Giancarlo
Interlandi
UN'ANARCHIA
NELL'ANIMA
Introduzione
di Enrico Carbone
Prefazione
di Daniele Spanò
ã Proprietà letteraria riservata all’Autore
IntroduzioneLa parola, questa “entità” eterea, fatta di corde che vibrano e d’aria che, anche se sussurrata, può ferire, che, se gridata, può anche non essere intesa, con la quale si comunica l’offerta dell’amore, o il suo contrario, la disperazione dell’odio oppure l’ira che invade e tracima incontenibile dalle labbra, la gelosia che invade ogni fibra del corpo… La parola che costrutta, si fa linguaggio e lingua e, per come costrutta, diviene documento d’identificazione di chi la usa e del suo modo di essere e di esistere e anche di mostrarsi… La parola, semanticamente onnipotente che può farsi racconto, narrazione… ed anche poesia che non necessariamente viene espressa solo e sempre tramite la parola. Infatti c’è la poesia senza parole che a volte affiora nel sentire di ognuno e che non tutti sanno dire e quella volutamente non detta che rimane celata nelle pieghe più profonde del cuore, la quale può manifestarsi solo se tradita da un gesto, da una lacrima, da un sorriso, involontarie proiezioni dell’intimo oltre le soglie del riso e del pianto. E c’è la poesia che ammalia, non importa quale secolo o di quale paese, che si legge e rilegge e quella codificata nelle storie delle letterature con i nomi che la cultura ufficiale ha tramandato ai posteri e quella che si è persa. E c’è la poesia che già con il Leopardi si fa “moderna” e la poesia contemporanea che canta l’uomo di oggi con le sue coerenze e contraddizioni. Un uomo che sebbene possa aspirare all’infinito, a volte rimane senza orizzonti e senza stelle, errante e incerto nei labirinti del suo essere e del suo divenire, nelle cui anse e cunicoli tanto più si perde quanto più numerose gallerie ha percorso, ha esplorato e ormai conosce. O che, per quante distanze dell’infinito abbia valicato , nel tentativo di giungere alla meta, rimane appena all’inizio di un cammino necessariamente incompiuto. Infatti se la parola sulla terra può tutto, fuori dalla terra incontra realtà a cui il pensiero non ha accesso e che essa è incapace di significare. Ma sulla terra la parola percorre tutti gli spazi, specialmente quelli interiori, dai più angusti e ristretti, e non per questo esplorati e conosciuti, ai più vasti, necessariamente inesplorati e sconosciuti questi ultimi, essendo l’universo interiore anch’esso incommensurabile, e per quanto esplorato, si è raggiunta solo la luna. E proprio nell’universo interiore esplora la parola di Giancarlo Interlandi che non accede ai cieli consolanti ma al contrario scava la roccia del dolore che si fa, qualche volta rabbia e, qualche rarissima volta, anche rimpianto. La
disillusione, tema poetico caro a Leopardi, è anche il tema dominante
della silloge di poesie di Interlandi nella quale il poeta canta, con
sensibilità moderna, non gli eventi che lo hanno portato alla caduta delle
illusioni ma il caos che ne è derivato: L’anarchia nell’anima.
E
vi è più che dolore nella negazione del tempo trascorso, dal giorno in
cui avvenne la frattura, scavata forse prima da infiltrazioni corrosive
nascoste nei pensieri, e poi subitanea come la roccia quando si stacca
e frana. Allora
ebbero inizio la fine e il principio, parole diverse nel significante,
ma quasi identiche per significato. Ed è questo il filo conduttore di
tutta l’opera: uno iato che, spezzando il fiato, congiunge la stessa parola,
la medesima vita. Da qui l’insanabile, la dicotomia tra passato e presente
ma non nel sentire, che rimane coerente nel suo essere stato e nel suo
essere. E forse è questo uno dei segreti della poesia di Interlandi, riuscire
cioè a comporre, in armonia poetica, un tempo dicotomico esistenzialmente
doloroso. È il poeta un Ulisse che naviga tra passato e presente, l’uno in contrasto con l’altro, e tra sogno e realtà, anch’essi contrastanti e dolorosi, ma non del dolore di chi, svegliandosi, si tormenta per il sogno svanito e che vorrebbe fare rivivere, ma del dolore di chi, vedendo se stesso e la vita in maniera diversa da prima, e diverso perciò anche il passato, rivive gli spasimi dell’inganno per cui i ricordi che emergono dal passato e dal sogno acquistano forme, colori e suoni di fastidio avendo i personaggi cambiato aspetto ed anima. La breve ma intensa raccolta di liriche di Interlandi, evoca una miriade di emozioni, derivanti non solo dal significato, ma anche dal costrutto e dal lessico. Ogni parola si trova immancabilmente al posto giusto con il suo peso esatto all’equilibrio dell’opera per cui il verseggiare scorre con melodia sebbene non si riesca a scoprire l’aderenza ad una canonicità codificata che, con le sue regole, governi il ritmo. Una poesia inoltre che pur essendo moderna mostra una sua classicità evocata anche dai nomi di eroi e di eroine della mitologia greca: ulisse, Orfeo, Euridice, Penelope, Arianna, che si muovono tra ombre di luna e fiumi che scorrono negli alvei amari dei ricordi. Eppure sebbene così eteree e certe volte appena accennate, specialmente le figure femminili, diventano emblematiche come figure di ninfe incise nella glittica. Poesia che, a mio avviso, sebbene con impronta profondamente originale e moderna, risulta in linea con la tradizione classica della poesia italiana.
Enrico Carbone
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Prefazione Sembra essere davvero complessa e ricca d’elementi lirici l’anarchia che domina l’anima di Giancarlo Interlandi. L’autore,
difatti, si presenta al pubblico con una raccolta breve, composta da sedici
liriche, ma il cui contenuto è certamente motivo di una profonda riflessione
circa la varietà di emozioni che sempre agitano l’uomo. uno
spirito eclettico, dunque, quello del poeta ed assai travagliato da molteplici
sensazioni. Prima
fra tutte: l’amore appassionato e sconvolto per colei che egli ama chiamare
Euridice. E
difatti Interlandi, qui novello Orfeo, si trova a combattere una guerra
contro se stesso, nel vano tentativo di liberarsi da questa trappola sentimentale
(Sono/ un petalo impigliato/ al
tuo uragano), sebbene sia davvero
cosciente dell’enorme difficoltà che tale proposito comporta. “E ti sei fatta luna/ pesce/ uccello/ nicchio della fotosfera/ incolmabile di luce/ fucsia/ della mia dimenticanza non occasionale/ Tutto/ pur di rinnegarti è giusto/ anche l’abbraccio delle mantidi/ sul vertice di sere/ pur di non averti/ col perfido candore delle albe/ nella stanza cubitale del gran sonno/ che straripa adesso/ dell’alcool velenoso/ dei tuoi occhi”. Pochi versi asciutti, ma assai toccanti attraverso i quali l’autore svela pienamente la propria sfera emozionale e direi quasi, l’imbarazzo di un uomo ora costretto a dimenticare pur di continuare a vivere.“Ciò che ho perduto non ritrovo/ sulle indurite zolle/ del tuo incanto” afferma in Il dubbio come ipotesi e ciò sta a dimostrare ancora una volta come la genialità artistica sia legata al tormento o perché no, alle debolezze dell’essere umano.Una chiave di lettura simile può trovare, poi, applicazione anche nella lirica Un fuoco senza fiamme.Qui Interlandi si pone di fronte ad un altare virtuale e dialoga con un Dio di cui avverte l’esistenza, sebbene non riesca a catturarne la presenza e di conseguenza, l’azione benefica di purificazione.“Se
c’eri dentro il sogno/ io t’ho negato/ e non so dirti adesso/ due parole
due/ d’autentico rimpianto/ Il sale scende invano/ dal freddo arcobaleno/
dei tuoi occhi”.
Sono questi i versi conclusivi della poesia.Di certo, parole dure e forse eccessive, ma per le quali non credo si possa parlare di ateismo inteso come negazione della fede, quanto piuttosto di triste e cocente sconfitta di un credente.Se da una parte, dunque, un velo sottile di rassegnazione percorre l’intera opera, dall’altra non mancano neppure timidi accenni legati al desiderio di riemergere tipico dell’autore.“Ho
voglia ancora d’inebriarmi/ d’assaporare/ il miele dell’ignavia/ con l’ukulele
maldestro/ che ritenta/ inutilmente/ un’insensata melodia.
Insomma, è da questa anarchia dell’anima che Interlandi inizia un cammino tortuoso lungo il proprio spirito, con la consapevolezza però di possedere una raffinata vis poetica che senz’altro contraddistingue ogni pagina dell’opera ed in forza della quale è possibile sin da ora prevedere per costui un sicuro futuro letterario costellato da sempre maggiori successi. Daniele Spanò
Motivazione Se
è vero, come è vero, che poeta si nasce è altrettanto vero che il poeta
tramanda ai posteri l’espressione di un sentimento che gli attraversa
l’animo e che, nel caso di Giancarlo Interlandi, si identifica in un misto
di amore, rimpianto e rabbia per un inganno subito. E
non ci sembra di incorrere in errore se osiamo affermare che il suo verso
scorre musicale e armonioso in un dialogo, ben costruito che rasenta l’immaginario
nel contesto di metafore molto appropriate e, in ogni caso, originali. Versi
di incommensurabile fattura , dunque, non solo per i contenuti, ma anche
per l’accurata scelta lessicale con l’uso di termini desueti
e di linguaggi specifici ad effetto acustico ben orchestrato.
Aldo Italo Pagano
(Membro della
Giuria) Giancarlo
Interlandi è nato a Vizzini (CT) il 21/7/1943 e risiede ad Acitrezza.
Laureato in ingegneria, esplica l’attività di docente presso un Istituto
Professionale di Catania. In
campo letterario ha conseguito circa 150 primi premi. Nel 1985 gli è stato
assegnato il Premio della Cultura
della Presidenza del Consiglio. Ha
pubblicato sei raccolte di poesie:
Sul filo della memoria,
nel 1979, a cura del Gruppo “Libere Proiezioni” di Catania, Né
lacrime né incanti,
nel 1981, a cura del Circolo Culturale “Città di Merigliano”, Poesia
contro, sempre nel 1981, per i tipi di “Seledizioni” di Bologna,
Concerto per zufolo del Sud, nel 1985, a cura della’’Associazione “Realtà Nuova” di Cascano
(CE), Dalla parte di Telemaco, nel 1990, a cura della Segreteria del Premio “Francesco Petrarca”,
Poesia come sfida, nel 1991, a cura della Segreteria del Premio “Monferrato” e I
petali del niente,
nel 1994, a cura della Segreteria del Premio “Rhegium Julii”. Comitato
d'Onore On.
Nello Musumeci, Presidente Provincia Regionale di Catania Dott.
Nino Garozzo, Assessore alla Cultura, Provincia Regionale di Catania On.
Avv. Prof. Carmelo D'Urso, Sindaco di Riposto Dott.ssa
Mariella Di Guardo, Consiglio Comunale Riposto Prof.ssa
Maria Teresa Puleio, Università di Catania Prof.ssa
Simona Laudani, Università di Catania Prof.ssa
Gisella Padovani, Università di Catania Giuria Prof.
Enrico Carbone (presidente) Prof.ssa
Linda Auditore Prof.ssa
Milly Bracciante Prof.ssa
Graziella Carota Prof.ssa
Anna Castiglione Garozzo Prof.
Domenico Greco Prof.
Francesco Micalizzi Poeta
Aldo Pagano Prof.
Giuseppe Pavone Dott.ssa
Pinella Puglisi Prof.ssa
Graziella Raciti Poeta
Daniele Spanò Prof.
Salvatore Vasta Prof.
Vincenzo Vasta Sig.
Corrado
Petralia (segretario) Opere
premiate:
Sez.
A
(Silloge edita) 1)
Per luce residua
- Alessandro Di Prima (BO) 2)
Il pianto di Ulisse
- Veniero Scarselli (AR) 3)
Quando la luna ospita
i pensieri
- Benito Galilea (RM) 4)
I miei colori
- Emiliano Cribari (FI) 5)
D'incompiute emozioni
- Giovanni
Ferrara (RC) Sez.
B
(Silloge inedita) 1)
Un'anarchia nell'anima
- Giancarlo Interlandi (CT) 2)
Il tempo veloce
- Franco Gobbetti (BS) 3)
Spigolando qua e là
- Anna Stazzone (MI) 4)
La pioggia improvvisa
-
Nicola Martino (FR) 5)
Punto di domanda
- Giuseppe Samperi (CT) Opere
segnalate: Uomo,
mio padre -
Giuliano Corsi (TE) Ave
Maria
- Giovanni Quartarone (ME)
Sez. C (Poesia singola inedita in lingua italiana) 1)
Top model -
Tullio La Sala (PD) 2)
Canicola sikana
- Paolo Salamone (CT) 3)
Dall'altra parte del mare
- Silverio Scramoncin (RM) 4)
Emozioni apatiche
- Mirco Sanchini (SI) 5)
Fratello caro -
Salvatore D'Ascia (NA) Opere
segnalate: Semaforo
rosso
di Gennaro Cupiraggi (BO) Poeta
di
Enzo Gentile (MO) L'eco
di
Luigi La Cono (ME) Ode
al compagno di banco
di Elena Lelli (BO) Primavera
1999
di Maria Valvo (CT); Danza di un Buddha di Manlio Visintini (TS) Sez. D (Poesia singola inedita in lingua siciliana) 1)
A na maestra di scola
-
Vito Tartaro (Ramacca - CT) 2)
W la puisia
- Agatina Motta (Pedara - CT) 3)
Ciovi -
Salvatore Vicari (RG) 4)
È mmernu
- Isidora Messina (Giarre - CT) 5)
U piaciri di campari -
Angelo Vecchio (Acireale - CT) Opere
segnalate: Tristi
ritornu
di Pina Irrera (ME) Barca
'ncatinata di
Salvatore Puglia (Taormina - ME) Sez. E (Poesie singole inedite di Poeti stranieri) 1)
L'attente -
Barbara Serdakowski (Polonia) 2)
Modus vivendi -
Soucek Snjeska (Croazia) 3)
La miniera -
Isabella Flego (Slovenia) 4)
El alma -
Emma Villarreal de Comacho (Messico) Sez. F (Racconto inedito) 1)
L'orologio -
Francesco Castorina (MI) 2)
La battaglia di Milazzo
-
Marcello Amico (ME)
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L'EQUIVOCO
DEI VERSI Forse stasera
mi sorprenderai nel
nido immacolato della pagina Ma
non per questo devi
illuderti se
incastonata brilla
l'alba nel
rebus rovescio dei
miei incanti Forse non
è vano ricordarti il
glamour di giorni saturi
di rabbia e
il sole nero che m'abbaglia dal
bianco mare della carta Oggi
ti rendo un grido che
s'innalza dal
gelo di
ferite intatte dentro
l'anima dal
riso dei
miei flash ineluttabili Un
diadema d'illusioni si rinsalda e
non sai se è vivo un
pianto sotto
la finta copertina dei miei sguardi in
quest'assurdo guazzabuglio
di menzogne.
IO
NON COMPRENDERÒ Non
credere che
il sale si distacchi dai
petali d'un sogno nell'abisso È
il non saziabile che
scalpita nel sangue con
ali di cicogne che
sbattono sul mondo e
un gelsomino che
scoppia all'orizzonte Io
non comprenderò come
si possa piangere due volte il
gelo d'una
stessa morte sulle
foglie mentre
il sublime irrompe dagli
occhi delle statue nella
notte. UN
FUOCO SENZA FIAMME Perdonami
Signore se
non ardo Troppo
e poco il
sole m'ha inebriato per
esserti fedele nell'inganno Traluce
da penombre il
tuo splendore ma
non tocca il
vertice di marmo della
mia aporia congenita
nel sangue della
mia stella fredda
sulla fronte Qui me
ne sto svogliato ai
vuoti antipodi del caos tra
le sfilacciate nubi d'un letargo sulle
ignominiose scale del distacco e
non posso dirti che stia bene tra
le fredde mura di Gerico rinata né
che mi ritorni la
forza d'un David nell'anima Se
c'eri dentro il sogno io
t'ho negato e
non so dirti adesso due
parole due d'autentico
rimpianto Il
sale scende invano dal
freddo arcobaleno dei
tuoi occhi. SULL'INUTILE
ESSENZIALE Nulla
che m'appartenne può tornare Non
i sogni avviluppati
alle tue ciglia né
la circonferenza d'un ricordo nel
nido dell'infanzia Se
mai ti chiamerò - Euridice - tu
non riapproderai alla foce di
lunghi fiumi inesorabili
nel sonno È
nell'effimero perduto il
segno imperituro della pietra il
mio alimento di sgomento per
i giorni Ciò
che mi sopravanza basta al
fumido estuario dei ricordi Tutto
è di più della
sua essenza della
sua caduta e del risveglio al
vertice di fiabe Per
troppo che si canta il
cielo svela le sue crepe e
tu le tue ferite col
sale impietoso dell'inganno Forse
ritornerai sotto
la grande farnia a
stringere il celeste sull'inutile
essenziale all'ombra
della pietra che
azzanna assiduamente le
tue ali. UN
PETALO IMPIGLIATO Se
una speranza ci rimane soffocheremo
infine anche
quest'ultima farfalla Ho
dimenticato le ginestre e
le corolle sgualcite ai
davanzali Mai
d'un sogno fu
l'inferno più accanito mai
così maligna la
zizzania rimasta fra
le dita Sono
un
petalo impigliato al
tuo uragano Questa la
verità più atroce che conosco o
mia Euridice pallida
di lune tra oleandri E
non sarà una
febbre di vendemmie a
scioglierti riverberi
di fragole sul volto né
la volpara a trattenerti il
sangue sulla
correntia di storie senz'incanti Certo
mai più lo
zefiro d'un tempo squasserà
merletti sul
candido turgore dei
tuoi seni.
IL
DUBBIO COME IPOTESI Ed
ora sfida il dubbio ciò
che crebbe in
pleniluni di memoria Non
dire adesso
sono qui nel
vortice d'un sogno nel
rosso sciabordio di primavere perché
la filigrana disincanta e
più delle tue fiamme il
torcersi d'un fiume ci
corrode Più
non sei nel margine di
ciò che si rimpiange anche
se il voltapietre ti
riagguanta e
l'ulula squittisce Ciò
che ho perduto non ritrovo sulle
indurite zolle del
tuo incanto Nulla
rigermoglia ai davanzali che
non sia intrecciato al
fremito d'un dubbio con
la limantria inquieta fra
i capelli a
rodere e a negare ciò
che il cuore finse eterno e
l'abitudine corrose fra
le mani. TORMENTO
D'ULISSE Penelope
non posso Più
non supplicarmi dal
vortice d'un sogno che
sfavilla di memorie e
che mi porto addosso come
una fresca aurora Un'anarchia
più forte rode
il canapo di vele sul
mio fianco scioglie
il mio caricabbasso dal
ricordo Penelope
non posso stavolta
il mare è lungo più
della tua tela più
di tutto ciò che m'addolora anche
se mi sembra amore ed
è una
ragnatela dissonante di
nostalgie chiassose che ubriacano Non
crocifiggermi nel sogno Sai
del gocciolio che strugge il
gelo della pietra del
babau che rugge in
fondo ad ogni giorno Penelope
non posso Mai ti
dico mai mai
più ritornerò alle sponde di
quel mio sud malato
di memorie. TU
NON LO PUOI SAPERE Dapprima
era il corallo ora
è la nostalgia del
tuo sorriso di ragazza E
me ne vado ultimo
ramingo appresso
al fiume del rimpianto come
un Orfeo bastardo Ma
non chiamarmi reprobo due
volte se
di te mi disinfesto e
al volutabro più obbrobrioso mi
risciacquo Il
giglio d'acqua mai
ci benedisse Non
eri tu Euridice né
io adesso sono Orfeo Ci
resta una
dicotomia non esalata di
stagioni senz'inganno E
se dalle riviere il
piede asciutto del
libeccio torna e
dai palmizi fruscianti il
grido affranto non
un solo sonno basterà
stasera a riscattarmi Tu
non lo puoi sapere quant'è
amaro
il
sale masticato del
rimpianto. SULL'INUSITATA
ROTTA D'UN RIMPIANTO Questo
di te - Euridice - la
storia non racconta dei
fiumi che
hai ingrossato con il pianto dei
sogni che
hai macchiato con il sangue Mai
ti rivedrò con l'onice d'un'alba
variegata sulla
fronte col
giallo di mimose fra
le chiome Non
credere di
mettere ogni cosa al
riparo che
fu delle farfalle Mai
non venne un'ora che
ci nutrì d'azzurro la
memoria Non
il firmamento si
rituffa adesso nei
tuoi occhi non
la ghiaccia aurora mi
riporta l'eco d'un
obliterato grido dell'infanzia Siamo
soli o
mia speranza sull'inusitata
rotta d'un
rimpianto. IL
PIOMBO DELL'ASSENZA Hai
lasciato che tutto rimanesse all'alveo
antico dove
il vilucchio ha
messo i suoi rizomi e
l'agave ora muore Ogni
ritorno ha
il piombo dell'assenza ogni
ricordo la
folaga sperduta delle acque Questo
ti dico adesso dei
miei giorni una
serra di spargoli mirtilli senza
più pastoie di ciuffi biondi Non
attendere più l'antica
lenza né
l'asprezza della pomice sul volto Ho
voglia solo di
gridarti il mio disgusto Ma
poi mi conto i sassi nella tasca e
mi sorprendo ancora di
volere troppo anche
ciò che il limodoro non aveva e
la marruca nascondeva in
fondo al fosso. CHISSÀ
SE UN GIORNO Per
certezza di morte ora
ti dico che
già la volucella s'affatica e
che la vipera del sangue s'è
impigrita Chissà se
un giorno tornerà una
primavera come
quella che c'è stata Eppure
io ti dico che
mai fui disperato che
mai mi
scompigliò uragano le
redini acquose delle vene Ho
voglia ancora d'inebriarmi d'assaporare il
miele dell'ignavia con
l'ukulele maldestro che
ritenta inutilmente un'insensata
melodia. UNA
LIPOTIMIA NON TEMPORANEA Tutto ho
dimenticato dell'infanzia dell'azzurra
seta del
mio vestito di speranze Una
lipotimia non temporanea mi
divora e
m'è impossibile tornare su
quei sassi Mai
saprai perché la
fuga inizi da
scrimoli di sogno dal
glamour di giorni irresistibili
di fiabe Né
ti posso dire il
mio bagaglio perché preme perché
sfugge dal suo nido il
balestruccio raggelato Ti
vorrei serena nel
frigidario della morte che
sconosco senz'embrice
di sole sulle
mie zolle variegate E
mi sorprendo invece di
non più desiderare le
ali magnifiche del gheppio sulla
celeste pietra del
tuo mare. ASSENZA
DI MOTIVAZIONE Io
non lo so perché
ti venni dietro mia
misteriosa Arianna di non senso Un
perché neppure
alle cicogne saprei dirlo Solo
mi ricordo il
fomite del dubbio il
prodromo selvaggio delle fiabe Ma
non so dirti un
solo verbo che riquadri tutto un
fondo che sia d'albe alle tue tracce E
sono qui ai
piedi delle statue con
un barbaglio ingenuo nello
sguardo a
fingere di dire una
loiolesca certezza delle labbra Ma
nulla te
lo giuro mi
risospingerà tra le tue braccia Non
una ragione sola il
turbine mi porge per
risventolare il drappo dell'infanzia E
non ho sogni né
favole per dirti come
sia più immite e più distante quel
livido alabastro col tuo sangue dov'è
il profilo illune d'una
stagione saccheggiata
di speranze. DELLA
MIA DIMENTICANZA NON OCCASIONALE Ogni
cosa vissuta ora
m'azzanna Ed
è dell'anarchia più forte il
gelo della volta cresciuta
sui miei occhi il
non credere di credere più
acuto della morte Tutto
di te - Euridice - il
marabù ha sottratto dai
ricordi E
ti sei fatta luna pesce uccello nicchio
della fotosfera incolmabile
di luce fucsia della
mia dimenticanza non occasionale Tutto pur
di rinnegarti è giusto anche
l'abbraccio delle mantidi sul
vertice di sere pur
di non averti col
perfido candore delle albe nella
stanza cubitale del gran sonno che
straripa adesso dell'alcool
velenoso dei
tuoi occhi. COLPEVOLE
DI TUTTO E
ora non dire che
la vita se n'è andata Qui
rinnego tutto stasera che
vuoi dare un senso alle parole che
non hai capito l'ecolalia
che affligge il
mio bisogno di esondare di
purgarmi d'ali e di celeste in
questa notte di cicale In
risposta al dubbio accetta
le mie rose disperate la
distonia del
mio insaziabile ukulele il
giallo del nasturzio che c'inonda dal
pergamo di pietra ove
l'aspide s'è assisa Colpevole
di tutto nell'ora
che reclama l'innocenza io
sulla terra ignava getterò
lo scudo e
senza l'indice d'Arianna troverò
la foce ove
acquietare le speranze e
seppellire il seme delle
più ardenti brame dell'infanzia. MIA
FERITA OSCURA Tutto
ormai so del
velenoso morso delle fiabe Ma
se mi chiedi un
solo grido adesso un
solo incanto dei
miei inutili cent'anni accovacciati
al chiaro di verande non
posso non urlarti il
disappunto del mio inganno Terribile è
quel giorno della vita che dismaga Di
favole si muore ad
ogni istante E
oggi ti grido questo che
mi sembra certo come
il cubitale sospiro della morte e
l'esatto candore del rovescio Ti
grido il nome delle assenze dentro
il petto il
nome dei nemici smascherati
dalla carne Né
un addio ora basta per
la tua litura esatta sulla
pagina Ti
sopporterò per sempre mia
ferita oscura col
burbero libeccio sulle guance e
con la luce ambigua d'un'alba che
precipita nell'anima.
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Opere
premiate nelle edizioni precedenti del Concorso
Internazionale di Poesia “Il
Faro d’Argento” I - Edizione 1992 Sez. A - Poesie in lingua italiana: 1)
Deserto
di Paolo Calafiore (Catania); 2)
Vieni in Sicilia di
Angelo Vecchio (Giarre - CT); 3) La corriera del nuovo giorno di Mauro Milesi (Roma); 4) Per un sorriso che muore di Pinella Musmeci (Acireale - CT); 5)
Confessione di
Vincenzo Andraous (Voghera - PV); ex
aequo) Bimbo di Somalia di
Giuseppe Fassari (Catania). Sez.
B - Poesie in lingua siciliana: 1)
L’emigranti di
Rosario Leotta (Sant’Alfio - CT); 2)
Quannu splenni ‘na stidda ‘ncelu di
Riccardo De Pasquale (Catania); 3)
Scena marina di
Rosario Contarino (Giarre - CT); 4)
Pirchì vinisti? di
Rosario Torrisi (Gaggi - ME); 5)
U piscaturi di
Renata Calabretta (Riposto - CT). II
- Edizione 1993 Sez.
A - Poesie in lingua italiana: 1)
I giorni dorati di
Sergio Barbieri (Voghera - PV); 2)
Poesia priva di virgole di
Giancarlo Piciarelli (Roma); 3)
Il cammino di
Nerina Anastasi (Catania); 4)
Fossa Comune di
Paolo Calafiore (Catania); 5)
Sereno è colgliere di
Giovanni Baldacci (Repubblica di S. Marino). Sez.
B - Poesie in lingua siciliana: 1)
‘N chiovu ‘nta cuscenza di
Angelo Vecchio (Giarre - CT), 2)
Repitu di matri di
Alberto Lo Verde (Palermo); 3)
Malincunia di
Riccardo De Pasquale (Catania); 4)
Bellu spampinari di
Wanda Melfa (Enna); 5)
Lu faru di
Salvo Tucci (Catania). III
- Edizione 1994 Sez.
A - Poesie in lingua italiana e straniera: 1)
Se vivere di
Alba Arcidiacono (Carlentini - SR); ex
aequo) El reloj detuvo nel su andar
di Nelsa Paz (Uruguay); ex
aequo) A Riposto di
Carmelita Randazzo Nicotra (Catania); 2)
Tre bambine turche di
Angelo Vecchio (Giarre - CT); 3)
Flusso di pensieri
di Consolata Di Bartolo (Catania); 4)
Il mio canto di
Helena Dromazos (Atene - Grecia); ex
aequo) Jugoslavia di
Roberto La Paglia (Catania); ex
aequo) La finestra rotta di
Nick Moshovos (Salonicco - Grecia); 5)
Messaggio di
Nerina Anastasi (Catania). Sez.
B - Poesie in lingua siciliana: 1)
Sta notti mi ‘n sunnai di
Giovanni Formisano (Catania); 2)
Duci campagna mia di
Riccardo De Pasquale (Catania); 3)
La me vecchia strata di
Salvo Tucci (Catania); 4)
Amuri di matri di
Rosario Leotta (Sant’Alfio - CT); 5)
Etna, paradisu ddi la Sicilia di
Luigi D’Agata (Catania). IV
- Edizione 1995 Sez.
A - Poesie in lingua italiana e straniera 1)
Non chiedermi chi sono di
Salvatore Leone (Delia - CL); 2)
I vecchi di
Salvatore Puglia (Taormina - ME); 3)
I labirinti della solitudine di
Sergio Barbieri (Voghera - PV); 4)
Tramonto di
Nino Cirrincione (Bagheria - PA); ex
aequo) Ulivi di
Eliseo Pisinicca (Panicarola - PG); 5)
Amo, amo di
Filippo Belfiore (Piedimonte Etneo - CT). Sez.
B - Poesie in lingua siciliana: 1)
Scuta li me’ paroli di
Franco La Pica (Taormina - ME); 2)
Lampari di
Salvo Tucci (Catania); 3)
A me’ matri di
Piera Lo Jacono (Cefalù - PA). V
- Edizione 1996 Sez.
A - Poesie in lingua italiana: 1)
Solo il soffio del vento di
Ivano Mugnaini (Massarosa - LU); 2)
Al tramonto di
Elena Cimino (Gela - CL); 3)
Pescatori di
Giuseppe Risica (Tonnarella - ME); 5)
E quando ... di
Alba Arcidiacono (Carlentini - SR). Sez.
B - Poesie in lingua straniera: 1)
Instante gris di
Nelsa Paz (S. José - Uruguay); 2)
Viswa Geetan (Mounam) di
Mangalam Ramamoorthi (India); 3)
Hoy yo no se di
Teresa Nelide Marzialetti Mariani (Libertad - Uruguay); 4)
Espera di
Emma Villarreal de Comacho (Messico). Sez.
C - Poesie in lingua siciliana: 1)
La carusanza di Vito Tartaro
(Ramacca - CT); 2)
Culura di la me’ terra di
Giovanni Noto (Aci S. Antonio - CT); 3)
U bisognu di
Franco La Pica (Taormina - ME); 4)
Timpesta di
Salvo Tucci (Catania); 5)
All’ebbica di
Giovanni Bonaccorso (Acireale - CT) VI
- Edizine 1997 Sez.
A - Poesie in lingua italiana: 1)
Ritornando a Praino, padre di
Andrea Di Pietro (Giarre - CT); 2)
Dove l’oleandro s’infiora di
Girolamo Savoia (Palermo); 3)
Il vecchio e il pescespada di
Marco Guglielmino (Torino); 4)
Emigrante di
Roberta Stincardini (Perugia); 5)
Laureana di Daniele Spanò (Messina). Sez.
B - Poesie in lingua straniera: 1)
La carezza di
Evangelos Parameritis (Atene - Grecia); 2)
En la mañana di
Teresa Nelide Marzialetti Mariani (Libertad - Uruguay); 3)
Tienes di
Emma Villarreal de Comacho (Messico). Sez.
C - Poesie in lingua siciliana: 2)
Inquinamentu ecologicu vistu di
l’api di Rocco Valenti (Capo
d’Orlando - ME); 3)
Emigranti di
Mario Bonanno Conti (Messina); 4)
L’amuri ranni ro Signuri di
Paola Ferraro (S. Pietro in Casale - BO); 5)
La libbertati di
Alfonsina Campisano Cancemi (Caltagirone - CT). VII
- Edizione 1998 Sez.
A - Poesie in lingua italiana: 1)
Il cielo oscurato di
Nicola Martino (Veroli - FR); 2)
Rosa d’Alzheimer di
Maria Grazia Landi (Viterbo); 3)
Le notti d’inverno di
Gennaro De Falco (Napoli); 4)
Chiara la luna di
Marcello Amico (Messina); 5)
Muti indizi di
Elena Cimino (Gela - CL). Sez.
B - Poesie in lingua straniera: 1)
Testamento di
Nelsa Paz (Uruguay); 2)
Ritratto del pianeta testa di
Ferit Lamaj (Albania); 3)
Third movement di Kim Yong Pall (New York - USA); 4)
Llevar o ser llevado di
Santiago M. Bao (Argentina). Sez.
C - Poesie in lingua siciliana: 1)
A ‘n amicu ca parti pi l’Australia
di Vito Tartaro (Ramacca - CT); 2)
Patri di
Paolo Salamone (Palagonia - CT); 3)
Belle di notte di
Michele Lizzio (Roma); 4)
Vecchia campana di
Diana Franca Ferraro (Palagonia - CT); 5)
Mi piaci pinzari di
Salvatore Puglia (Taormina - ME). Sez.
D - Silloge inedita: 1)
Collezione di attimi di
Serse Cardellini (Monteciccardo - PS); 2)
Vocativi filiali di
Giuseppe Samperi (Castel di Judica - CT); 3)
Acqua frisca di
Wanda Melfa (Enna). Sezione
E - Silloge edita: 1)
Moltitudine sola di
Franco Gobbetti (Desenzano - BS); 2)
Vespero di
Vittoria Gigante (Messina); 3)
Convito di ninfe di
Giuseppe Bevilacqua (Piazza Armerina - EN). Sez.
F - Racconto inedito: 1)
Il ritratto di
Giuseppe Risica (Tonnarella - ME); 2)
Il sogno d’un manichino musicista
di Letizia Santanna (Prato).
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