L'IDEA DELLA MORTE IN FRANZ SCHUBERT
di
Giuseppe Emanuele Rapisarda
(“
Il Faro”, n° 5/6, gennaio-giugno 1997)
Il
compositore dell'inflazionata Ave Maria, della nota Serenata o
della sinfonia Incompiuta potrebbe apparire, considerando le melodie
attraenti di queste opere, come il protagonista di un mondo idilliaco, vissuto
tra un salotto e l'altro dove si è guadagnato gli attributi, spesso
contraddittori, di sentimentale, timido, problematico, gaio, ingenuo,
malinconico,
spensierato, simpatico. Da questi aggettivi comprendiamo che ogni persona che lo
ha frequentato lo descrisse in maniera soggettiva e antitetica rispetto agli
altri. Le composizioni citate non sono l'unica manifestazione della sua vena
artistica; mettendo in relazione le altre opere con il vissuto ci si accorge che
le ferite della sua anima sono innumerevoli: esperienze di dolore,
incomprensioni, crisi d'identità. Senz'ombra di dubbio una percezione integrale
dei sentimenti del compositore è praticamente impossibile perché, tra i vari
motivi, noi non siamo Schubert e non condividiamo l'ambiente culturale della
Vienna del Congresso. Per comprendere qualcosa del pensiero di Schubert non si
può prescindere da quel genere che il compositore ha coltivato lungo tutto il
corso della vita: il lied. Leggendo i titoli e i testi dei lieder ci si accorge
che i temi del peregrinare, della nostalgia e della morte sono frequentemente
presenti, ma quello che sembra prevalere, sia direttamente o in maniera velata,
è l'ultimo: la morte. Infatti il tema della caducità è presente in opere come
il lied Eine Leichenphantasie (Fantasia funebre) su testo di Schiller e
in Aufeinem Kirchof (In un cimitero) su testo del barone Franz Schlchta.
I testi dei lieder sono importanti poiché Schubert spesso si esprimeva nelle
lettere facendo riferimento ad essi. Ciò significa che musicando i versi di
Goethe, Schiller, Pope, Matthisson, Schlegel, Heine il compositore non faceva
solo un omaggio a grandi scrittori, ma effettuava una scelta suggerita dal
l'interiorizzazione dei contenuti, stabilendo così un rapporto personale con il
testo. Oltre ai riferimenti espliciti nei titoli è possibile rilevare la
presenza del dattilo (Todesrhythmus, "ritmo di morte) in alcune
opere strumentali come la Fantasia Wanderer per pianoforte e la Sinfonia in do
maggiore, nonché nei lieder La morte e la fanciulla, Il giovinetto e
la morte, Nostalgia di becchino, Des Baches Wiegenlied (la
cui parte pianistica ricalca la Fantasia
Wanderer). Il rapporto
con la dicotomia vita/morte iniziò prematuramente per il piccolo Franz. Egli
perse nove dei tredici fratelli e ben presto si rese conto di essere un
sopravvissuto: le malattie, causa di tanti decessi, lo avevano risparmiato. La
famiglia Schubert non era un'eccezione nella Vienna dei primi del XIX secolo;
come molte altre viveva in un ambiente angusto e in condizioni igieniche che non
costituivano un solido ostacolo al proliferare dei malanni. Questi sentimenti
angoscianti avevano anche altre ragioni, ricordiamo che egli visse nell'età di
Metternich e della censura asburgica, e che nel 1808 entrò nel convitto
imperialregio dove punizioni corporali e carcere facevano parte della
metodologia educativa. Miseria,
dolore, lo seguirono dall'inizio alla fine. Agli inevitabili traumi infantili
si aggiunse, mentre era assente da quando il padre gli aveva proibito di mettere
piede in casa, la morte della madre. Il dolore per questa perdita e il desiderio
di morte per ricongiungersi alla “indivisibile compagna della vita" e
alla persona “più cara” e “adorata” non lo lasceranno mai. Ancora dopo
sei anni dalla morte della madre, nel 1818, compose il Grablid für die
Mutter (Canto funebre per la madre) e continuò a manifestarsi la Todes-Sehnsucht
(Nostalgia di morte) anche nel musicare testi inerenti il motivo di viandante
come il famoso lied Der Wanderer e il ciclo Die schöne Müllerin
il cui protagonista si uccide buttandosi nel ruscello. |