Antonio Porchia, uno scrittore italo-argentino
di
Miguel Santiago Bao
(traduzione
di Salvatore Statello)
Antonio
Porchia nacque in provincia di Catanzaro nel 1886. Alla morte del padre, la
madre decise di emigrare in Argentina con i suoi sei figli. Antonio, il
primogenito, che in Italia aveva frequentato le scuole elementari, nel nuovo
paese dovette affrontare duri lavori. In
realtà non si conosce molto della sua vita, perché era alieno della pubblicità
e dall’ufficialità letteraria, in una lingua che non riconobbe mai come
propria. È
un vero esempio in cui la vita e l’opera vanno di pari passo. Avventura della
parola in cui si raggiunge la più alta espressione dell’uomo, del suo dramma
e del suo prodigio. Cominciò
presto a relazionarsi con pittori e scrittori di Boca, un rione di Buenos Aires,
a cui restò sempre legato. Pubblicò i suoi primi lavori (1938/39) su La
Fragua. Nel ’43, Porchia pubblicò il suo primo volumetto di aforismi.
Cinque anni dopo pubblicò una nuova serie di aforismi, con lo stesso titolo: Voces.
Questa volta, il critico francese Roger Caillois, di passaggio da Buenos Aires,
attenzionò l’opera, che tradusse in francese nel 1949. L’opera
ebbe subito risonanza europea. Nel 1950 Caillois scriveva su La
prensa di Buenos Aires, l’esistenza di un mistico indipendente locale.
Fu l’inizio del suo riconoscimento. A
partire dalla terza edizione (1956) si cominciò ad accostare l’opera di
Porchia a Eckhart, Kafka, Lao Tse, William Blake, Eraclito, ed ad altri che
Porchia non conosceva. Negli
ultimi anni praticò una specie di panteismo: credeva nella nascita del tutto, e
del tutto in esso. È
unanime l’opinione che Porchia non era un visionario, ma un realista profondo,
un creatore cosciente e laborioso, un essere in cui si coniugava un’unità
perfetta tra l’uomo e la sua opera. Una dimensione eroica che si trova solo
negli spiriti grandi (…). Spesso egli è accostato ad alcuni presocratici,
specialmente ad Eraclito, per questo tipo di pensiero aforistico che, in ultima
istanza, ci conduce a vedere. Esiste lì
un ultimo grado di opposizione dei contrari, che è la zona nella quale Porchia
si muove; e lì non c’è opposizione senza unità(…). Il suo uso dicategorie
assolute: tutto/nulla, portò alcuni eruditi intellettuali ad affermare che Voces, sia un mero gioco di parole (…). Ma come in ogni opera
artistica di alto valore, quella di Porchia deve essere in qualche modo,
ricostruita o riscritta dal lettore (…). In
Entretiens
1918/52,
André Breton dice: “Devo dire che il
pensiero più duttile di espressione spagnola è, per me, quella di Antonio
Porchia, argentino”. Il
nostro autore morì nel novembre del 1968. Qui
di seguito si riportano alcuni suoi aforismi: La
compagnia non è stare con qualcuno, ma essere in qualcuno. Una
ferita si spporta con un’altra ferita più grande, che a sua volta si sopporta
con un’altra ferita ancora più grande. E così, sempre. Parlami
di altre anime, non della tua, e così mi parlerai della tua anima. Chi
ascolta il silenzio, quanto muto dolore ascolta! Le
tue cose di bambino, non le tue cose di uomo, alimentano la tua anima di uomo. La
verità ha pochissimi amici e i pochissimi amici che ha, sono suicida. Ti
aiuterò a venire se vieni e non a venire se non vieni. Parla
con parole sue solo la tua ferita. Il
dolore non ci segue: cammina avanti. Andare
diritto accorcia la distanza e talvolta la vita. Talvolta,
di notte, accendo la luce per non vedere. Mi
è stato sempre più facile amare che elogiare. La
vita comincia a morire da dove è più vita. Piccolo
è colui che per mostrarsi si nasconde. Voleva
conquistare, però non conquistava. Perché voleva conquistare senza fatica. Chi
apre tutte le porte, può chiuderle tutte. Se
si guarda sempre la stessa cosa, non è possibile vederla. Temere
non umilia tanto quanto essere temuto. Non
porterò via la tua anima. Mi basta sapere che ce l’hai. I
meriti di una cosa non vengono da essa: vanno ad essa. Talvolta
mi occorre la luce d’un fiammifero per accendere le stelle. Il
male che non ho fatto, quanto male ha fatto! Chi
ha fatto mille cose e chi non ne ha fatto nessuna, sentono lo stesso desiderio:
fare una cosa. Se
imparo a non aver bisogno, ho bisogno. Un
uomo solo è molto per un uomo solo. Se
potessi uscire dalle tue pene, e lo faresti, sapresti dove andare fuori da esse. Un
cuore grande si riempie con molto poco. Credo
di non avere offeso, quando non mi sono difeso. Ci
sono cose che vivono a lungo perché sono morte. Talvolta
penso di arrivare in alto, però scalando gli uomini.
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