Home | La rivista | Ricerca | Autori | Approfondimenti | I nostri link | Iniziative | Forum | Servizi | Chi siamo
Note
Semiotica sociale, sfera pubblica e comunicazione.
La mediasfera come semiosfera
di Maria Giovanna Onorati
1. Carattere testuale della sfera pubblica e meccanismi semiotici di traduzione intersistemica.
Questa comunicazione nasce dalla convinzione che l’approccio multidisciplinare ad una tematica complessa ed attuale come quella relativa al rapporto tra media di massa, sfera pubblica e società possa dare risultati fecondi e ci possa aiutare a comprendere il ruolo svolto attualmente dalla comunicazione nella produzione di nuovi modelli di soggettività sociale e di nuovi modi di entrare in relazione. Questa relazione si aggancia direttamente allo studio di Marcello Strazzeri sui fondamenti comunicativi della democrazia, essendo essa stessa il risultato di un esperimento didattico con lui condotto, teso a integrare lo studio sociologico del tema “Società civile, opinione pubblica, democrazia” con un’analisi di tipo socio-semiotico, nella convinzione che un tale approccio possa favorire l’analisi qualitativa dei processi di traduzione intersistemica istituiti dai flussi comunicativi che intercorrono tra società civile, sfera pubblica e sfera politico-amministrativa. L’obiettivo di questo studio integrativo è stato, infatti, la comprensione in termini semiotici della sfera pubblica quasi integralmente mediatizzata, che vuol dire intendere la “mediasfera” come una “semiosfera” e cioè, parafrasando Lotman, una sorta di continuum semiotico fatto di testi e discorsi e dunque integralmente permeato da segni (cfr. Lotman J., 1985, pp. 55 e segg..)
D’altra parte il carattere testuale della sfera pubblica è stato evidenziato anche da Habermas, alla cui definizione rimandiamo integralmente. La sfera pubblica è infatti per lui un piano di mediazione tra mondo della vita e sistema funzionale, una sorta di “rete” che attraverso l’agire comunicativo tematizza opinioni e conferisce rilevanza pubblica a questioni che sorgono in seno alla società civile e, ancora prima, in seno alla Lebenswelt. Proprio per questa funzione di traduzione e tematizzazione Habermas ha individuato nella sfera pubblica una sorta di “megatesto” articolato in un numero indefinito di “microtesti” (le singole sfere pubbliche parziali delimitate da interni confini sociali) rispetto al quale tutto l’ambiente esterno diventa un contesto. (Cfr. Jürgen Habermas 1992, trad. it. 1996, p. 443)
Il nostro studio intende quindi dimostrarci, attraverso una percorso di analisi che focalizza sostanzialmente le dinamiche di traduzione che si svolgono sui confini, come la sfera pubblica, e le sue intrinseche segmentazioni parziali, siano, come sostiene Habermas, organizzazioni tutt’altro che chiuse e articolate secondo meccanismi di esclusione, ma piuttosto strutture aperte che si costituiscono attraverso meccanismi di selezione (cfr. Habermas 1992, trad. it 1996, p. 443), aiutandoci a comprendere tutta la complessità che sottende alcuni concetti come “autonomia della sfera pubblica”, “ambivalenza dei media”. Dunque, convinti, come Habermas, che “ogni confine attraversante la sfera pubblica rimane in linea di principio permeabile” (cfr. ibidem) e soprattutto consapevoli dell’esistenza di un condizionamento sociale dei discorsi, con questo approccio semiotico ci siamo posizionati su quello spazio semiotico che è il confine, che, nelle parole di Lotman, è funzione invariante di traduzione che trasforma l’informazione in un blocco di informazioni sui generis conferendole “individualità semiotica” e che non a caso lo stesso Lotman definisce “creolizzato”, bilinguistico, proprio per sottolineare gli effetti ambivalenti connessi alla funzione di semiotizzazione (cfr. Lotman J., 1985, pp. 59-62) e dunque alla traduzione intersistemica.
Questo posizionamento sulla soglia ad un tempo disgiuntiva e connettiva tra sistema e mondo vitale, ci ha permesso, quindi, di penetrare la logica intima di quello che Habermas definisce il “potenziale ambivalente” dei media, i quali ad un tempo gerarchizzano le sfere pubbliche e ne dischiudono l’orizzonte di comunicazioni possibili, producendo effetti sociali tanto di controllo quanto di emancipazione (Cfr. Habermas 1985, trad. it. 1986, p. 1069) e ci ha indotto, così, a comprendere in termini ad esempio di “alienazone linguistica” quel concetto habermasiano di “rifeudalizzazione” della sfera pubblica da parte del sistema attraverso i mezzi di comunicazione.
2. Il linguaggio come procedura modellizzante e struttura sociale della semiosi
Questo studio socio-semiotico si è fondato innanzi tutto su un concetto di linguaggio inteso non come specifico sistema di segni codificato per la comunicazione, ma come mediazione trasformativa che investe tutto il campo dell’agire umano secondo quella ben nota definizione di Charles Morris per cui “tutto il comportamento è segnico” indipendentemente dalle intenzioni comunicative di chi lo mette in atto. Ora, dovendo analizzare l’ambivalente funzione (di controllo ed emancipazione) dei media di massa nella sfera pubblica, i loro ambigui effetti sull’agire funzionale del sistema politico, si dimostra particolarmente utile una teoria del linguaggio (come quella da noi proposta) in cui individuale e sociale si intreccino inscindibilmente, come anche un modello di semiosi (riconducibile a Peirce e a Morris) per il quale anche la percezione più semplice sia strutturata socialmente e presa entro condizioni storicamente e socialmente determinate. In questo senso il modello “rispondente” di segno quale “rendersi conto mediatamente di” proposto da Morris sulla scia dell’interpretante di Peirce, ha servito perfettamente i nostri scopi (Cfr. Morris Charles 1938 trad. it. 1999, p. 83). Ricordiamo infatti che già Peirce ci aveva insegnato a concepire il segno come “interpretante”, vale a dire come “relazione”, in quanto risposta ad una sollecitazione esterna mediata da un processo interpretativo valutativo. Questo vuol dire che la semiosi è una catena illimitata di interpretanti-interpretati, in cui l’interprete è inserito come parte di questo processo aperto di rinvii, con tutte le implicazioni che ciò può avere sulla categoria di soggetto, di soggettività sociale.
Un tale modello di semiosi, concretamente rispondente alle istanze che vengono dalla realtà oggettiva, che esso stesso concorre a determinare e a organizzare, si rivela fondamentale per la nostra analisi che, come evidenzia anche Strazzeri, mira a dimostrare che i flussi della comunicazione sono organizzati dalla realtà che essi a loro volta organizzano (da un determinato punto di vista e in rapporto alle varie forme di produzione materiale operanti all’interno del sistema) secondo un movimento ciclico che lo stesso Strazzeri, sulla scia di Habermas, definisce “retroagente”.
D’altra parte i concetti di interpretante e semiosi illimitata sviluppati da Peirce ci offrono un modello cognitivo scevro da qualunque fissazione egocentrica, che proprio perciò può soddisfare le esigenze di una indagine, ad esempio etnometodologica, secondo cui gli attori sono i luoghi geometrici e cognitivi di costituzione della realtà sociale. Inoltre il ricongiungimento sistematico della nozione di comportamento con quella di segno, l’assodato fondamento assiologico del significato (a cui porta definitivamente Morris nella sua opera Segni e valori) sono concetti utili ai fini di una comprensione dei fenomeni sociali riconducibile alle procedure interpretative, ad un tempo invarianti e riflessive, mediante le quali il mondo sociale si costruisce all’interno di interazioni concrete (cfr. P.P. Giglioli e A. Dal Lago 1983, p. 19).
Il nesso morrisiano segno-comportamento lo ritroviamo anche nello schema di analisi di Rossi-Landi, su cui abbiamo principalmente fondato il nostro studio socio-semiotico del rapporto tra sfera pubblica, opinione pubblica, comunicazione. Rossi-Landi, infatti, ci propone un modello semiotico fondato su una concezione realisticamente allargata di sistema segnico, che non comprende solo il codice e le regole per applicarlo, ma anche tutti i messaggi che si scambiano, fino ad includere gli individui e i gruppi sociali che li adoperano (Rossi-Landi infatti parla di capitale linguistico di cui i parlanti, erogatori materiali di forza lavoro, sono la parte variabile). In conseguenza a ciò egli ci ha potuto fornire un metodo, cosiddetto “omologico”, consistente nel sistematico ricongiungimento critico del segnico verbale al segnico non verbale, con tutti gli effetti demistificanti rispetto alle pratiche di controllo sociale e manipolazione dei discorsi, e a tutte quelle forme che Habermas definisce di colonizzazione sistemica del mondo vitale attraverso la rifeudalizzazione della sfera pubblica.
Il metodo ‘omologico’ ha il merito di portare alla luce il ruolo di mediazione dei sistemi segnici nel processo della riproduzione sociale permettendoci così di affermare la natura segnica della società civile, affermazione che, ad esempio, chiarisce l’intreccio sempre più stretto tra pubblico e privato determinato dalla comunicazione di massa, e che dunque risulta particolarmente coerente con l’idea di infrastruttura comunicativa della sfera pubblica, idea centrale nel discorso habermasiano e nel tentativo di Strazzeri di indagare sui presupposti di una democrazia radicale comunicativamente fondata (cfr. Strazzeri M. 2000).
Inoltre da Rossi-Landi abbiamo mutuato il concetto storico-materialistico di linguaggio come lavoro e, di conseguenza, della lingua che, come prodotto, strumento e materiale di tale lavoro, risulta sempre ideologizzata e ideologizzante, cosa questa che ci ha permesso di comprendere come avvenga il controllo dei discorsi a tutti i livelli dell’agire sociale, dai livelli più alti di razionalizzazione discorsiva fino alle soglie del soltanto biologico, portando così alla luce i meccanismi più subdoli di colonizzazione della sfera pubblica attraverso l’industria della comunicazione, senza tuttavia cadere in inadeguati modelli passivi della ricezione.
Questa teoria del linguaggio ha il merito di configurarsi anche come teoria critica della società e dell’agire sociale. Ci siamo infatti serviti della nozione di parlare comune di Rossi-Landi per dimostrare la priorità della pratica sociale rispetto alle forme dell’intendersi (rilevando tra l’altro un’omologia tra la sua funzione metodica e la funzione categoriale del mondo vitale linguisticamente fondato di Habermas). Il parlare comune è infatti un modello generale del parlare, fatto di tecniche di linguaggio, di abitudini interpretative, che sottende e taglia di traverso le lingue naturali o i linguaggi speciali, e ne permette addirittura la traducibilità (Rossi-Landi F. 1961, pp. 103-176). Esso è dunque una sorta di apparato categoriale che regola i processi linguistici e comunicativi, soddisfacendo quell’esigenza di razionalità normativa, teorizzata da Habermas, che conferisce pubblicità all’azione senza tuttavia ridurla all’agire teleologicamente orientato. Possiamo infatti affermare che, nell’insieme, questo modello semiotico ci fornisce un’idea di razionalità comunicativa che sia semioticamente e non solo linguisticamente fondata, vale a dire l’idea di un’azione dotata di senso che è tale perché presa in una rete di relazioni significanti non riducibili all’intenzionalità comunicativa di chi l’ha messa in atto, al piano d’azione dell’attore. Esso, congiungendo il segnico verbale al segnico non-verbale, ci ha permesso così di indagare i processi di razionalizzazione sociale in tutta la loro ampiezza, inserendo l’agire individuale nel più ampio processo della riproduzione sociale proprio attraverso la focalizzazione dei meccanismi liminali di traduzione (evidenziando anche la responsabilità sociale nell’agire individuale).
3. Infrastruttura segnica della realtà sociale e ambivalenza dei media.
Rossi-Landi ha individuato il ruolo di mediazione svolto dai sistemi segnici tra le diverse sfere dell’agire sociale, permettendoci così di focalizzare la specificità semiotica (ambivalente) dei meccanismi di commutazione delle istanze, operato dai dispositivi della comunicazione che permeano la sfera pubblica, dal piano del mondo vitale fino a quello del sistema politico amministrativo, superando qualunque meccanicismo deterministico. Rossi-Landi, infatti, ci consegna uno schema triadico secondo il quale la programmazione sociale avviene a tre livelli: quello dei modi di produzione, quello dello scambio (comunicazione e circolazione di messaggi-merci) e quello delle istituzioni ideologiche, che devono essere consumate e di cui i soggetti sociali devono pascersi continuamente.
Alla base di questo discorso c’è ovviamente l’idea di pervasività dei segni nella realtà sociale e, di conseguenza, l’idea che ogni azione sociale, in linea di principio, si ripercuote dappertutto. Infatti, solo individuando il carattere segnico e linguistico della pratica sociale come infrastruttura che connette base e sovrastrutture si possono riconoscere quelle “tecniche morali” e “tecniche di controllo” che permeano la pratica sociale nella sua interezza e che mettono in discussione la libertà e autonomia costitutiva della sfera pubblica. (Cfr. Rossi-Landi F. 1978, p. 57). Infatti l’idea che i sistemi segnici e i messaggi umani siano da rintracciare e studiare a tutti i livelli della pratica sociale, dal momento che la programmazione sociale investe tutto il ciclo di produzione-scambio-consumo, in un’ottica omologica vuol dire che non c’è un momento della produzione-scambio-consumo linguistico che sfugga a tale programmazione; questa situazione, a cui Rossi-Landi dà il nome di alienazione linguistica, abbatte definitivamente il mito della neutralità della comunicazione, anzi ne spiega la costitutiva ambiguità e dunque anche il suo potere colonizzante.
Grazie alle nozioni di parlare comune, di lavoro linguistico e di alienazione linguistica, Rossi-Landi ci ha evidenziato il carattere infrastrutturale del linguaggio nella società civile, con conseguente riconoscimento del carattere segnico-linguistico della pratica sociale, e, con ciò, del carattere segnico-linguistico dell’ideologia, che vuol dire, a sua volta, del carattere ideologico delle pratiche linguistico-comunicative. Egli ci consegna pertanto un metodo per studiare le ideologie dal punto di vista della pratica sociale (parla dell’ideologia in termini di progettazione sociale), per smascherare le subdole strategie con cui esse si insinuano in quei meccanismi liminali di traduzione tra le sfere, attivando delle retoriche, conservatrici o progressiste, che si connotano come tali in base al modo in cui interferiscono con le abitudini interpretative dei soggetti implicati nella comunicazione (cfr. Rossi-Landi F. 1992, pp. 131-161).
Inoltre, visto il carattere costitutivamente sociale della lavorazione linguistica ed essendo i parlanti una parte del capitale linguistico soggetto a sfruttamento e controllo da parte di chi detiene il possesso dei canali e mezzi di comunicazione, Rossi-Landi ha dimostrato che il capitale linguistico-comunicativo è strutturalmente pubblico e tuttavia soggetto a controllo privato. Pertanto capiamo come il controllo della comunicazione sia strettamente connesso al controllo della sfera pubblica, dal momento che maggiore è il capitale costante (il valore da tutelare) maggiore è il controllo che si esercita sulla sfera pubblica affinché il circuito comunicativo, teso a preservare e incrementare il capitale, non subisca intoppi, e pertanto maggiore e capillare (nonché veloce) sarà la programmazione linguistica dei discorsi e dell’agire comunicativo, cioè l’alienazione linguistica. Il modello di Rossi-Landi ci fa dunque comprendere come il significato di un messaggio non si esaurisca nell’atto della sua ricezione, ma come esista piuttosto un circuito comunicativo ‘retroagente’ che non si conclude con il destinatario, essendo questo concepito come mezzo e non come fine di quel processo di riconferma e incremento del capitale che è la comunicazione nell’attuale panorama sociale. Si capisce quindi come anche la velocità della comunicazione, unitamente al suo carattere pervasivo, faccia parte di questa strategia della colonizzazione della sfera pubblica ed è in funzione della produzione.
Dunque una semiotica sociale come quella a cui qui si è brevemente accennato, saldamente radicata nella pratica sociale nella sua duplice versione storico-materialistica e pragmatistica, ci aiuta a perfezionare un’analisi qualitativa dei flussi comunicativi che si originano in seno alla società civile e che, da questa, per mezzo della sfera pubblica integralmente mediatizzata, permeano il sistema politico-amministrativo. Tale approccio semiotico è in grado di smascherare le dinamiche nascoste della realtà sociale che permeano le retoriche pubbliche e controllano il processo di “fluidificazione discorsiva della sovranità”; esso ci permette dunque di riflettere sul complesso potenziale dei nuovi media, sugli interessi e sulle dinamiche del potere che sottendono, ad esempio, l’esigenza di velocizzare il tempo dell’informazione a discapito di quello della comprensione sociale, obbligandoci così a rivedere, in una situazione di riconosciuta alienazione linguistica, il concetto stesso di libertà della comunicazione. Dunque, alla luce delle consapevolezze a cui ci ha portati l’analisi critica di Rossi-Landi, e in una prospettiva di democrazia deliberativa come quella intravista da Habermas, in cui le nuove tecnologie svolgano un ruolo determinante nel favorire lo sviluppo di una cittadinanza attiva dell’informazione, diventa indispensabile valutare come le eventuali condizioni di un ordine normativo teso a garantire l’autonomia della sfera pubblica non possano prescindere da condizioni tese a garantire il carattere pubblico e sociale di quel capitale linguistico-comunicativo di cui, come ci ha mostrato Rossi-Landi, consapevolmente o inconsapevolmente, siamo comunque parte.
Riferimenti bibliografici:
A. Dal Lago, P.P. Giglioli (a cura di), Etnometodologia, Bologna, il Mulino (1983)
Habermas, Jürgen, Fatti e norme (1992), Milano, Guerini e Associati, 1996
- Teoria dell’agire comunicativo (1981), Bologna, il Mulino, 1986
Lotman, Jurij M., La semiosfera (1984), Marsili, Padova, 1985
Morris, Charles, Lineamenti di una teoria dei segni, (1938) Introd., trad. e commento di Ferruccio
Rossi-Landi, Lecce, Manni, 1999
Segni e valori, Bari, Adriatica, 1988
Rossi-Landi, Ferruccio, Ideologia, Milano, ISEDI, 1978
- Il linguaggio come lavoro e come mercato, (19681), Milano, Bompiani, 1992
- Significato comunicazione e parlare comune (1961), Padova, Marsilio, 1980
Strazzeri, Marcello, I fondamenti comunicativi della democrazia, Lecce, Pensa Multimedia, 2000
Home | La rivista | Ricerca | Autori | Approfondimenti | I nostri link | Iniziative | Forum | Servizi | Chi siamo