Rosanna Gulino
Quel soffio che sento
Prefazione di Enzo Vasta
© 1996 - Proprietà letteraria riservata all'Autrice.
PREFAZIONE Poesia della natura e ricerca d’infinito: verso queste due direttrici sembra muoversi l’opera di Rosanna Gulino; verso questi due punti focali sembrano convergere i quadretti, i bozzetti di vita quotidiana, le meditazioni e le riflessioni di un’anima tanto schiva quanto traboccante di sofferta e pur dolce umanità. 1 - Canto della natura, si diceva, sulla scia dei melici greci e latini, ai quali la poesia della Gulino non può non essere accostata per la cristallinità delle immagini e per la musicalità del verso. Un suono che è canto e musica insieme, nel suo fluire armonioso; un suono che s’ammanta di colori ed odori grazie alla forza evocativa della parola; un suono che sa farsi flebile e ovattato, quando s’avvolge nella nebbia malinconica del ricordo. Natura sentita e vista come un quadro, vivo però e palpitante, nel suo insieme e nei suoi dettagli: gli alberi, i piccoli animali del bosco, l’acqua, la terra, il cielo nella loro primordialità e mutevolezza. Chiaramente, dall’orchestra, vengono fuori i suoni degli strumenti solisti: ora è il vento, impetuoso o sussurrante, che fa sentire il cangiante "respiro" della natura "il vento logora / i nidi vuoti"; "...ora percosse dal vento / emettono dolci sussurri"; "respiro affannoso di vento di scirocco"; ora invece è l’acqua che canta "fra i giunchi" o mormora, sommessa, nei "ruscelli/ adombrati dai salici curvi" ai quali racconta sottovoce, forse, le azioni degli uomini, o anche talvolta, fattasi "pioggia estiva / sui vetri" evoca, col suo picchiettio, similitudini al cadere dei ricordi sul cuore. E ancora i suoni delle creature dell'aria: "nei nidi pensili sull’acqua / bisbigliano" - quasi adolescenti che si confidano i primi amori - "cince e capinere"; più in là "un mandorlo carico / di storni vocianti" fa venire alla mente una casbah magrebina... Anche le creature della terra partecipano al coro: "una capretta bianca" mette in mostra il suo "muso belante", i grilli - quasi in funzione di basso continuo - " friniscono / tra i fieni non falciati". E vengono fuori gli odori di una natura ancora non contaminata dall'uomo "...più acuti si fanno / gli odori dei cespugli / dalle foglie aromatiche"; "la dolce brezza sfiora i gelsomini odorosi"; "la terra odora di letizia"; "un soffio leggero / riempie l’aria di resine odorose". Quando poi l’uomo fa sentire la sua presenza, l’incanto si spezza, gli odori mutano e si mescolano, facendo trascolorire il mondo poetico in piatta quotidianità "odore di caffè e di fieno / si mescola a quello della benzina". Ma soprattutto i colori danno una connotazione alla natura, quegli stessi colori che Rosanna Gulino scioglie ogni giorno sulle sue tele; accostati, nell’opera in versi, con lo stesso gusto cromatico che ritroviamo nei suoi quadri: ora il colore, spesso dai toni caldi, si espande in pennellate descrittive "le grandi zucche / affacciate ai balconi / gialle, verdi, arancioni"; "rossi colori di peperoncini"; "le farfalle colorate / quasi fiori volanti"; "campi coperti / di lino azzurro/ e di candidi gigli"; "una siepe / di convolvoli blu / riempie di sorrisi il mattino"; ora invece suscita sensazioni e fremiti nascosti "rossi spicchi / di luna / danzano / sul lago fremente"; "rossi riverberi di luna / sulle lave arroventate"... "lo scricciolo imperterrito / dà di piglio alle bacche / dalla veste vermiglia"; ora infine il colore si tinge di mestizia per quel senso della fine imminente che alita sul tutto "lassù / tra i rami spogli / alcune foglie / color ruggine"; "oro e sangue / danno le piante sul punto di morire... mentre un riflesso / d’ametista saluta / il giorno che muore". Natura descritta con amore, con la consapevolezza delle infinite, misteriose, sotterranee relazioni con l'uomo; natura, essa stessa, antropomorfizzata vuoi nelle belle similitudini, "Lungo le fiumane / gli oleandri / simili a fanciulle / dalle larghe sottane / danzano a gruppi / nel vento"; "... gerani come fanciulle affacciate alla finestra; "Stasera le luci dei borghi / sembrano collane di diamanti / appese ai colli dei poggi"; "Quasi fanciulle / dalle rosee sottane / mi sembrano / i peschi fioriti"; "simili a vecchie dive / imbellettate / che tardano / ad abbandonare la scena / le foglie del ciliegio / danzano nel sole di novembre"... vuoi, specialmente, in certe finalità che elementi della natura, come gli uomini, hanno avuto affidate: "Lassù... alcune foglie... resistono alle piogge e alle tempeste... forse, hanno un messaggio da affidare... simili ad esse / nei borghi abbandonati / sono i vecchi / che resistono con cuore / gonfio di speranza". Un topos, certamente, quest'ultimo che, partendo da Mimnermo "Noi come le foglie genera la stagione di primavera..." (frag. 2 W), attraverso gli elegiaci latini, giunge fino ad Ungaretti ed oltre "Si sta / come d'autunno / sugli alberi / le foglie". (Ungaretti: Soldati). Eppure c’è qualcosa in più nella rivisitazione fatta dall’autrice: in "Simili ad esse" il topos della similitudine uomofoglia aggiunge ai concetti cardine della fragilità e precarietà dell’esistenza quello di un fine provvidenziale, un passaggio di consegne perché, la vita si perpetui e si arricchisca delle esperienze passate, quasi in un’ottica "manzoniana" di una superiore volontà salvifica. 2 - E ricerca d’infinito, anche, anelito verso la sorgente della luce, verso quel Dio da raggiungere per prenderlo e distribuirlo agli altri, perché, sia piena la gioia del possesso attraverso la compartecipazione ai fratelli. Una ricerca che parte dall’amara coscienza di una solitudine esistenziale nella quale si è come intrappolati, senza speranza alcuna di liberazione, "prigionieri di un male invisibile". Poi, come risvegliato da arcani misteri, inopinatamente, ubbidendo ad un impulso in essa sepolto da chissà chi nella notte dei tempi, riemerge, dal profondo dell’io, l'antidoto al "male invisibile", lei, "la Musa", che "con mano leggera" spezza i nodi del cuore e vi fa rifluire "una gioia cristallina". Ma sovverte anche, lei, puro dinamismo, le ansie acquietate, suscita, nel cuore, le sensazioni più nascoste che diventano turbinio ed inquietudine che spossa, che "spezza le ossa... malessere strano che invade lo spirito"; la parola si fa silenzio e si "allontana senza rispondere". Da qui, imperioso, il desiderio di evasione, di travalicare così angusti confini verso più luminosi orizzonti: non è solo il desiderio di superare la "cerchia dei monti", ostacolo fisico ma, più simbolicamente, impedimento dell’anima al volo; è piuttosto anelito verso la pace assoluta che "travolge come ... lo spazio di un’ala possente che scioglie i sensi... nella corsa verso l’infinito". Inizia così, oltre il buio freddo e statico della solitudine, oltre l’inganno dei "falsi miraggi", la ricerca di "quel filo misterioso" che lega uno ad uno i vuoti della mente riempiendoli "di un amore perennemente puro". Un lucido sviluppo di pensiero che si snoda in tanti passaggi successivi logicamente interconnessi e consequenziali fino all’approdo ultimo... ...ricerca e scoperta... "Non so chi sei, / non so dove sei, / ma sento il fluire / del tuo spirito / nella mia vita", "Chi sei tu, / che entri nel mio cuore come un soffio d'aria, / e che ti fai grande, / come l'immenso / allargando / il mio essere all'infinito?"... ...scoperta e gioia della scoperta, giacché dolci sono i suoi frutti e duratura la pace che infonde... "tu mi fai scoprire / la grandezza / delle piccole cose... tu cacci via / dal mio cuore / le ansie, i rancori / e vi accendi una luce / di pace e di amore". ... gioia della scoperta ed amore verso questo soffio benefico verso "questa voce segreta che / è di tutti / e di nessuno / che libera risuona in ogni dove / facendo vibrare / l’anima / in cui si imbatte"; soffio e voce, pneuma e logos, sono i caratteri identificativi della presenza di Dio, il Dio dell’Antico Testamento, che si manifestava non nel vento squassante ma nel murmure dolce e nella voce scaturente dalle nubi. Ed allora il canto d’amore diventa preghiera che sale dall’infinitamente piccolo "Pur lenti / e gocciolanti / di fango / chiusi / in bozzolo / d’ombra / a Te, o Dio / tendiamo le braccia..." verso l’infinitamente grande, verso l’Immenso, appunto, appagando la ricerca d’infinito nella gioia della scoperta e nell’anelito alla sorgente della luce. Preghiera di ringraziamento ma, soprattutto, preghiera per gli altri, perché, possano i nostri "simili", tutti, partecipare ad essa e, in questa gioia universale delle creature e del creato, più intensa sia la letizia dell’individuo sentendosi parte armonica del tutto. "Mio Dio...il sorriso / di cui mi illumini / non sia solo per me / ...sia felicità anche per gli altri...", "...questo sublime / che mi alita dentro / possa comunicarlo / anche agli altri / perché, scoprano / anche in me la tua orma", "Mio Dio, l’ineffabile, / che sento / nell'anima mia, / non rimanga solo per me; / tramite esso / con tutta l’umanità in Te". Anche la forma, nella sua ieraticità salmodiante, accentua la coralità del canto-preghiera. A questo versarsi nell’Immenso tende la parabola esistenziale dell’uomo - secondo la Gulino - e questo percorso, difficile, doloroso ma pur fonte di gioia "ineffabile" lei canta: un percorso, quello dell’umana esistenza, per certi versi non dissimile da quello del vecchierello leopardiano, pur con un capovolgimento escatologico nelle due concezioni: all’ "abisso orrido, immenso", segno di un soffrire inane e capriccioso, nel quale precipita la dolorante umanità, si contrappone lo sciogliersi in una immensità di luce che è Amore e come tale è avvertita dall’uomo. Leggere le poesie di Rosanna Gulino, anche per il loro fluire naturalmente musicale che fa riemergere alla memoria ritmi e metri della classicità, è come aspirare un profumo dalle mille fragranze: note aspre e sentori caldi evocano secoli di poesia mediterranea da Ibico ad Anacreonte giù giù fino ai crepuscolari e ad Ungaretti e lasciano intravedere una matrice culturale certamente ampia ma venata da scelte precise. E non a caso un filo rosso ripercorre questi cantori della natura: la capacità di vedere con occhio fanciullo l’immensità del creato, la "grandezza delle piccole cose": dallo scricciolo sul "cespuglio di rosa canina" all'infinito mistero delle galassie. Enzo Vasta |
TI ATTENDEVO Ti attendevo, ma adesso sei venuta senza che ti invitassi. Hai riversato in me una coppa del tuo nettare prezioso, medicando i livori che mi avevano chiazzato. All'improvviso mi ridai quel soffio di vita che credevo spento e la bellezza palpitante mi riappare nel suo abito nuovo. Oh! vedevo la bellezza , la sentivo, ma non potevo parlare: i serrami del mio cuore erano bloccati da ruggine amara; in ambiti circoscritti l'anima mia era divenuta sorda ad ogni canto. Ora tu, o Musa, con la tua mano leggera hai spezzato i nodi del mio cuore e vi fai rifluire una gioia cristallina. |
AGILI I PIOPPI Agili i pioppi in fila lungo il fiume si specchiano lucenti dentro l'acqua, mentre nell'ombra intrepidi i fanciulli guardano i pesci dalle code bianche. Più in là, sul poggio, un mandorlo carico di storni vocianti vive il suo sogno di finta primavera. |
L’ARANCIO L’arancio riparato dal muro era vegeto e splendido, profumava di zagara la contrada. Ora che il muro S caduto i venti e le gelate ne fanno scempio. |
LO SCRICCIOLO Il vento di tramontana ha denudato il cespuglio di rosa canina, ma lo scricciolo imperterrito, sulla cima, dà di piglio alle bacche dalla veste vermiglia. |
NELLA PIETRA INCAVATA Nella pietra incavata, che la fanciulla aveva riempito d'acqua, i passeri s'immergono e sul bordo si scuotono le piume. I cani dormono all'ombra delle margherite annaffiate da poco e le farfalle colorate, quasi fiori volanti, esplorano curiose il mondo nella loro breve vita. |
DICEMBRE Il vento logora i nidi vuoti della tarda estate e lo scoiattolo rosicchia le pigne vuote. Aria di bosco, aria di mondo che parla mille lingue ad ogni cuore. La neve copre le cime montane e i campanacci dei greggi si dileguano in fondo alla valle accompagnati dalle cornamuse. Passi affrettati, frusii odorosi sotto i tetti fumanti sono i rumori della vita immersa nel silenzio. |
QUEL CESPUGLIO Quel cespuglio ieri era fiorito, oggi ha solo le spine tra cui svolazza incerto il pettirosso. Verrà la nuova primavera e porterà nuove foglie e nuovi fiori a quel cespuglio, ma quale speranza farà rifiorire nel mio cuore? |
SIMILI AD ESSE Lassù, tra i rami spogli, alcune foglie color ruggine resistono alle piogge e alle tempeste; forse, hanno un messaggio da affidare ai germogli di primavera e poi cadranno sul prato verde senza far rumore. Simili ad esse, nei borghi abbandonati, sono i vecchi che resistono col cuore gonfio di speranza. |
GRACO Solo il vento piange per il borgo che muore. Come gli uomini, neanche le rondini tornano a nidificare sotto le grondaie spezzate. Gli intonachi colorati, che svelano l’intimità delle case sventrate, si sgretolano nel sole e nella pioggia. Malve e papaveri sono i doni della primavera che passa in fretta per le vie deserte. Il campanile, che guarda dall'alto con i suoi occhi vuoti, si piega in un abbandono di tristezza sui comignoli smussati delle vecchie abitazioni fatiscenti immerse nel silenzio. |
ALCANTARA Presso le gole dell'Alcantara, lungo le fiumane, gli oleandri, simili a fanciulle dalle larghe sottane, danzano a gruppi nel vento . Non lontano, dai casolari abbandonati, si leva un canto primordiale, che non lascia questa terra di giganti. Le rocce dai neri strapiombi disegnano l’azzurro con archi di verbene e il capelvenere copre gli anfratti delle ninfe rupestri mentre nei nidi pensili sull'acqua bisbigliano cince e capinere. |
STRADE DI PERIFERIA Il freddo punge le dita fa arrossare il naso ma a me piace crogiolarmi lungo le strade di periferia. Mi piace guardare le umili case che hanno un semplice sorriso sulle facciate scure: sono le grandi zucche affacciate ai balconi gialle, verdi, arancioni, più in là lenzuola sciorinate al vento, rossi colori di peperoncini, ciocche di sorbe appese ai muri gerani come fanciulle affacciate alla finestra. All'angolo una fontana zampilla rumorosa, il ragazzo che porta il pane si ferma e fa schizzare l’acqua intorno. Una vecchietta un pò discinta s’affaccia sull’uscio e spazza la soglia. Un cane annusando l’aria scodinzola dietro l'inferriata, da dove sporge il muso belante una capretta bianca. Odore di caffè e di fieno si mescola a quello della benzina. |
LA MIA TERRA Amo la mia terra, perché ha sentito la voce dei miei padri, perché conserva nel segreto il ricordo delle loro orme stratificate nella polvere e nel tempo. Amo la mia terra ed essa risponde al mio amore con un sussurro indefinito, che, per me, si fa musica, si fa parole. La mia terra, fatta di lave e di ginestre, mi fa sentire l'estrema sinfonia nata dal contrasto della vita e della morte. Io ascolto, ascolto questo linguaggio sussurrante da ogni roccia, da ogni filo d'erba e raccolgo nel mio cuore l'eco segreta che mi svela qualcosa d'immortale. |
QUANDO NON SAPEVO VOLARE Quando non sapevo volare la cerchia dei miei monti mi stringeva l'anima, ma da quando sono riuscita ad oltrepassarli, essi non mi hanno fatto più paura, anzi, amici fedeli, mi sorridono, mi ascoltano e col loro canto mi svelano i segreti del tempo chiusi nel loro cuore. |
DISTRAZIONE Spesso, come un lampo, scivolo col pensiero nei fondali del passato, dove tutto ristagna nell'oblio e vedo rianimarsi il mondo sconosciuto dei padri, o tramite una scala d'oro appoggiata sulla terra e conficcata nei cieli, mi lancio negli spazi e mi perdo tra gli splendori di essi. |
AL TRAMONTO La carezza del cielo, che si china al tramonto , sfiora l'anima mia, e i sensi, tesi a percepire, mi provocano emozioni infinite, che mi s'ingorgano nel cuore. Colori, voci, sussurri, tenui bagliori proclamano l'accesso al silenzio, che dolcemente sopraggiunge dalle mille vie del mistero. Così, ferma dietro i vetri di ponente, sento piovermi intorno, insieme alle ombre, la pace, che mi monda con calde gocce di pianto. |
IN COMPAGNIA DEI RICORDI Dolce è andare lungo i viali della solitudine in compagnia dei ricordi, che picchiettano sul cuore come una pioggia estiva sui vetri, quando il sole rutilante la indora. Essi si illuminano l'uno dopo l'altro di una luce serena che rischiara e non abbaglia, mostrando il vero, che era incomprensibile prima. |
PUR LENTI Pur lenti e gocciolanti di fango, chiusi in un bozzolo d'ombra a Te, o Dio, tendiamo le braccia, a Te volgiamo lo sguardo per chiederti pietà . Allontana da noi il male che ci illude con ingannevoli miraggi. |
TI SENTO, MIO DIO Ti sento, mio Dio! I tuoi passi leggeri fanno tanto rumore nella mia anima, io non li posso ignorare. Tu scateni nel mio cuore improvvisi tumulti, che mi esaltano, mi annientano, mi sospingono nel tempo e nello spazio e liberandomi dalle scorie, mi smarrisco nell'ebbrezza del sublime, che mi scioglie e mi incanta. Mio Dio, l'ineffabile, che sento nell'anima mia, non rimanga solo per me; tramite esso con tutta l'umanità in Te. |
SENTO L'INEFFABILE Spesso nel mio cuore sento l'ineffabile, o Signore, e riconosco che tanto Tu mi doni. Signore, fai che io possa donare agli altri con la stessa generosità con cui mi doni; fai che ciò ch’è mio non sia solo mio. Questo sublime che mi alita dentro facendomi sentire più leggera dell'aria, da volare quasi sulle galassie, possa comunicarlo anche agli altri, perché, scoprano anche in me la tua orma. Signore, Ti sento quale infinito mistero in cui si sciolgono tutti i misteri. |
MENTRE ANCORA CAMMINO Quanti, quanti miei simili ho visto cadere lungo il mio cammino! Quanti ne ho lasciati dietro le mie spalle mentre ancora cammino! Mio Dio, mio Dio, non affondino nell'egoismo i miei passi; canti la tua gloria la mia voce. Il sorriso, di cui m'illumini, non sia solo per me; quella gioia segreta, che godo, sia felicità anche per gli altri e quella capacità che mi dai di percepire l'essenza delle cose vibri, per cantare con tutte le tue creature, le tue lodi. |
TACCIONO LE TEMPESTE Tacciono nel mio cuore le tempeste e gli occhi della mia anima si posano su ampie radure e vedo, come da un treno in corsa, campi coperti di lino azzurro e di candidi gigli; odo le acque sussurrare nei canali e il mite belato dei greggi aggrappati ai crinali. Voli di gazze, brusii segreti, onde di spighe mature; lento fluire della bellezza senza tempo. |
ACCETTO LE TUE ROSE Accetto le tue rose, o fanciulla, esse hanno il profumo della tua giovinezza, sono rosse come il tuo cuore ardente di vita. Accetto anche le ginestre odorose della nostra terra, e sorrido e fantastico dietro questi petali carnosi, schiusi nella frescura del mattino. Vi sono tante rose che fanno ridenti orti e giardini, ma queste che tu mi hai portato, con gli steli corti, senza spine, hanno una veste di velluto, sono sbocciate sotto i tuoi occhi buoni. |
CHI SEI TU ? Chi sei tu, che entri nel mio cuore come un soffio d'aria, e che ti fai grande, come l’immenso, allargando il mio essere all'infinito? Io per te ascendo le vette del sublime e provo una gioia che mi sazia. Tu mi fai scoprire la grandezza delle tue piccole cose, la musica del sussurro che si perde nella notte e il segreto singulto che fa gli uomini più buoni. Tu cacci via dal mio cuore le ansie, i rancori e vi accendi una luce di pace e amore. |
NON TORNERÀ PIÙ Non tornerà più quel tempo che era dolce, che era amaro: ogni tumulo porta i suoi fiori e la sua croce. Eppure il nostro cuore rimane imbrigliato nel passato, i cui tenui fili polverosi sono remore di un sorrisi amaro, che scivola nel silenzio dei ricordi. |
UNA VOLTA PENSAVO Una volta pensavo che un giorno mi si sarebbe ammutolito il cuore, ma io ancora amo, io ancora canto, io ancora sento il profumo dei fiori. |
ALLA LUNA Luna, breve ciglio d'argento, che vieni fuori da una capanna di nubi, hai ancora per me lo stesso sorriso di un tempo, quando ti guardavo desiosa di scoprire in te un volto umano. Neanche ora che so delle tue valli vuote prive di ampolle del senno, riesco a disincantarmi quando ti vedo illuminare i miei orizzonti di solitudine. |
LUCE Luce, fuga le tenebre che mi rapiscono i giorni senza che io li viva; luce, inonda la mia anima, sgretola quella patina che le impedisce di vedere oltre, sciogli i grumi del mio dolore perché ami di più, perché senta e faccia sentire agli altri la musica dolce dell'infinito aerea, metallica, fremente più del vento. |
UN TREMITO Un tremito improvviso tra le foglie spezza l'armonia del silenzio. Scendono a grandi arcate i dubbi nella notte e nel mondo incolore, disseminato di rari lumi, il sonno è turbato da presenze ignote, travestite da parvenze oscure. Volano a mezz’aria i pipistrelli intorno ai manieri abbandonati, le cui finestre, come occhiaie vuote, guardano immobili tutto ciò che passa. Lontano, sugli asfalti serpeggianti guizzano due raggi luminosi. |
QUEL PUGNO DI PETALI Stille di pianto inattese bagnano l'aridità del mio cuore, come una pioggia d'agosto la terra polverosa. Mentre ascolto la voce segreta che mi viene dall'ignoto, un desiderio d'evasione mi fa più luminosi gli orizzonti, dove le immagini sembrano diverse, ma in realtà S l'inquietudine degli artisti e dei poeti, che mi spezza le ossa prima di darmi quel pugno di petali profumati di denso mistero. |
I MIEI PASSI Spesso i miei passi si fanno pesanti ed io impotente m'insabbio fino alla gola. Inutilmente chiedo aiuto: chi mi sta vicino non comprende la mia parola e si allontana senza rispondermi. |
IL MIO MONDO Il mio mondo S tutto aria e tutto vento, si rischiara e si oscura come il cielo, ha nubi nere pesanti più del piombo lampi violenti che ne squarciano il seno, carezzevoli azzurri di speranza, fruscio d'ali ardimentosi, urli che straziano il silenzio. |
NOTTE SERENA La luna sul pino sembra uno spicchio d'arancia sopra un calice. La notte è serena e i lumi che punteggiano la valle hanno luce più viva. Ogni rumore tace, si ode il silenzio. In questa pace assoluta mi sento travolta nello spazio da un'ala possente, che mi scioglie i sensi e mi lancia, insieme alle galassie, nella corsa verso l'infinito. |
SIMILI A VECCHIE DIVE Simili a vecchie dive imbellettate che tardano ad abbandonare la scena, le foglie del ciliegio danzano nel sole di novembre, che ha squarciato il grigio velame autunnale. Uno spettacolo di magici colori: oro, oro e sangue danno le piante sul punto di morire, e il palpito immenso di una gioia bagnata di lacrime annunzia, con un ultimo bagliore, che la festa è finita. |
NEL CALDO MERIGGIO Nel caldo meriggio una dozzina di passeri svolazza intorno ad una terraglia incrinata; una fanciullo, che gioca lì presso, capisce e pone tra i cespugli un recipiente colmo d'acqua. Subito i passeri vi si precipitano dentro. Il fanciullo guarda soddisfatto. |
QUEL SOFFIO Quel soffio, che io sento così dolce nel mio cuore e che schiude nella mia anima mille petali variopinti, vorrei giungesse anche sul tuo cuore, per dissipare le nubi che ti fanno soffrire. |
CREPUSCOLO Il cielo, ormai privo di sole, si raccoglie, come un fazzoletto grigio a quattro punte, increspato con pieghe sfumate sul capo della terra, dove i colori assumono unica tinta e più acuti si fanno gli odori dei cespugli dalle foglie aromatiche, mentre un riflesso d'ametista saluta il giorno che muore. Il cuore, anch'esso fatto bigio, ha brividi di malinconia. |
ALL'ALBA All'alba, quando la dolce brezza sfiora i gelsomini odorosi e irrora di letizia la mia anima, i problemi, le angosce svaniscono come ombre nel sole, un mare di nuove emozioni seppellisce i turbamenti e sento in me una distesa serena su cui l'amore traccia i suoi nuovi progetti. |
LE LUCI DEI BORGHI Stasera le luci dei borghi sembrano collane di diamanti appese ai colli dei poggi e i profili dei monti guardano incantati il rosso spicchio di luna, che passeggia per i cieli. I grilli friniscono tra i fieni non falciati e gli oleandri fioriti sembrano ombrellini giapponesi aperti al chiaro di luna. |
COME UN CAMPO DI LINO Ora i tuoi occhi sorridono come un campo di lino fiorito in una primavera africana, ritornano sulle mie labbra quelle parole di gioia, che non avevo più pronunziato, infatti corrono nel mio cielo note vibranti di sottile armonia: il mio cuore ha parole alle quali io non so comandare ma solo obbedire. |
NON SO PERCHÉ Il cielo si fa cupo, pesante ed io con esso. Vorrei stendermi per terra e dormire un sonno profondo accanto alla limpida corrente visitata dai gabbiani; vorrei essere sepolta come i rizomi che attendono la primavera. Non so Perché,: un malessere strano mi invade lo spirito e le ossa. |
PRIMAVERA Quasi fanciulle dalle rosee sottane mi sembrano i peschi fioriti nelle vigne. La primavera con i suoi raggi d'oro sveglia i pigri, che dormono sonni tardivi. I ruscelli cantano tra i giunchi; tutta la terra odora di letizia ed ogni pianta indossa il suo vestito nuovo tessuto dal telaio divino per la grande festa dell'amore. Anche l'uomo dimentica il dolore ed esulta e sorride sotto i raggi del sole. |
COME I CESPUGLI Il soffio dolce della primavera scioglie il mio cuore come i cespugli che tremano nel vento. Vorrei fermarmi sulle cime biancheggianti di neve per bere lassù il verde delle valli, che respirano nuove speranze e l'azzurro immenso, che ha cacciato via tutte le burrasche. Vorrei bagnare nell'acqua dei ruscelli tutte le arsure della mia stanchezza e volare leggera, come i gabbiani, sulle onde d'argento. |
AMO LA TERRA Amo la terra che fuma nelle limpide ore del mattino, quando le vanghe spezzano le zolle e l'Etna solleva tra le nubi la ventosa cima per baciare l'azzurro. Amo il mormorio dei ruscelli adombrati dai salici curvi, dove le ninfe danzano a piedi nudi con le foglie vaganti sull'acqua argentina. |
QUANDO CERTI PENSIERI Quando certi pensieri mi fanno ombra sull'anima, un vento amaro mi soffia sul cuore e intorno a me tutto trema e s'oscura: ai miei piedi sento il precipizio viscido, franante che m'ingoia. |
DISGELO La morsa del gelo si è allentata, la neve si scioglie sotto i piedi, i tetti si scoprono la schiena, gli alberi si spogliano del bianco, rallegrando i passeri affamati. Dietro la siepe, esposta un po’ più al sole, dal lenzuolo escono le primule e le viole. |
TIMPA Al confluire delle valli, dove scorrono ruscelli sonanti, un ragazzo seduto sul ponte del vecchio mulino, accarezza il cane, mentre segue con lo sguardo i bianchi vitelli sulla verde radura. Io, sulle balze, timorosa di violare un mondo non mio, raccolgo nell'anima l'eco segreta di molteplici canti, presso gli ontani alti e nudi che si specchiano nell'acqua piena di cielo, dove, tra i ruderi di una chiesa antica, s’erge l’affresco di una sacra icona. Più distanti, tra stalle e tra paludi, dinnanzi ai resti d'un acquedotto romano, le fontane dalle bocche sdentate versano acqua cristallina sui grandi lavatoi spianati, biancheggianti tra i cupi crescioni. Ma per le scale di lava, dal nero ciglione non scendono più le donne dalle lunghe sottane, portanti sul capo le brocche d'argilla. |
LE AIE DEL SUD Le aie del sud abbandonate sono solo corone di rossi papaveri e di cardi violacei aperti al cielo sereno; allegri canti di ieri sono solo un ricordo nel silenzio violato dai motori. L'uomo fugge della natura ubertosa, incurante dei suoi grandi valori e invano cerca la gioia perduta nei paradisi artificiali. La terra tace nella paziente attesa di un più radioso domani. |
CONVOLVOLI BLU Una siepe di convolvoli blu riempie di sorrisi il mattino, fino a quando si chiudono per non aprirsi più. |
NELLE VIGNE La fatica ed anche la gioia è diminuita nelle vigne. I grappoli maturi non rallegrano più i fanciulli, allontanati dalla terra. Il brio festoso che circondava i tini è stato ucciso dal rombo di motori e il sole guarda con tristezza il declinare di un mondo, che aveva e dava tanto amore. |
RISVEGLIO Chiaro l'asfalto si snoda come un flessuoso nastro d'argento e, sotto l'azzurro perlato, le ville, che dormivano un muto sonno di pietra, popolato di fauni, ninfe, unicorni rampanti ricoperti di muffe, ora percosse dal vento, emettono dolci sussurri; le fontane senza zampilli si coprono di soffici muschi. Corro anch'io col vento lungo l'asfalto tra filari di mimose d'oro ed, ebbra di luce, sento l'anima mia aprirsi all'immenso. |
MI PIACEREBBE Mi piacerebbe scendere in fondo al mare, per vedere laggiù la luna rotolare sulle acque ed infrangersi magicamente in altre mille lune. Mi piacerebbe scendere giù sui fondali nel buio della notte per risalire in superficie con una scala luminosa di tremolanti sbarre d'argento. |
DIETRO QUEI SOGNI Ho lasciato dietro quei sogni l'anima mia e spesso in essi, come in una pozza d'acqua, mi tuffo per irrorarmi di fresca rugiada e allontanare da me la polvere del tempo. Così sorrido di nuovo con quegli occhi che ignoravano il male e vedo luce, luce, luce splendida più del sole, della quale faville d'amore piovono sulla terra e sul dolore. |
NELLA NOTTE I fiori nella notte dormono sul cuore della terra coperti dalle ombre; solo all'alba di essi esala il profumo dai giardini e i colori evidenziano l'eleganza delle forme, fragili nel vento che soffia. |
ROSSI SPICCHI Rossi spicchi di luna danzano sul lago fremente per la brezza notturna e il poeta, che insegue quanto svanisce, canta l'illusione del suo mondo segreto. |
LA NOTTE SI SAN LORENZO Rossi riverberi di luna sulle lave arroventate; silenzi tagliati da bisbigli, respiro affannoso di vento di scirocco: il cielo è incendiato di stelle, la terra brucia nelle valli alberate; la notte di San Lorenzo è tutta un rogo. |
LE FANCIULLE DI KYOTO Cinte da sete fruscianti, adagiate su sedili di pietra con i piedi nell'acqua verdina le fanciulle di Kyoto cantano, come le cicale, all'ombra delle palme. Nel fiume che scorre lento, lento le trote colorate fanno capolino dai loro nascondigli di pietra e rincorrono le lanterne di carta mandate verso l'infinito, mentre un soffio leggero sussurra tra le foglie dei pini e riempie l'aria di resine odorose. |
DOVE L'IMMENSO Dove l'Immenso si fa più Immenso e l'occhio non segue più il pensiero, il nostro limite trasale e il buio dell'intelletto s'illumina solo di una speranza: che Dio raccolga nella Sua bontà il nostro essere confuso ma conscio di essere stato ingannato da falsi miraggi. |
QUANDO NON HO VETTE Quando non ho vette da scalare, quando vedo sbarrati tutti i passi, divento pesante come il piombo, mi sento cosa inutile da spazzare. Allora l'anima non ha respiro ed è peggio che essere morta. Spesso mi trovo in questi abissi senza luce, dove, con mani e piedi legati, giaccio senza soffrire e senza godere in un'aria greve, rarefatta, non attraversata da speranza: sono prigioniera di un male invisibile da cui solo il pianto mi può liberare. |
OLTRE LE FRONTIERE L'azzurra speranza S nel mio cuore ed io pervasa da insaziabile desio, ti cerco oltre le frontiere del mio mondo, oltre tutto ciò che è concreto e definito. Ti cerco con gli occhi pieni di lacrime in un sorriso eterno di bellezza e di luce. Ti sento, ti sento, ma le ombre mi sviano ed io affondo come un naufrago che non vuole morire. L'urto dei sentimenti e del mistero accende qualche scintilla, ma il rapido chiarore, fuggendo, mi lascia nell'oscurità. |
QUANDO L’ARPA Quando l'arpa dell'universo si mette a suonare, sprigionando arcane melodie, io taccio e sul mio cuore scende una rugiada luminosa. Allora la materia perde il suo peso e un turbinio di pensiero, quasi con piume dorate, mi leva nel biancore degli spazi illimitati. Appena la melodia finisce vedo solo il mistero dagli occhi senza pupille e sento le ali che mi avevano portato in alto, farsi di pietra. |
VANITÀ Le punte colorate di molti sogni si mostrano nel corso della vita a chi ha il cuore pieno di speranza; ma le spume, poi, bagnano le dita delle mani che hanno cercato di afferrarli. |
QUELLA VOCE SEGRETA Io sento vagare nel silenzio quella voce segreta che è di tutti e di nessuno che, libera, risuona in ogni dove, facendo vibrare l'anima in cui s'imbatte. Per essa si librano molteplici ali sussurranti sugli abissi del tempo, ove tenui bagliori di sorrisi adescano l'incanto. |
UN FILO MISTERIOSO Un filo misterioso mi lega a te, che non conosco, ma che conoscerò. Sento la tua voce entrare nella focosità della mia anima e fare più piana l'ondata dei miei pensieri turbinanti. Non so chi sei, non so dove sei ma sento il fluire del tuo spirito nella mia vita, che esplode in un forte anelito, che spezza gli argini della solitudine. Così il vuoto si riempie di colorati sorrisi di un amore perennemente puro. |
L’OCCULTO Spesso l'occulto mi passa sull'anima, ma io non so farne parola. Al di là di questo debole velo palpita in modo misterioso l'infinito, buio, per me, impenetrabile, ma di cui sento l'alito sottile in ogni cosa, come una legge incomprensibile, che impera e non inganna. Il mio essere, imbrigliato, nella materia, spesso scivola in esso, ma non ricorda nulla. L’ ineffabile mi affascina senza farsi vedere e, come il vento, mi sospinge dove vuole. |