L’OMAGGIO
A JOYCE di Luciano Berio
di
Giuseppe Emanuele Rapisarda
(
“Il Faro”, n° 3/4, luglio – dicembre 1996)
La
composizione Thema: Omaggio a Joyce è stata realizzata da Luciano Berio
nel 1958, presso lo Studio di Fonologia Musicale della Rai di Milano, centro
fondato insieme a Bruno Maderna due anni prima. Thema
testimonia la notevole attenzione presentata al materiale fonico che già il
compositore ligure aveva manifestato nelle precedenti composizioni e mostra
anche il tentativo di creare un nuovo tipo di connubio tra testo letterario e
musica, auspicando l'attuazione di un passaggio da percezione semantica a
percezione uditiva e (viceversa) senza soluzione di continuità, risolvendo così
l'annoso problema "della sovranità della struttura musicale sulla
struttura poetica" (L. Berio). Inoltre, questo lavoro presenta a pieno una
riflessione di Luciano Berio che costituisce una delle basi della musica
elettroacustica e, contemporaneamente, anche uno dei fattori di maggiore
distinzione dalla musica tradizionale occidentale: "non abbiamo alcun
bisogno di riconoscere la musica solo nei parametri prestabiliti di una
qualsiasi cultura musicale" (L. Berio); quest'affermazione sembra ricordare
il desiderio joyciano di distaccarsi dalle conversazioni della società per
poterla rappresentare obiettivamente. La
composizione è basata sulla registrazione di un frammento iniziale dell'XI
capitolo di U1ysses di James Joyce, in versione inglese
(originale), francese e italiana. L'omogeneità del materiale originario ha la
capacità di fornire una certa unitarietà all'intera costruzione, considerando
che il livello di elaborazione del materiale vocale, anche quando raggiunge lo
stravolgimento e la irriconoscibilità, non elimina la percezione di tracce che
rimandino all'elemento umano. La
manipolazione elettronica parte dalla sovrapposizione di una voce femminile
recitante in inglese (Cathy Berberian), due in francese (una maschile ed una
femminile) e tre differenti in italiano, ponendo l'accento sulla sonorità delle
lingue e sul movimento creato dal loro incontro. Notevole rilevanza viene
attribuita alla fisicità dei suoni ed alle reazioni psichiche che possono
provocare, anche se la loro percezione non presenta immediatamente una
corrispondenza semantica definita e convenzionale, ma fa affidamento su
collegamenti tra il contesto del brano e ciò che riesce a richiamare alla
mente, passando attraverso il filtro del background culturale individuale. Attraverso sovrapposizioni, distorsioni, echi, localizzazione di alcuni particolari, si giunge alla creazione di gruppi vocali pregnanti di una forte carica evocativa. Tra le registrazioni la prediletta è quella in lingua inglese che, in alcune parti, subisce un trattamento tale da consentire una facile comprensione delle frasi pronunciate dal soprano Cathy Berberian, la cui voce è principalmente recitante o sussurrante piuttosto che cantante. L'elaborazione del testo francese è stata tale da renderla concretamente percettibile all'ascolto; invece del testo italiano è stata particolarmente evidenziata la lettera "R" della frase "morbida parola". Come
Joyce adottò una "visione microcosmica" per risolvere il problema del
romanzo moderno in U1ysses ed altri lavori precedenti, così Berio
s'inoltra nel vivido movimento onomatopeico linguaggio creato dallo scrittore
irlandese e, avvalendosi inizialmente della collaborazione di Umberto Eco, scava
nella lingua di Joyce (e nelle traduzioni) cercando di sfruttare le potenzialità
foniche e musicali di ogni parola, di ogni sillaba e persino di una singola
lettera elevandola così al ruolo di soggetto autonomo. In
effetti il testo di Joyce, molto musicale, pieno di allitterazioni (peculiarità
della poesia e della prosa anglosassone), bene si presta all'uso
elettroacustico. Infatti una delle operazioni condotte dal compositore è
l'ulteriore rilievo attribuito ad una caratteristica già abbondante nell'intero
testo: la presenza della consonante s, e in quantità inferiore
della vocale u, lettere molto importanti poiché è comune la
connessione tra la consonante sibilante s con ciò che riguarda il
fruscio e l'immagine della velocità e tra la vocale u e le
impressioni di buio. Al
momento dell'ascolto è facile rilevare un esempio rappresentativo di questa
operazione nel trattamento riservato all'ultima parola pronunciata nel brano.
"Hisssss". La parola Hisssss viene allungata e
l'attenzione quindi concentrata sulle "sssss" che, data la
posizione temporale, assumono nella struttura della composizione tre funzioni:
azzittire se stesse perché si spengono in decrescendo; invitare al silenzio
tutto ciò che le ha precedute e quindi chiudere l'opera; concludere la funzione
strutturale ciclica della lettera "S", realizzando
l'apoteosi e la catabasi di questa consonante che costituisce, nelle sue forme
pure, composte e trasformate, il suono maggiormente presente nell'intera
composizione: quasi un leitmotiv. |