I
Poeti del Faro d'Argento
1999
Proprietà letteraria riservata
agli Autori
Introduzione
In un mondo
che fa della materialità il suo credo più diffuso la poesia spesso si
vede messa in un angolo, lontana dai cuori e dalle menti, distante da
quelle persone che ancora vivono in essa i ricordi ed i sogni, le speranze
e le delusioni. Se soltanto la Poesia, quella con la maiuscola, dei grandi
nomi trova i palcoscenici e gli spazi dove far sentire la sua presenza, la
poesia, quella dei piccoli gesti quotidiani e della semplicità, è
costretta ad inseguire effimeri voli in cerca della notorietà di un
attimo ed è subito inghiottita dal vortice della vita che insegue
successo e fama e distrugge chi rimane indietro. È quello il momento di
fermarsi a raccogliere i resti della nostra umanità, di cercare in un
sorriso o in un sogno il perché della vita, di guardarsi intorno e
riconoscere gli altri mondi che ci circondano, mettendoci in contatto con
loro e imparando a conoscere noi stessi.
Saper vivere
sentimenti, emozioni, delusioni e speranze, oggi è difficile. Ma è
proprio in questa difficoltà che nascono piccoli fiori delicati, sprazzi
di vite che insegnano qualcosa, quadri e tenui ritratti di mille attimi
preziosi, ognuno con un messaggio e con un insegnamento che, tutte
insieme, danno al futuro un tenue colore di speranza.
Un premio di
poesia è l'ala che fa volare in alto queste vite e riesce ad unire tanti
mondi diversi sotto il vasto cielo dell'arte. "Il Faro
d'Argento", giunto ormai alla sua VIII edizione, nella sua veste di
Premio Internazionale di Poesia, ha sempre accolto questi segnali e ha
dato loro l'ampio spazio dove incontrarsi e diventare le voci della
speranza, dei sentimenti e delle emozioni.
Ogni poesia,
ogni opera, ogni verso, apre nuovi orizzonti, porta alla luce tanti mondi
diversi e regala a tutti la luce del futuro.
Ma un premio
di poesia non può esistere senza i Poeti. E a loro vanno i
ringraziamenti, senza pensare a fare distinzioni tra vincitori e non, ma
guardando con profondo rispetto ai loro sentimenti e alla loro voglia di
regalare a tutti testimonianze preziose dei loro mondi che spesso
rischiano di andare perduti.
Un
ringraziamento doveroso a tutti i membri della Giuria che hanno
collaborato alla realizzazione del Concorso con innegabile ed inesauribile
spirito di sacrificio.
Un grazie
all'Amministrazione della Provincia Regionale di Catania, del Comune di
Riposto e dell'A.A.P.I.T. di Catania per il patrocinio e per la
collaborazione. Un ringraziamento ancora ai membri del Comitato d'Onore
che, con la loro presenza, hanno dato ulteriore lustro alla
manifestazione.
Un
ringraziamento, infine, a Graziella Carota, Domenico Greco, Aldo Italo
Pagano, Giuseppe Pavone e Daniele Spanò, che, a nome della Giuria, hanno
curato le motivazioni delle opere premiate, e a Francesco Micalizzi,
curatore delle traduzioni delle poesie in lingua straniera.
Si ricorda
che le opere pubblicate in questo volume sono quelle espressamente
autorizzate dagli Autori.
Corrado Petralia
Prefazione
In questa sede è mia intenzione dare un qualche
cenno intorno alla funzione che la poesia possa svolgere nella realtà
odierna in così rapida trasformazione da essere
diversa da quella di appena un decennio fa e sempre più complessa
anche per i nuovi linguaggi multimediali utilizzati e per lo strapotere
che hanno acquistato i mezzi di comunicazione di massa e le nuove tecnologie della comunicazione.
In una epoca di civiltà minima qual è quella nella
quale viviamo, e dico epoca di civiltà minima non perché io pensi che
gli esseri umani siano regrediti rispetto ai secoli trascorsi, ma perché
penso che gli uomini, considerati nella
loro totalità, rispetto ai millenni futuri, durante i quali è
ipotizzabile che loro animalità diminuirà sempre più mentre viceversa
crescerà sempre più la loro
umanità, siano ancora oggi gravati, da immaturità e inconsapevolezze che
li fanno scarsamente civili.
Pochi millenni di storia non
bastano a realizzare la civiltà.
Io sono convinto che noi uomini siamo appena
all’inizio del nostro cammino.
In un’epoca che, per quanto abbiamo appena detto,
consideriamo di civiltà minima nella quale molti non valori hanno il
sopravvento sui valori e antiche culture, con tutto ciò che di buono ed
anche di inattuale avevano, scompaiono velocemente incalzate e distrutte
da un’ansia di novità senza radici; in un’epoca di civiltà minima
nella quale la violenza sembra avere il sopravvento sulla ragione e
l’aggressione dell’uomo sull’uomo, raccapricciante e brutale, è
cronaca quotidiana; in un’epoca così fatta in cui messaggi pubblicitari
inquinano la consapevolezza dell’intelligenza e
nella quale gli uomini, per sete di ricchezza, distruggono milioni
di ettari di foreste e stracciano la coltre di ozono; in un’epoca così
fatta durante la quale… e si potrebbe continuare per centinaia di pagine
ad evidenziare comportamenti che, alla luce di quanto abbiamo detto sopra,
possano essere ritenuti non altamente civili, quale funzione può
esercitare la poesia? Ammesso che in un’epoca siffatta la poesia possa
ancora svolgere una funzione.
E io dico di sì. Come ieri anche oggi la poesia ha
una funzione importante da svolgere. Infatti credo che in un’epoca qual
è la nostra, essa possa essere, ed è, elemento di progresso dell’uomo
verso l’affermazione della sua umanità e, in quanto tale dovrà
continuare ad essere scritta e divulgata. Sono convinto infatti che non
potrà mai accadere che la voce della poesia possa essere soffocata da
qualsivoglia potere e fatta tacere poiché il poeta, in quanto tale, è libero e
«ribelle», nel senso che non si adegua al banale, alla routine, e, per
quanti vantaggi gli possano derivare, egli non si lascerà condizionare
a scapito della ricerca della verità e del bello.
La poesia si concretizza attraverso momenti e tempi
speciali che non appartengono alla quotidianità e attraverso esperienze
che trascendono gli affanni del contingente.
Quando il poeta scrive si ritrova in una atmosfera
che lo innalza dalla terra, che lo fa levitare, che lo porta oltre la
corporeità e la pesantezza dell’aria. Nel momento della «creazione»
il poeta non appartiene alla terra. E già, solo per questo, la poesia
esercita una funzione di catarsi almeno per chi scrive.
Io non credo che quando il poeta scrive, realizzi una
fuga dal reale, bensì credo che egli acceda ad un’altra dimensione che
non è quella delle ansie e delle gioie della quotidianità, ma di ansie
che possono essere anche gioiose e di felicità che a volte possono anche
fare soffrire inserite in visioni e paesaggi interiori che cercano di
diventare visibili.
E allora può succedere che il poeta riesca a godere
e a trasmettere l’emozione della bellezza struggente della terra e a
piangere per il dolore del mondo, o a ridere della luce dell’alba e a
smarrirsi nei bagliori infuocati e rossi e a volte anche crudeli del
tramonto, a squarciare pezzi di cielo, ad inquietare le coscienze, a
cercare verità impossibili e ad instillare, con il vino liquoroso dei
versi, il dolce veleno del dubbio.
Mi sia ora consentito fare delle considerazioni non
direttamente derivate dalla presidenza
di questa commissione bensì da più generali e larghe esperienze.
Tra la folta schiera di persone che scrivono poesie
può anche capitare di incontrare chi, in qualche componimento,
all’alto, nobile e delicato sentire non faccia seguire poi un’opera
poeticamente molto prestigiosa. Oppure accade anche di leggere opere la
cui forma e lessico si rifanno, e non per scelta stilistica ma per
educazione letteraria, alla tradizione ottocentesca oppure alla produzione
poetica del Carducci, di
Pascoli o di D’Annunzio. Eppure anche queste che abbiamo detto, noi
riteniamo essere poesia e apprezzabilissima la sua produzione. Poesia che
non avrà presumibilmente ampia
risonanza, espansione e diffusione, che potrà anche essere degnamente
resa pubblica, che verrà letta in un contesto ristretto, che potrà anche
servire a gratificare chi scrive che, scrivendo poesia, riesce a dare alla
vita dei bagliori che servano a far vedere e godere atmosfere e paesaggi
interiori altrimenti invisibili.
Poi c’è la poesia che colpisce, che meriterebbe
anche una più ampia attenzione e divulgazione che, molte volte, non
riesce ad avere. Quella poesia che può anche inebriare della luce della
vita e pure della morte, quella che rievoca ricordi ancestrali che
penetrano nella carne, che procura brividi ritmici e caldi che fluiscono
per il corpo con il sangue, quella che induce a vivere tutti i giorni come
miracolo e ad intraprendere ascese
vertiginose, quella che invoglia ad essere e a fare e che, nello stesso
tempo, può allontanare dal corpo e dalla terra, quella che induce a
considerare il limite del corpo in tutta la sua assoluta immensità
e a vivere l’eternità
dell’attimo, quella che fa soffrire e godere contemporaneamente del
dissidio esistente nell’indissolubilità
delle luci e delle ombre armonizzate in un tutt'uno.
Ma per fare ciò il poeta oltre che avere profondità di
sentire deve possedere anche l’arte della parola. E non credo che
l’arte della parola si impari per studio o solo per studio. Il dono,
dunque, per riuscire a comporre le parole in maniera che evochino intense
emozioni: parole a volte così sottili, così impalpabili, così leggere
che parlano in musica e delle quali più che il significato letterale si
comprende il fiato che le accompagna e le figure retoriche che si
susseguono a illuminare di significati, concetti che detti in altra
maniera ci vorrebbe una pagina, là dove il poeta invece riesce con un
sola parola e tutto allora diventa chiaro
anche attraverso l’ossimoro, l’analogia, l’iperbole, l’ipotiposi,
la metonimia, eccetera.
Allora tutto diventa chiaro, dicevamo, anche la
microscopicità smisurata della terra e la limitatezza delle eccelse cime
innevate, l’esiguità dei mari e degli oceani e la grandezza di una sola
goccia d’acqua, la lontananza irraggiungibile dell’aria e la contiguità
del sole, dei pianeti e degli astri notturni, i confini prossimi
dell’infinito e i limiti stringenti dell’eternità.
Tentare dunque, attraverso la parola, la ricerca di
ciò che sarà, di ciò che è e di ciò che
invece si è perduto nelle centinaia di migliaia di anni da che
l’uomo è uomo, è compito
del poeta, depositario del
mistero che si fa luce a sprazzi e che comunque egli sa che si trova
nell’universo uomo e nell’universo che sta fuori dell’uomo che, per
essere universi, possiedono molto in comune.
Andare
dunque il poeta nello spazio, in spazi anche minimi che comprendono le
regioni disperse dell’infinito, e nel tempo, ovunque, alla ricerca della
verità e, pur non
raggiungendola, comprenderne però alcuni frammenti come per esempio, il
significato nascosto e trascendente delle antiche colonne scanalate e gli
estrosi pensieri dei capitelli, il miracolo degli archi, l’ansia delle
guglie, la speranza quieta dei chiostri, la prosopopea del potere nella
jattanza superba dei palazzi e delle chiese, la leggerezza degli affreschi
su volte e pareti che smettono di esistere, i sogni degli artisti
rinchiusi nei musei. E riscoprire, anche per la parola, il mistero
inquietante della donna, raccontata con nudi luminosi e con sorrisi chiari
di mistero. E ancora la speranza senza confini dell’attimo e la certezza
che limita e costringe almeno che non sia certezza incerta. E il miracolo
dell’amore nell’incontrarsi degli sguardi e dei pensieri, nello
sfiorarsi delle mani, nel fondersi
dei corpi. O indagare quell’attimo eterno in cui si nasce, con dolore,
alla morte e si è proiettati dove corpo e materia, spazio e tempo non
hanno più senso.
La parola del poeta dunque percorre tutti gli spazi,
quelli esistenti e quelli che non esistono e tutti i tempi, da prima
dell’inizio a dopo la fine. Esplora il poeta le possibilità della
lingua per comunicare all’uomo pensieri, sentimenti, emozioni altrimenti
non comunicabili.
Allora possiamo ben dire che, da quando l’uomo ha
avuto coscienza di sé, nelle società umane, sono sempre esistiti i
poeti, ancor prima che esistesse la scrittura, e i loro canti venivano
tramandati verbalmente e considerati patrimonio delle comunità. Così io
credo che anche nel futuro, sebbene in un mondo profondamente trasformato
nel quale il libro potrà anche essere sostituito da qualche strumento
tecnologico oggi nemmeno lontanamente immaginabile, anche in un mondo
organizzato diversamente dal punto di vista politico e sociale, risuonerà
sempre la voce del poeta ad indicare agli uomini nuovi e più ampi
orizzonti di umanità.
ENRICO CARBONE
Comitato
d'Onore
On. Nello Musumeci, Presidente Provincia Regionale di
Catania;
Dott. Nino Garozzo, Assessore alla Cultura, Provincia
Regionale di Catania;
On. Avv. Prof. Carmelo D'Urso, Sindaco di Riposto;
Dott.ssa Mariella Di Guardo, Consiglio Comunale Riposto;
Prof.ssa Maria Teresa Puleio, Università di Catania;
Prof.ssa Simona Laudani, Università di Catania;
Prof.ssa Gisella Padovani, Università di Catania.
Giuria
Prof. Enrico Carbone (presidente)
Prof.ssa Linda Auditore
Prof.ssa Milly Bracciante
Prof.ssa Graziella Carota
Prof.ssa Anna Castiglione Garozzo
Prof. Domenico Greco
Prof. Francesco Micalizzi
Poeta Aldo Italo Pagano
Prof. Giuseppe Pavone
Dott.ssa Pinella Puglisi
Prof.ssa Graziella Raciti
Poeta Daniele Spanò
Prof. Salvatore Vasta
Prof. Vincenzo Vasta
Sig. Corrado Petralia (segretario)
Opere
premiate:
Sez.
A
(Silloge edita)
1) Per luce residua - Alessandro Di Prima (BO);
2) Il pianto di Ulisse - Veniero Scarselli (AR);
3) Quando
la luna ospita i pensieri - Benito Galilea
(RM);
4) I miei colori - Emiliano Cribari (FI);
5) D'incompiute emozioni - Giovanni Ferrara
(RC).
Sez.
B
(Silloge inedita)
1) Un'anarchia nell'anima - Giancarlo Interlandi (CT);
2) Il tempo veloce - Franco Gobbetti (BS);
3) Spigolando qua e là - Anna Stazzone (MI);
4) La pioggia improvvisa - Nicola Martino (FR);
5) Punto di domanda - Giuseppe Samperi (CT).
Opere
segnalate:
-
Uomo,
mio padre - Giuliano Corsi (TE); - Ave
Maria - Giovanni Quartarone (ME).
Sez.
C
(Poesia singola inedita in lingua italiana)
1) Top model - Tullio La Sala (PD);
2) Canicola sikana - Paolo Salamone (CT);
3) Dall'altra
parte del mare - Silverio
Scramoncin (RM);
4) Emozioni apatiche - Mirco Sanchini (SI);
5) Fratello caro - Salvatore D'Ascia (NA).
Opere
segnalate:
Semaforo
rosso di Gennaro Cupiraggi (BO); Poeta di Enzo Gentile
(MO);
L'eco
di Luigi La Cono (ME); Ode al compagno di banco di Elena Lelli
(BO);
Primavera
1999 di Maria Valvo (CT); Danza di un Buddha di Manlio
Visintini (TS);
Sez.
D
(Poesia singola inedita in lingua siciliana)
1) A na maestra di scola - Vito Tartaro (Ramacca - CT);
2) W la puisia - Agatina Motta (Pedara - CT);
3) Ciovi - Salvatore Vicari (RG);
4) È mmernu - Isidora Messina (Giarre - CT);
5) U piaciri di campari - Angelo Vecchio (Acireale - CT).
Opere
segnalate:
Tristi
ritornu di Pina Irrera (ME); - Barca 'ncatinata di Salvatore
Puglia (Taormina - ME).
Sez.
E
(Poesie singole inedite di Poeti stranieri)
1) L'attente - Barbara Serdakowski (Polonia);
2) Modus vivendi - Soucek Snjeska (Croazia);
3) La miniera - Isabella Flego (Slovenia);
4) El alma - Emma Villarreal de Comacho (Messico).
Sez.
F
(Racconto inedito)
1) L'orologio - Francesco Castorina (MI);
2) La battaglia di Milazzo - Marcello Amico
(ME).
|