penso che vi possa essere una convergenza tra il nostro Movimento e importanti aree della Sinistra. Certo si tratta di una convergenza suscettibile di reciproche trasformazioni. Ritengo che, per esempio, un'alleanza su singoli obiettivi possa avvenire su un ampio spettro. Ma un'alleanza un po' più strategica difficilmente potrà verificarsi con quegli schieramenti della Sinistra moderata o del Centro-sinistra, che ha governato e sta governando gran parte dei Paesi europei, se questi non rimetteranno in discussione l'accettazione, come orizzonte della loro azione, delle compatibilità economiche e quindi anche culturali, stabilite dagli organismi internazionali neoliberisti, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario, il WTO e, perché no, il G8 stesso. Perché quella compatibilità rappresenta una subordinazione al pensiero unico e all'azione di questi organismi. Cioè non viene messo in discussione il dominio dell'economia, che non é neanche della libera concorrenza, perché siamo di fronte a una logica molte volte monopolistica, né viene messo in discussione il predominio dell'economia sulla politica. Credo che con altre organizzazioni di Sinistra sia possibile un percorso con uno dei tratti comuni, se si supera però una visione rigidamente ideologica e se si sottopongono ad analisi princìpi ancora presenti in alcune espressioni del comunismo e del marxismo. A mio giudizio è finita l'idea del partito unico, l'idea del partito unito, l'idea del partito come sintesi dei diversi movimenti sociali e come unico soggetto della trasformazione politica. Dovremmo, invece, pensare a una molteplicità di soggetti che muovendosi a rete si ritrovino su dei percorsi, su degli obiettivi concreti per attuare una trasformazione. Questo spazio si potrà percorrere, ma sottolineando l'alterità della nostra proposta rispetto alla proposta del pensiero unico. Faccio un'esemplificazione. Trovo assolutamente folle che si scelgano politiche bipartisan, per esempio in Italia, o si siano cercate politiche bipartisan proprio nello scenario internazionale. E' proprio in questo scenario che si assiste alla spaccatura delle opzioni. O si sta con le grandi istituzioni neoliberiste, con le poche centinaia o migliaia di persone che da sole hanno patrimoni maggiori di quello che ha metà dell'umanità o si sta con le povere masse derelitte del Sud. E allora, quando le opzioni sono così grandi e le contrapposizioni così forti, o si sta con i contadini, gli agricoltori dell'Equador e quelli della popolazione della Nigeria, o si sta con la SHELL e con l'AGIP, che costruiscono i loro profitti calpestando i diritti umani. Ecco che in tal modo queste politiche bipartisan, ricercate da settori importanti del Centro-sinistra, non hanno nessuno spazio per poter collaborare con il nostro Movimento. Credo che invece dentro una reciproca trasformazione con altre aree della Sinistra sia possibile un coinvolgimento comune. Non dimentichiamo però che il nostro Movimento si batte per le ragioni di fondo che ha, si batte per la salvezza dell'umanità, perché vi sia un futuro, che è l'unico futuro possibile, l'unico futuro vero. Per questo ci battiamo per l'interesse di tutta l'umanità.
Ci potrà essere convergenza dei no-global con le Sinistre tradizionali, soprattutto quelle che non accettano compromessi e intendono dar vita a una forza di cambiamento veramente rivoluzionaria?
Penso che vi possa essere una convergenza tra il nostro Movimento e importanti aree della Sinistra. Certo si tratta di una convergenza suscettibile di reciproche trasformazioni. Ritengo che, per esempio, un'alleanza su singoli obiettivi possa avvenire su un ampio spettro. Ma un'alleanza un po' più strategica difficilmente potrà verificarsi con quegli schieramenti della Sinistra moderata o del Centro-sinistra, che ha governato e sta governando gran parte dei Paesi europei, se questi non rimetteranno in discussione l'accettazione, come orizzonte della loro azione, delle compatibilità economiche e quindi anche culturali, stabilite dagli organismi internazionali neoliberisti, come la Banca Mondiale, il Fondo Monetario, il WTO e, perché no, il G8 stesso. Perché quella compatibilità rappresenta una subordinazione al pensiero unico e all'azione di questi organismi. Cioè non viene messo in discussione il dominio dell'economia, che non é neanche della libera concorrenza, perché siamo di fronte a una logica molte volte monopolistica, né viene messo in discussione il predominio dell'economia sulla politica. Credo che con altre organizzazioni di Sinistra sia possibile un percorso con uno dei tratti comuni, se si supera però una visione rigidamente ideologica e se si sottopongono ad analisi princìpi ancora presenti in alcune espressioni del comunismo e del marxismo. A mio giudizio è finita l'idea del partito unico, l'idea del partito unito, l'idea del partito come sintesi dei diversi movimenti sociali e come unico soggetto della trasformazione politica. Dovremmo, invece, pensare a una molteplicità di soggetti che muovendosi a rete si ritrovino su dei percorsi, su degli obiettivi concreti per attuare una trasformazione. Questo spazio si potrà percorrere, ma sottolineando l'alterità della nostra proposta rispetto alla proposta del pensiero unico. Faccio un'esemplificazione. Trovo assolutamente folle che si scelgano politiche bipartisan, per esempio in Italia, o si siano cercate politiche bipartisan proprio nello scenario internazionale. E' proprio in questo scenario che si assiste alla spaccatura delle opzioni. O si sta con le grandi istituzioni neoliberiste, con le poche centinaia o migliaia di persone che da sole hanno patrimoni maggiori di quello che ha metà dell'umanità o si sta con le povere masse derelitte del Sud. E allora, quando le opzioni sono così grandi e le contrapposizioni così forti, o si sta con i contadini, gli agricoltori dell'Equador e quelli della popolazione della Nigeria, o si sta con la SHELL e con l'AGIP, che costruiscono i loro profitti calpestando i diritti umani. Ecco che in tal modo queste politiche bipartisan, ricercate da settori importanti del Centro-sinistra, non hanno nessuno spazio per poter collaborare con il nostro Movimento. Credo che invece dentro una reciproca trasformazione con altre aree della Sinistra sia possibile un coinvolgimento comune. Non dimentichiamo però che il nostro Movimento si batte per le ragioni di fondo che ha, si batte per la salvezza dell'umanità, perché vi sia un futuro, che è l'unico futuro possibile, l'unico futuro vero. Per questo ci battiamo per l'interesse di tutta l'umanità.
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