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Note
Le opere recenti di Amartya Sen tra economia, scienza politica
e analisi sociale: alcune osservazioni
di Maria Cristina Antonucci
Amartya Sen, premio Nobel per l’economia nel 1998, ha affrontato nei suoi ultimi volumi il tema della globalizzazione da molteplici prospettive: inizialmente ha cominciato ad esplorare il problema della disuguaglianza[1], in seguito ha approfondito la questione della razionalità[2], e, nel suo testo più recente, è passato ad investigare il rapporto tra la globalizzazione e la libertà[3]. Al di là dell’intenzione di Sen di approfondire lo studio di disuguaglianza, razionalità e libertà legandolo alla realtà della globalizzazione, è possibile rinvenire nei tre studi un altro dato comune, relativo alla ricerca dei valori. Tutte e tre le analisi, infatti sono basate sull’indagine, a carattere transdisciplinare, sui principali valori che rappresentano il tessuto comune della globalizzazione. La lucidità delle prescrizioni economiche si coniuga in questi scritti con una autentica sensibilità sociologica e con spunti e riflessioni a carattere filosofico, rendendo particolarmente interessanti per le scienze sociali gli esiti delle analisi di questo autore. Attraverso un esame incrociato di questi testi è possibile avere una visione multistratificata e polivalente della globalizzazione, sia grazie alla centralità dello studio dei valori che sostanziano il globalismo sia in virtù della completezza dell’approccio di studi di Sen, costruito sulle basi dell’economia ma anche orientato a fornire indicazioni etiche e inerenti alla prassi.
Per quanto riguarda l’analisi sulla disuguaglianza, il fenomeno in questione, spesso considerato da alcuni movimenti recenti come la peggiore delle conseguenze connesse alla globalizzazione, viene analizzato in una prospettiva differente, riportando il concetto di uguaglianza, mutuato nel mondo occidentale dalla Rivoluzione Francese, sul terreno dell’ empirica eterogeneità degli individui. Le disuguaglianze tra gli individui, così come quelle tra le società, derivano sia dalle caratteristiche intrinseche (per gli individui: età, sesso, capacità, cultura; per le società: composizione demografica, livello tecnologico conseguito, sistema di formazione, mercato del lavoro) sia da situazioni esterne e contingenti (proprietà di beni, provenienza sociale, condizioni ambientali, situazione economica congiunturale). A seconda delle differenti variabili che entrano in gioco, individui e società si trovano nel contesto globale in situazioni di disuguaglianza.
Sen, anziché sostenere la necessità di perseguire un utopistico sistema di uguaglianza, pone la questione in termini diversi. ‘Uguaglianza di che cosa?[4]’ si domanda l’autore, riconducendo l’analisi delle disuguaglianze nell’ambito dei diversi gradi di libertà degli individui e delle società e molteplici ed eterogenee modalità di perseguire realizzazione e sviluppo. Ricollegandosi alla tradizione liberale, Sen privilegia, quindi, in questo testo la libertà come opportunità rispetto all’uguaglianza come necessità e pone il tema della libertà al centro delle sue analisi sulla globalizzazione.
Per quanto riguarda l’approfondimento dei temi della ragione e della razionalità, unica guida per l’individuo nell’era della globalizzazione, nel volume La ricchezza della ragione. Denaro, valori, identità, Sen pone al centro della sua analisi uno dei valori caratterizzanti dello sviluppo della società occidentale. Gli attacchi alla ragione astratta e alla razionalità calcolante hanno posto in luce i limiti del concetto stesso di ragione quando esso si fa troppo astratto rispetto alla realtà sociale e politica che lo sottende. Sen intende recuperare il valore pieno dell’idea stessa di razionalità attraverso un’indagine che pone in collegamento la ragione con l’identità, l’etica, il successo economico e il ruolo del denaro nella società contemporanea. Solo attraverso la ragione l’identità si trasforma da una gabbia di appartenenze a diversi livelli di comunità[5] in libera e consapevole scelta dell’individuo verso la più adeguata forma di auto-realizzazione. Solo grazie al concetto di razionalità è possibile porre in essere interventi sostitutivi ed integrativi del mercato come sistema regolatore dell’economia. Solo con il costante apporto della ragione è possibile conseguire un maggiore livello di efficienza dal sistema di mercato, laddove esso presenti intrinseche contraddizioni e diseconomie. Grazie alla razionalità è possibile elaborare, secondo Sen, una prassi dell’azione economica in grado di garantire lo sviluppo di un senso di responsabilità nell’élite finanziaria. Per merito della ragione è possibile distinguere tra valore e denaro, nell’era della diffusione di fenomeni quali la moneta elettronica e le transazioni finanziarie on-line. In virtù della razionalità, infine, è possibile elaborare nuovi codici morali, basati su valori e identità, che consentano di conseguire il successo economico.
Infine, Sen, nel volume più recente[6], pone al centro della sua analisi il rapporto tra globalizzazione e libertà. Partendo dalle rivendicazioni elaborate dal movimento no-global, l’autore mette in luce l’esigenza di una gestione maggiormente improntata all’etica dei fenomeni relativi alla globalizzazione. Infatti, non è possibile limitarsi a valutare la globalizzazione secondo l’atteggiamento che la considera come il male assoluto da debellare (atteggiamento assunto dagli aderenti ai movimenti no-global, che come Sen fa notare, agiscono sfruttando le possibilità di informazione e comunicazione offerte dalla globalizzazione) o secondo l’antiteca posizione di chi spera – come alcuni ultra-liberisti – che le disuguaglianze e le ingiustizie automaticamente spariranno con l’avanzare dei processi legati alla globalizzazione. Sen considera le due posizioni analogamente improduttive e individua una strada intermedia, valutando come ottenere un uso intelligente dell’internazionalizzazione dei rapporti economici, un migliore e più diffuso impiego delle tecnologie informatiche e telematiche e delle conquiste delle scienze. In contraddizione con le conclusioni cui sono giunti altri studiosi[7], il vero avanzamento cui la globalizzazione può portare non consiste nel possesso di una maggiore quantità di informazioni e conoscenze, ma si estrinseca soprattutto nei processi di mutamento sociale volti ad eliminare fame, carestie, povertà, ignoranza, malattie, sfruttamento dell’ambiente e degli individui, grazie ad un più diffuso grado di libertà nel mondo. Sen, da autentico liberale e in netta contrapposizione con il diffuso liberismo post-fordista, crede che il rafforzamento delle istituzioni democratiche, sulla scorta dei processi globalizzanti, agisca come catalizzatore di sviluppo economico e benessere materiale. Laddove si consolidano istituzioni democratiche nei Paesi del terzo Mondo si rivela possibile da un lato l’intervento umanitario della Comunità Internazionale pronta a fornire strumenti esogeni a livello macro, e dall’altro lo sviluppo di azioni individuali dei cittadini, rivolte a promuovere uno sviluppo endogeno, a livello micro. Inoltre, Sen dedica la sua attenzione anche allo sviluppo di organizzazioni internazionali che si impegnano per stabilire quegli standard di libertà minimi per gli individui in tutto il mondo. Grazie a questi organismi e al loro operato è possibile che gli individui, affrancati dalle fonti di illiberalità, possano sviluppare una coerente azione di cambiamento sociale.
Quindi, secondo quest’ultimo testo di Sen, la globalizzazione rappresenta un’opportunità di sviluppo che tutti gli individui devono essere messi nella condizione di cogliere. I processi relativi alla globalizzazione pongono una questione etica importante nei confronti dei soggetti maggiormente svantaggiati o esclusi. Se la globalizzazione, secondo l’autore, non deve essere governata, essa tuttavia può essere regolata in un’ottica di promozione dello sviluppo dei valori politici della liberaldemocrazia e della crescita delle opportunità economiche per tutti. Questa strada, nelle parole dell’autore, “presenta molti vantaggi rispetto a punti di vista più convenzionali. Primo, fornisce il contesto per interpretare il progresso individuale e sociale sulla base dei suoi obiettivi fondamentali piuttosto che sui suoi strumenti più immediati. L’aumento delle capacità di vita e delle libertà ha un rilievo intrinseco che lo distingue dall’incremento della produzione di merci o dalla crescita del PIL. Secondo, una concezione incentrata sulla libertà offre anche lucide indicazioni strumentali, perché libertà di diversa specie si sostengono vicendevolmente… Viviamo in un mondo di molte istituzioni (tra le quali il mercato, il governo, la magistratura, i partiti politici, i media, etc.) e dobbiamo fare in modo che si possano supportare e rafforzare tra di loro, anziché ostacolarsi a vicenda. Terzo, questa prospettiva più ampia ci consente di distinguere tra 1) gli interventi repressivi dello Stato che soffocano la libertà, l’iniziativa e l’impresa e depotenziano l’agire individuale e la cooperazione e 2) il ruolo di supporto dello stato nell’allargamento della libertà di fatto degli individui… Quarto, un approccio incentrato sulla libertà può concorrere a fornire una visione adeguatamente ampia ed estensiva delle esigenze degli esseri viventi.[8]”
In ultima analisi, è quindi possibile rinvenire nell’opera recente di Sen una riscoperta, alla luce della sensibilità orientale dell’autore[9], dei valori tipicamente occidentali espressi dalla tradizione liberal-democratica, quasi in una trilogia: l’eguaglianza come parità di opportunità di partenza, la razionalità come strumento per offrire un’etica alla globalizzazione e la libertà come obiettivo che il globalismo deve massimizzare a livello integrato per produrre sviluppo. In tutti e tre i testi, ammirevole è l’istanza etica che guida il pensiero dell’autore. La riscoperta della centralità dei valori, la necessità di orientare i processi relativi alla globalizzazione sulla base di questi, l’importanza di creare attraverso la mondializzazione più completi livelli di sviluppo rappresentano gli obiettivi possibili che Sen indica per il nostro mondo. Scrive l’autore in proposito: “Il nostro futuro dipenderà soprattutto dal successo dell’ampliamento delle rispettive libertà, ottenuto attraverso il rafforzamento delle diverse istituzioni che sostengono e favoriscono le nostre capacitazioni umane[10]. In questo, ritengo, risiede la più importante indicazione per il nostro futuro.”
Infine, è da rimarcare che, al di là dell’inequivocabile posizione liberale espressa dagli scritti di Sen, l’autore non possa a nessun titolo essere iscritto nel filone degli studiosi ultra-liberisti della globalizzazione. Oltre alla tensione etica sui valori già notata in precedenza, è importante ricordare che l’analisi di Sen è profondamente legata al ruolo che le istituzioni devono svolgere all’interno dei processi relativi alla globalizzazione. E il ruolo che Sen individua per le istituzioni non è la funzione ‘neutra’ dello Stato liberale tradizionale che deve limitarsi a mantenere l’ordine sociale e politico minimo necessario allo sviluppo autonomo dell’economia. Sen suggerisce un ruolo più attivo dello Stato, il quale, soprattutto a partire dalle analisi dell’ultimo testo, deve farsi promotore dello sviluppo dei valori di maggiore libertà e razionalità, per poter lanciare i processi di crescita a che verranno poi realizzati dall’iniziativa individuale. Più che di uno ‘Stato-neutro’, si potrebbe parlare di uno ‘Stato-catalizzatore di processi di sviluppo’, che, dopo aver fornito un intervento agevolatore dell’iniziativa individuale, lascia il campo libero ai progetti e alle azioni dei cittadini. Per la notazione della centralità dei valori della tradizione liberal-democratica nei processi relativi alla mondializzazione, per l’indicazione del concetto di sviluppo come qualcosa di più della mera crescita del PIL, per l’individuazione di un nuovo ruolo che le istituzioni possono e devono svolgere all’interno del mondo globalizzato, il corpus recente dell’opera di Sen, in bilico tra prescrizioni economiche notazioni sociologiche e indicazioni a carattere filosofico, può rappresentare un contributo particolarmente completo e originale per definire nuovi orientamenti nello studio dei processi relativi alla globalizzazione.
[1] Sen A., La disuguaglianza: un riesame critico, Bologna, Il Mulino, 1997.
[2] Sen A., La ricchezza della ragione. Denaro, valori, identità, Bologna, Il Mulino, 2000.
[3] Sen A., Globalizzazione e libertà, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2002.
[4] “Equalty of What?” è una domanda retorica ricorrente nell’opera di Sen, che ha avuto modo di tentare di porre l’interrogativo in Uguaglianza di che cosa? in Scelta, benessere, equità, Bologna, Il Mulino, 1986 pagg. 337-361 e più diffusamente nel già citato volume La disuguaglianza: un riesame critico, Bologna, Il Mulino, 1997.
[5] Interessanti a questo proposito le critiche al comunitarismo espresse nel primo capitolo La ragione prima dell’identità, pagg. 7-12 in Sen A., La ricchezza della ragione. Denaro, valori, identità, Bologna, Il Mulino, 2000.
[6] Sen A., Globalizzazione e libertà, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2002.
[7] Nella seconda metà degli anni 90, una parte del dibattito sui benefici apportati dalla globalizzazione ha riguardato la generalizzata diffusione dell’accesso alle informazioni mediante l’informatica e la telematica; in quest’ambito di studi è fondamentale ricordare i lavori di Rifkin J., L’era dell’accesso. La rivoluzione della new economy, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2000 e di Negroponte N., Essere digitali, Milano, Sperling & Kupfer Editori, 1995.
[8] Sen A., Globalizzazione e libertà, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 2002, pagg. 147-148.
[9] La sensibilità orientale di Sen è rintracciabile soprattutto nell’esercizio della scrittura praticato. Non è infrequente nei testi dell’autore trovare solide affermazioni dottrinarie, spiegate in seguito attraverso apologhi, massime o citazioni di testi riprese dalla tradizione indiana o cinese. A questo proposito si veda, ad esempio, nel capitolo su Denaro e valore del volume La ricchezza della ragione, ibidem, pag. 58 il richiamo a un testo di economia politica indiano, opera di Kautilya, risalente al IV secolo A.C. Si veda inoltre, nel capitolo La libertà e il nostro futuro, in Globalizzazione e libertà, ibidem, pag. 133, la spiegazione della necessità di integrare le varie libertà attraverso la storia indiana dei tre uomini ciechi che cercavano di descrivere un elefante a partire da quanto ognuno di loro poteva toccare o percepire, fornendo una descrizione necessariamente non esaustiva. Questa particolare capacità di Sen di trarre esempi coerentemente integrati dalla tradizione occidentale e da quella asiatica rappresenta una particolare ricchezza delle analisi realizzate dall’autore.
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