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Note e interventi
Porto Alegre e il "camminare domandando".
Vademecum per una politica nel sociale
di Luca Alteri
Tre anni fa qualcuno disse che a Porto Alegre cominciava il nuovo secolo. Da allora si sono svolte tre edizioni del Forum Sociale Mondiale, con il tentativo di valutare l'allargamento su scala globale di quella particolare forma di gestione della cosa pubblica che nella città brasiliana è ormai divenuta una realtà talmente stabile da non soffrire cambiamenti di governo nello stato del Rio Grande do Sul. Più in generale, il Forum Sociale Mondiale si è ritagliato uno spazio ben definito nell'agenda politica internazionale, come un'Assemblea degli Stati Generali oppure un semplice ritrovarsi da parte delle diverse componenti di quel Movimento che da oltre un triennio anima il proscenio internazionale, fronteggiando l'improba sfida di regolare la globalizzazione osservandola dal basso: non solo, dunque, organizzazione del dissenso rispetto a un modello economico-sociale dominante, ma anche creazione di consenso intorno a letture del mondo differenziate.
La terza edizione del Forum Sociale Mondiale ha ospitato, dal 23 al 28 gennaio 2003, oltre 100 mila persone, divise tra 1.710 diverse attività, 27 conferenze, 31 dibattiti e 20 testimonianze di personalità. Centoventuno i paesi rappresentati. I lavori del Fsm hanno travalicato, per via della grande partecipazione i confini della Puc (Pontificia università cattolica), dove si erano svolte le prime due edizioni, per avvolgere ancora più completamente la città, in particolare il Palazzo dello Sport "Gigantiño", il Cais do Porto e, per i grandi eventi, l'anfiteatro Por-do-Sol. Diverse attività sono state organizzate anche nel campeggio della gioventù, capace di ospitare 30 mila persone, all'interno del Parco dell'Armonia.
I dibattiti quest'anno si dividevano in cinque aree tematiche: "Sviluppo democratico e sostenibile", "Principi e valori, diritti umani, diversità e uguaglianza", "Media, cultura e controegemonia", "potere politico, società civile e democrazia", "Ordine mondiale democratico, antimilitarizzazione e promozione della pace"1.
Anche intuitivamente si possono immaginare le difficoltà per chi si appresti a tentare un bilancio della terza edizione del Forum Sociale Mondiale: "Porto Alegre è stato un grande cantiere di idee, di riflessioni e di progetti per un'alternativa al neoliberismo. Non c'è libro, pubblicazione, sintesi o documento in grado di offrirne una esauriente dimostrazione. Non si tratta solo di un problema tecnico, di una difficoltà di catalogazione o di reperimento dei dati. E' il carattere sperimentale dell'elaborazione e l'approssimazione delle risposte che impone una frammentarietà e una diluizione dei temi, necessariamente giustapposti o sovrapposti, accennati o controversi"2. Di primo acchito, spicca la differenza, su un piano che oseremmo dire ontologico-costitutivo, tra l'edizione 2003 e le due precedenti: "non c'è dubbio che il Fsm numero tre segnala la fine di un prima e l'inizio di un dopo. Il prima è stato l'affermazione di sé. Il dopo sarà il tentativo di ri-governare il mondo"3. Una volta affermatosi come evento stabile e ritualizzato, il "gorgo gigante" del Forum Sociale Mondiale ha cercato, soprattutto in questa edizione, di esprimere tutte le potenzialità di cui era incubatore e moltiplicatore. Parliamo di contatti, incontri, legami, relazioni, campagne, confronti: l'intero bagaglio di capitale relazionale (fino ad arrivare alle semplici amicizie) costituito dalla partecipazione e dalla sensibilità di tutti coloro che già da tempo, con modalità e possibilità differenti, avevano messo in dubbio la legittimità delle istituzioni che governano il mondo ossequiando il turbocapitalismo. Sono le stesse persone che, prima di trovare un terreno comune nelle possibilità di incontro offerte dal Movimento globale, erano rimaste confinate nelle loro particolarità, spesso gelose della propria attività di nicchia, al massimo aderenti su di un piano solamente emozionale (e non programmatico) alle iniziative altrui. La particolarità e la "miracolosità" di Porto Alegre consiste primariamente proprio in questo, nella sottoscrizione comune di programmi e di obiettivi da parte di singole entità (sociali e politiche) che, fino a poco tempo prima, anche all'interno dello stesso Stato, non avrebbero firmato insieme neanche una petizione. E' un risultato di poco conto? Non crediamo: sicuramente è un risultato importante e lo sarebbe anche se fosse l'unico concretamente raggiunto al momento.
A maggior ragione…
Deve far riflettere, piuttosto, la seguente considerazione: "[le migliaia di persone partecipanti al Fsm] a noi facevano solo l'impressione di persone che, per conoscersi, hanno dovuto mettere un oceano di distanza tra sé e le proprie abitudini"4.
La terza edizione del Forum Sociale Mondiale ha conosciuto premesse pratiche e teoriche assai interessanti e del tutto innovative: negli ultimi due anni si è verificata l'esplosione del modello del Forum sociale, sia a livello territoriale (dal Forum del singolo quartiere cittadino a quello di un intero continente), sia a livello tematico, con un grado di attenzione particolare rivolto a quei settori della cosa pubblica e del vivere insieme maggiormente sottoposti alle invettive delle privatizzazioni neoliberiste. In questo senso Porto Alegre Atto Terzo si è posto come ideale traguardo dei "Fori" continentali (da quello europeo di Firenze alle successive esperienze africane, asiatiche e panamazzoniche), spesso caratterizzati da clamorosi successi a livello di partecipazione (si pensi al Forum asiatico di Hyderabad che ha ospitato 14 mila partecipanti provenienti da 41 paesi africani), e come sintesi ultima di quelli tematici, tanto che Porto Alegre è stata preceduta dal Secondo forum mondiale dell'Educazione, dal Forum delle Autorità locali, dal Forum dei parlamentari, dall'Assemblea Contadina Mondiale e dalla seconda edizione del Forum internazionale in difesa della salute dei popoli.
Dal punto di vista delle premesse teoriche, il III World social forum è stato preceduto da autorevoli interventi, tra i quali segnaliamo quello di Riccardo Petrella che ha avuto il merito di iniziare un dibattito interamente ospitato nelle pagine di Carta, parlando della "fase tre" del Movimento5: dopo l'autoaffermazione di sé attraverso il rifiuto dei fondamenti teorico filosofici del liberismo e dopo la promozione di un'altra globalizzazione come alternativa possibile nel segno della non violenza, il Movimento dei movimenti avrebbe dovuto concentrarsi sulla programmazione politica, attraverso la creazione di una Prima Planetaria che permettesse un coordinamento dei tempi e delle forme di azione funzionali all'internazionalizzazione della lotta al liberismo e alla planetarizzazione degli obiettivi (identificati da Petrella in sei punti principali: terra, commercio, acqua, educazione, finanza e pace-guerra-violenza).
Programmazione politica sempre, però, al di fuori degli ambiti istituzionali, per garantire l'inclusione di coloro che sono stati esclusi dall'acceso ai mercati, alle risorse naturali e ai mezzi di sopravvivenza. In questo senso programmare significa indicare le linee di una mobilitazione planetaria e interclassista, che veda lottare fianco a fianco il contadino dell'India come l'operaio della Nokia e che abbia come obiettivo quello che Ignacio Ramonet, parafrasando al contrario George W. Bush, definì l'asse del male (il WTO, il Fmi e la Banca Mondiale)6. E' evidente come il progetto di "un altro mondo possibile" (divenuto nel frattempo anche un fortunato slogan) investa inevitabilmente tutti i diversi settori produttivi, sui quali si spalma in maniera uniforme la precarizzazione del lavoro come diritto: non solo l'ambito operaista, nobilitato dal ruolo centrale che i sindacati di base brasiliani, americani e italiani hanno sempre avuto all'interno del Fsm7, ma anche (se non soprattutto) il settore agricolo, asse portante del Forum sociale in quanto direttamente legato a quella "dichiarazione di illegalità della povertà e della morte per fame" che ha costituito la spinta principale nel far nascere Porte Alegre. In questo senso, le tematiche dell'acqua, della terra, del rispetto delle biodiversità, della proprietà delle sementi da parte dell'umanità (contro la diffusione imposta degli Ogm) rappresentano non solo punti simbolici, ma effettivi momenti cardine di quella lotta al principio neoliberista dell'inevitabilità e naturalità della povertà nel mondo.
Agricoltura e lotta alla fame collegano la terza edizione del Wsf al "fenomeno Lula": la presidenza del leader del Partito dei lavoratori ha costituito la vera novità del Forum. Lula, scrive Petrella, "rappresenta concretamente il diritto di sognare" o, meglio ancora, dimostra che un sogno si è già verificato: uno Stato-continente come quello brasiliano, con le sue indescrivibili contraddizioni, le immense ricchezze naturali e le enormi sacche di povertà governato da un esponente non dell'élite politica, ma dei lavoratori più umili. Proprio la riforma agraria, punto fermo del progetto "Fame Zero", chiarisce il legame fortissimo tra il mondo contadino e l'esperienza del Fsm. E' a Porto Alegre, infatti, in un memorabile comizio alla Por do Sol (24 gennaio), che Ignacio Lula da Silva ha idealmente presentato al mondo i suoi progetti di creazione di una solidarietà nazionale ("Voglio realizzare un sogno di tutti, che a nessuno in questo paese manchi di che mangiare la sera e che a nessun bambino manchi la colazione la mattina, insomma che in questo paese si muoia per molteplici cause, ma non per denutrizione")8 e intercontinentale ("Il Brasile ha passato cinquecento anni rivolto all'Europa, è ora di volgere lo sguardo all'Africa e all'America latina")9, all'interno di un nuovo terzomondismo che metta effettivamente mano alla redistribuzione della ricchezza.
La presenza di Lula, però, ha avuto anche un significato ulteriore, a ben vedere molto più importante: ha scardinato quella separatezza assoluta, che aveva contraddistinto il rapporto tra il Fsm e la politica istituzionale nel 2001 e nel 2002. Per la prima volta Porto Alegre si è aperta totalmente a un Capo di Stato che ha finito, addirittura, per calamitare le attenzioni non solo del 24 gennaio, ma dell'intero Forum sociale. L'ovazione pro Lula nel contesto di Porto Alegre ha espresso la speranza che il presidente "con la faccia da tornitore metalmeccanico" metta mano, contemporaneamente, alle stringenti misure per debellare la fame nel suo Paese e a una più generale e decisa battaglia contro l'affermazione del liberismo assoluto: in Sud America tutto ciò si traduce nell'apposizione all'Alca e al suo mercato sempre più libero e sempre più iniquo, in favore di un potenziamento degli accordi commerciali continentali (rivalutando ad esempio il Mercosur). Proprio parlando di questa sua missione quasi "messianica" contro il verbo liberista, Lula ha giustificato la scelta di spostarsi da Porto Alegre a Davos per presenziare al Wef, l'incontro dei grandi poteri economici della Terra, proprio in opposizione al quale nacque Porto Alegre. La presenza di Lula (e il suo dividersi tra il Brasile e la Svizzera) e quella, confinata in uno spazio più limitato, ma attesa con il medesimo clamore, di Chavez hanno fatto sì che il Forum superasse la sua fiera "verginità politica": più che la necessità di mischiarsi a compromessi, ha realizzato effettivamente la speranza di creare un asse, in Sud America, tra il Brasile, il Venezuela, l'Ecuador di Gutierrez e l'Argentina dei piqueteros, in modo da far capire al Resto del Mondo che l'impero americano può essere limitato. Tutto ciò ha però simboleggiato anche la preminenza della componente latino-americana (per non dire brasiliana) all'interno del Fsm: il Sud America, con i suoi sogni, le sue speranze, le sue difficoltà (Chavez è stato costretto a un viaggio-lampo a Porto Alegre essendo impegnato a rintuzzare la guerra civile nel suo Venezuela), è stato al centro dello scenario del Fsm, soprattutto nel momento in cui la rappresentanza europea, numerosissima nel 2002 (quando Francia e Italia erano seconde solo al Brasile per numero di accrediti) aveva indietreggiato, quasi che il Forum Sociale Europeo di Firenze10 avesse consunto un po' di energie.
Proprio per sdoganare quell'atmosfera di latino-americanità che rappresenta un po'la forza e il limite dell'esperienza del Fsm, il Consiglio Internazionale ha finito per confermare, non senza contrasti, l'indiscrezione della vigilia: nel 2004 il Fsm si sposta in India, per allargare concretamente la partecipazione a un intero continente che sta dimostrando di voler organizzare il proprio no al trionfo planetario del mercato globale, denunciando quello che Serge Latouche definisce "immaginario sviluppista".
Il continente asiatico, in effetti, oltre a fornire precise garanzie organizzative (pur lontane, presumibilmente, dal "fasto" di Porto Alegre), rappresenta un luogo simbolo per la lotta contro il neoliberismo: in Asia (e non solo lì) "il neoliberismo è davvero una questione di vita o di morte per enormi masse di persone: l'impoverimento e la marginalizzazione di masse causate dalla globalizzazione portano anche a suicidi di massa, grandi masse di popolazione perdono il lavoro o si devono spostare a causa delle dighe…"11. Allo stesso modo, il gran numero di adesioni da parte della società civile statunitense sta a indicare un incoraggiante superamento del trauma post 11 Settembre e la volontà di mostrare al mondo quanti americani sono contro la teoria della guerra infinita.
Proprio la guerra e, nello specifico, il paventato attacco all'Iraq ha rappresentato, a tutti gli effetti, un fantasma capace di aleggiare su tutto il III Fsm, confermando quelle analisi divenute in gran parte comune sentire, secondo le quali non ci troviamo di fronte al tentativo di neutralizzare uno Stato terrorista, ma all'ultima trasformazione della globalizzazione capitalistica. E' indubbio che il no alla guerra provochi un'adesione notevole e un consenso diffuso, pur se a volte epidermico e istintivo: l'argomento guerra è stato, inevitabilmente, il leit motiv dell'intero terzo appuntamento del Fsm, unendo insieme la manifestazione di apertura con la conferenza del giorno di chiusura. Il prezzo per una così forte mobilitazione antimilitarista è stato però pagato nei termini di una grande quantità di energie spese e di riflettori puntati principalmente sulla "guerra perpetua" (ma anche su quella che Edward W. Said definisce "l'altra America") a scapito, però, delle capacità analitiche del Fsm e dell'elaborazione (effettivamente rinviata) di strategie condivise per la creazione di "un altro mondo possibile".
Il "recupero" della società civile americana e l'apertura all'associazionismo afroasiatico non devono però portare a un allentamento del rapporto tra Fsm ed Europa. Proprio quando i movimenti sociali escono dalla parallelità e dalla semiclandestinità che ne avevano caratterizzato la presenza nei primi due Porto Alegre non si deve dimenticare la centralità del contributo europeo e, in particolare, italiano, come insegna l'esperienza del Fse di Firenze. Cercare nuovi spazi di autoorganizzazione economica. "scippare" al mercato globale intere aree di colonizzazione e promuovere nuove forme di economia sociale non deve far dimenticare la vecchia e decisiva questione (che unisce globale e locale): il lavoro.
E' ancora in questa dimensione che si deve sviluppare il contrasto capitale-lavoro e promuovere il conflitto sociale che si opponga alla generale precarizzazione e alla frantumazione dei diritti dei lavoratori: proprio il lavoro (nel suo significato di attribuzione di dignità al tempo vitale di milioni di uomini e donne) dovrebbe continuare a rappresentare il nodo distintivo che permetta il passaggio dalla "globalizzazione delle resistenze alla concretizzazione delle alternative"12. In questo senso sembra ancora più irrinunciabile il contributo europeo, dal momento che il Vecchio Continente risulta essere il modello contraddittorio rispetto al sistema sociale americano.
Di fronte alle nuove esperienze lavorative che possiamo considerare "alternative" (riguardando il terzo settore, le attività eticamente finalizzate, l'autoimprenditorialità creativa….)13, dal momento che mostrano una adattabilità e reversibilità più consona al lavoro postfordista, lo sforzo di chi vuole umanizzare la globalizzazione consiste nell'esportare queste esperienze eminentemente locali su un piano globale.
Può essere il Fsm il laboratorio nel quale esaurire questo tentativo? Porto Alegre, oltre a essere un "evento mondano-newglobal", può ergersi a officina di esperienze per ricondurre l'economia nell'alveo della politica, canalizzandola dal basso?
Le tre edizioni del Fsm non sono finora riuscite in questo intento. Porto Alegre ha rappresentato un happening-contenitore improntato, nello specifico dell'edizione 2003, su due parole d'ordine: "no al liberismo" (in tutte le sue forme) e "no alla guerra". Queste due linee guida hanno costituito gli argini di un fiume effettivamente in piena, caratterizzato da cinque aree tematiche e 1.500 seminari, oltre alle grandi assemblee con le voci più rappresentative: il gigantismo della terza edizione del Forum Sociale Mondiale balza agli occhi in tutta evidenza e non può non associarsi all'inevitabile dispersione di energie fisiche e mentali. Tutto ciò va a ledere le capacità di analisi che "il popolo di Porto Alegre" potenzialmente presenterebbe in misura non minore di quelle di critica.
La (sofferta) decisione di uscire dal Brasile per il 2004 è dovuta in parte anche alla volontà di non creare un'istituzionalizzazione di fatto di Porto Alegre, ma di permettere che il Fsm mantenga quella dinamicità che, nel corso di questo triennio, gli ha permesso di oscurare quella fama di "anti-Davos" che lo accompagnava fin dalla nascita.
Il Fsm non è espressamente e limitatamente anti qualcosa: rappresenta, semplicemente, il coordinamento di tutte quelle reti, movimenti sociali, partiti della sinistra alternativa, associazioni e Ong che costruiscono quotidianamente un nuovo spazio pubblico. Proprio questa quotidianità è insieme un vincolo e un punto di forza, dal momento che richiede un coordinamento non episodico, ma costante, non situazionista, ma continuo, non effimero, ma concreto. Forti speranze, dunque, sono riposte tanto nell'allargamento di quel Consiglio Internazionale ancora ingessato nella sua predominanza brasiliana (soprattutto nell'ora in cui il Forum si trasferisce in India…), quanto (e in modo più netto) sul funzionamento della neonata Rete dei movimenti sociali. Più in generale appare ancora stretto il legame tra il Movimento e Porto Alegre: "Nell'evidenza del rimando a una forma superiore di democrazia, nella possibilità di una trasformazione della quantità in qualità data dal protagonismo popolare, depositario di una sovranità non ancora affermata, ma necessaria, il movimento che desidera riappropriarsi del mondo ha trovato un simbolo efficace e significante. Al municipio di Porto Alegre non si delega nessuna rappresentanza, ma lo si prende a prestito per descrivere la propria vocazione, cioè dare forma politica all'emancipazione sociale14".
Il Fsm ("la più grande scuola di programmazione politica del mondo", come afferma Agnoletto), non può essere né un evento irripetibile, né il traguardo di una lotta per la costruzione e l'articolazione di un vero "fare sociale", né, al contrario, il cimitero delle promesse tradite e delle risposte mancate. Semplicemente rappresenta il punto di partenza per un rifiuto delle regole fatali e ineffabili del capitalismo, attraverso il rimando a un percorso che, congiungendo operatività e democraticità, non può che essere quotidiano, personale e insieme collettivo, romantico e insieme razionale15.
Questo percorso avrà ancora bisogno delle esperienze e delle suggestioni del Fsm, come ognuno di noi ha bisogno di un bagno rigenerante nel coinvolgimento emotivo di questo evento e dello spirito comunitario che esso emana, tanto da far parlare di un "nuova civiltà globale".
Come una colonna sonora che sia paragonabile, ci ricorda Eduardo Galeano, a un ticchettio -"Tik, tik, tik"- dove, nella lingua del Chiapas, tik significa noi.
"Noi, noi, noi"….
Siti Consultati:
http://www.forumsocialmundial.org.br
http://www.zmag.org/weluser.htm
http://www.prefeituradebelem.com.br
Note
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