I RELIGIOSI E LE RELIGIOSE DI BIENNO


BEATA GELTRUDE COMENSOLI

Brevi cenni biografici

La beata Geltrude Comensoli, nata a Bienno (Brescia) il 18 gennaio 1847, è presto attratta da Gesù presente nell'Eucaristia, che riceve furtivamente per la prima volta bambina di non ancora sette anni.

Esprime il suo amore e la sua fedeltà al Signore, rimanendo a lungo in preghiera davanti al tabernacolo e impegnandosi generosamente nella formazione umana e cristiana dei bambini e delle giovani operaie. Parla a tutti dell'Eucaristia, fonte di gioia e scuola di vita e si propone un motto significativo: "Gesù, amarti e farti amare!".

Il 15 dicembre 1882 fonda l'Istituto delle Suore Sacramentine di Bergamo, consacrato all'adorazione perpetua di Gesù, presente nell'Eucaristia, e dedito all'educazione istruzione cristiana della gioventù.

Muore il 18 febbraio 1903. Il suo ultimo pensiero è ancora per Gesù presente nel mistero eucaristico, punto di convergenza della sua vita e della sua opera.

È stata beatificata dal Papa Giovanni Paolo II il 1° ottobre 1989.

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PREGHIERA

PER OTTENERE DAL SIGNORE

LO SPIRITO EUCARISTICO

DELLA BEATA GELTRUDE COMENSOLI

Signore, Padre di bontà e di misericordia, che hai attratto la Beata Geltrude Comensoli al tuo Figlio, presente. nel sacramento dell'Eucaristia, e l'hai voluta Fondatrice delle Suore Sacramentine di Bergamo, rendici partecipi della sua fede ardente e della sua carità operosa, affinchè, vivendo nella Chiesa la nostra vocazione e la nostra missione, diveniamo veri adoratori di Cristo Signore, a noi donato nel mistero eucaristico, e possiamo essere gioiosi testimoni del suo mistero pasquale. Per lo stesso Cristo nostro Signore.

Amen.


p. GIACOMO PANTEGHINI

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Il 20 gennaio 1999, mentre l'anno aveva appena iniziato il suo corso, finiva la sua giornata terrena p. Giacomo (Gabriele) Panteghini, francescano conventuale, direttore editoriale de "Il Messaggero di sant'Antonio", docente di materie teologiche nella Facoltà teologica dell'Italia settentrionale-sezione di Padova, facondo e brillante scrittore in ambito soprattutto teologico.

Questi i dati essenziali del suo itinerario terreno. Era nato a Bienno (Brescia) 1'8 gennaio 1939. Nel 1950 era entrato nel seminario minore dei francescani conventuali a Camposampiero iniziando la sua formazione umana e religiosa, scandita nelle tappe successive del noviziato nel 1955, della prima professione religiosa, in cui assunse il nome di Gabriele, nel 1956 e della professione solenne nel 1962. Gli studi liceali li compi a Brescia, quelli filosofici e teologici a Padova (1959-1965). Qui, nella basilica del Santo, il 3 aprile 1965, venne ordinato sacerdote. Dopo questa tappa continuò lo studio a Roma, addottorandosi in teologia nel 1966, presso la Pontificia Università Lateranense, con una tesi (guidata da Spadafora, Molari, Zedda) che, tra le prime, rifletteva la teologia del Vaticano II, dal titolo Il significato religioso del mondo materiale in s. Paolo (pubblicata due anni dopo, con il. titolo, Il mondo materiale nel piano della salvezza, nella collana delle Paoline "Punti scottanti di teologia, 16"). Rientrato a Padova iniziò l'insegnamento di Teologia sistematica (ecclesiologia e antropologia), all'Istituto Teologico S. Antonio di Padova (dal 1967 al 1998), di cui fu preside (dal 1971 al 1976); alla Pontificia Facoltà S. Bonaventura di Roma (dal 1971 al 1973); allo Studio Teologico per laici al Santo (dal 1968 al 1993) che diresse anche come rettore (dal 1970 al 1978); all'Istituto Superiore di Scienze Religiose di Padova (dal 1987 al 1998). Dall'ambito teologico, per una innata curiosità e grande capacità intellettuale, i suoi interessi si allargarono anche nel settore della filosofia (con una tesi di laurea discussa, nel 1973, nella Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Padova su I fondamenti della visione cristiana del mondo e dell'uomo in san Bonaventura) e della psicologia (laureandosi nella Facoltà di Psicologia della stessa Università, nel 1978, con la tesi La sessualità nella logoterapia di Víktor Frankl). Dopo una parentesi triennale (1976-1979) come guardiano nel convento francescano di S. Lorenzo a Vicenza (senza per questo allontanarsi dall'attività padovana), nel 1979 iniziava la sua ventennale presenza al "Messaggero di S. Antonio" come direttore editoriale della edizione italiana (1979-1999) ed anche come direttore generale (1988-1997). Un'attività nel settore delle comunicazioni sociali che lo videro ricoprire varie responsabilità: presidente del1'UNITELM (Società di informazione pastorale) dal 1988 al 1992; vicepresidente della società editrice della rivista bresciana "Madre"; membro della Consulta di "Avvenire" dal 1990, membro della Consulta Diocesana di Padova per le comunicazioni sociali dal 1994.

Un'attività guidata fondamentalmente dalla riflessione teologica, che si esprimeva sia in un ininterrotto insegnamento accademico, sia nella comunicazione a livelli divulgativi. Una presenza in entrambi i campi facilitata da un'intelligenza brillante, capace di grande assimilazione e di analoga versatilità nel trasmetterne i frutti.

Sostò a più riprese anche sulla figura di sant'Antonio, attento soprattutto al versante della devozione popolare e alla comprensione teologica del fenomeno. Ritornò ripetutamente su questo tema, come si potrà notare dalla rassegna bibliografica, particolarmente nell'ultimo periodo della sua ricerca. Interesse comprensibile alimentato dalla esperienza che poteva condurre nel concreto "laboratorio" di direttore del "Messaggero di sant'Antonio".

Dal punto di vista umano non possiamo non ricordare la grande umanità e tolleranza di p. Giacomo. Era raro vederlo corrucciato, capace com'era di una visione della realtà colta miscelando in giusta dose accoglienza "ecumenica" e grande senso dell'ironia, temprato da un fine umorismo.

Il profilo tracciato dal ministro provinciale nella lettera di partecipazione a tutte le comunità della morte di p. Giacomo illuminano bene il suo ritratto, anche interiore: "Si può dire che sulla sua strada vi è stata come la mano provvida e solerte di sant'Antonio, che si è fatto suo maestro e guida nei primi anni di formazione, e del quale diventerà successivamente suo interprete, appassionato studioso e conoscitore, continuatore della sua missione, che si sintetizza nel binomio Vangelo e carità. Ho potuto seguire da vicino i cinque mesi di prova e di sofferenza di padre Giacomo, come lo hanno seguito con amorevole cura e attenzione i familiari, i suoi frati, tante persone legate a lui da ammirazione, stima e sincero affetto. Ho potuto intravedere, dalle sue parole ed espressioni, il suo animo di fronte a questa prova suprema. Ho percepito momenti di difficoltà, di fatica, ma anche momenti di accoglienza e di serena accettazione nella fede, di quanto il Signore stava tracciando all'orizzonte della sua vita, giunta precocemente al tramonto. L'ha accompagnato in questo cammino finale l'icona biblica dell'Annunciazione dell'angelo Gabriele a Maria, nella raffigurazione del Beato Angelico. La teneva tra le cose più care nella stanza del suo convento e l'ha voluta davanti a sé nella stanza dell'ospedale. È un'immagine che racchiudeva i passaggi più importanti della storia della sua vocazione, e credo anche della sua intera esistenza: l'annuncio dell'angelo, il dubbio, la risposta piena e fedele. Proprio per questo al momento della professione temporanea, della sua prima consacrazione, aveva chiesto di prendere il nome di Gabriele. Nell'annuncio vi è raffigurata tutta la sorpresa iniziale del giovane Giacomo, in particolare negli anni dell'adolescenza, nel trovarsi davanti a una proposta vocazionale così alta e impegnativa, da cui forse si sentiva lontano: seguire il Signore, imitandolo nella sua povertà, umiltà e obbedienza al Padre. Una sorpresa che successivamente come per ogni chiamato, è diventata ricerca, dubbio, desiderio di capire ed esitazione nel fare il passo definitivo. Ma una volta presa, la nebbia si è diradata ed è seguito un cammino generoso e sereno nel servizio al bene, là dove l'obbedienza l'ha collocato. È divenuto "Gabriele", cioè "messaggero di Dio" e starei per dire "messaggero di sant'Antonio" con la sua vita e la parola, con la sua scienza e intelligenza.

Con la sua vita fondata sull'essenziale, sulla riflessione, sulla ricerca e lo studio, su un rapporto con i fratelli rispettoso e cordiale, sull'attenta lettura dei fatti quotidiani, sociali ed ecclesiali, con lungimiranza sapienziale e acuta, con passione per quanto può innamorare il cuore di un uomo nella ricerca del volto di Dio e del suo mistero, nel quotidiano di un "oggi" così frammentato e poco collegabile.

Con la sua parola, in particolare nell'insegnamento della teologia per più di trent'anni. Possiamo dire di lui che ha "scrutato e insegnato con amore il mistero di Dio", in particolare i temi relativi all'uomo, alle realtà terrene, alle realtà ultime, ai novissimi. A questo proposito scrive in una delle sue ultime pubblicazioni dal titolo L'uomo, scommessa di Dio: " Paradiso, cielo, vita eterna sono termini che esprimono l'assoluta realizzazione dell'uomo in Cristo. La felicità definitiva e piena nella comunione celeste con Dio in Cristo. Il cielo è nello stesso tempo Dio che si fa compimento definitivo delle nostre aspirazioni e la raggiunta piena identità dell'uomo.

Più che come "eterno riposo", va pensato come vita eterna, eterno dinamismo, perché Dio non sarà oggetto di possesso, ma soggetto di una relazione che solleciterà perennemente la nostra tensione anche se non più esposta al rischio del fallimento. Il cielo comincia già in terra nella misura in cui in essa regna l'amore" (p. 301).

Con i suoi scritti e il servizio editoriale attorno alla realtà "Sant'Antonio", con tutto ciò che si riferisce alla sua figura. In questo campo si può dire che p. Giacomo "ha dato la sua vita", le sue energie più belle, la sua intelligenza e capacità di vedere, di intuire, di tracciare una linea e una pensiero "antoniano": un pensiero ecclesiale, trasmesso in forma di catechesi convincente per una solida formazione cristiana, in sintonia con il cammino della Chiesa alle soglie del terzo millennio".

Vogliamo ricordare uno dei suoi ultimi contributi legato al volume commemorativo per il secolo di vita de "II Messaggero di sant'Antonio" dal titolo Cent'anni di storia. Guardando al futuro. Un futuro che per lui è diventato "eterno presente", ma che sta davanti a noi che ne abbiamo colto l'eredità e ne conserviamo la fraterna e affettuosa memoria.