Fu Basaglia, a partire dagli anni
60, quando operò presso la struttura manicomiale di Trieste, l’artefice di quella che divenne una delle più importanti e significative
riforme del nostro paese. La pubblicazione dell’ Istituzione
Negata fu il testo cardine su cui si articolò il pensiero
innovatore del grande psichiatra. Fu il primo in
Italia, a cogliere i tratti oppressivi e violenti dell’
istituzione manicomiale,
che più che aspetti di natura terapeutica ricordava quelli del
carcere, un individuo affetto da semplici disturbi caratteriali, o
anche forme di nevrosi associate all’ambiente o al degrado sociale,
poteva a discrezione degli psichiatri con l’ avvallo dei famigliari,
entrare in manicomio a vent’anni e non uscirne fino alla fine dei
suoi giorni. L’azione di Basaglia fece proseliti ed estimatori non
soltanto in Italia tanto che la sua opera si tramutò in legge. Noi in
quanto studenti di
architettura tra il '73 e il '74, organizzati nell’allora Collettivo
di Architettura ci prestammo volentieri all’ invito di Pier Andrea Mazzoni pretore di area democratica, a svolgere
una ricerca presso i locali del Manicomio di Quarto, al fine si
stabilisse con metodo certo classificando centinaia di schede dei
ricoverati, l’origine sociale degli stessi e la patologia che ne
causò l’ internamento.
I risultati dell’inchiesta
da noi effettuata furono probabilmente utili, a chi si batteva per l’introduzione della riforma, per vincere eventuali resistenze che in
ambienti conservatori si frapponevano alla annunciata chiusura dei
manicomi italiani. Dal nostro studio risultò infatti che le
preponderanti patologie e cause dell’ internamento erano; dal finire
dell’Ottocento, 1894 anno di costruzione della struttura più vecchia
dell’ospedale; prevalentemente causate da un disagio sociale fatto di
povertà, analfabetismo e degrado morale.
Una giovane con un carattere ribelle ed esuberante, in cui fosse
significativa ad esempio la parte spettante di un’ eredità, additata
da un comportamento ritenuto immorale, con anche il parere di un parroco
bigotto e delle forze di polizia di allora, correva seri rischi di
finire internata.
..Spesso il malcapitato che
finiva recluso, dimenticato dalla famiglia d’origine, che in genere
si vergognava del parente considerato pazzo, diventava estraneo a
qualsiasi rapporto con la realtà esterna, ogni tentativo di ribellione
causava percosse, elettroshock
e lunghi periodi di contenzione legato a letti, dotati di cinghie per impedire il movimento. Il risultato
terapeutico con quei mezzi era devastante, la psiche già
instabile di un individuo peggiorava fino a farlo diventare un relitto umano, farneticante e
ossessivo, inabile ad una vita
propria espropriata e
distrutta da un’istituzione violenta.
|
Possono ricordarsi tre film
molto rappresentativi in tal senso lo statunitense Qualcuno volò sul
nido del cuculo interpretato da Jack Nicolson, l’ italiano con la regia di Nelo Risi del 1968 “Diario di una shizofrenica” e quello del regista Silvano
Agosti che nel 1999 ha realizzato un lungometraggio per ricordare
Basaglia quando operò al manicomio di Trieste.
Dal '60 a seguito dei progressi
svolti negli Stati Uniti circa una più precisa individuazione dei
processi comportamentali legati alla chimica del cervello, con le
benzodiazepine le cose migliorarono, soprattutto nell’ ambito
del sedare le manifestazioni più aggressive , che non richiedevano più
l’impiego di metodi violenti.Ma il cammino per l’ evoluzione di questi farmaci
efficienti, ma all’ inizio molto dannosi, sul piano di effetti
collaterali, non si è ancora arrestato, e ancora e molto vi è da
scoprire sulla macchina più complessa dell’ universo che è il
cervello umano. Ancora oggi in ambito
psichiatrico sussistono due scuole di
pensiero, una che riduce l’iniziativa terapeutica all’azione pura
e semplice del farmaco, prescindendo dalle cause sociali e psicologiche
del disturbo, l’altra che può servirsi del farmaco, ma individua
anche nella psicoterapia e nel sistema relazionale dell’ individuo le
possibilità di cura, ponendo la patologia come conseguenza di un
disagio famigliare o ambientale del paziente.
A Genova colui a cui fu affidato
il compito di applicare la riforma di Basaglia fu il prof. Antonio
Slavic che lavorò a
Trieste al fianco del promotore, il quale malauguratamente scomparve
troppo presto per vedere i risultati del suo lavoro.
1982 Il Laboratorio
di Architettura che durò
poco e non produsse un granchè.
Incontrammo il prof. Slavic nel
l982, e naque l’idea di ubicare nella parte ormai già smobilitata
dell’ospedale psichiatrico di Quarto; la più antica quella del
1894, a fianco del Centro Culturale del Levante struttura già
funzionale che raccoglieva gruppi teatrali tra cui quello di Ugo Dighero, Mario Jorio, Attilio Caffarena;il
laboratorio di Architettura, che era composto dagli architetti
Edoardo Praino, Lucio Rocco, Filippo Icardi, Elio Marengo, grafico Rocco Antonucci, dal fotografo Giorgio Tagliafico, e da
chi scrive. All’ inizio fu entusiasmante, la struttura era ancora
parzialmente occupata dai malati, alcuni che vivevano all’ ospedale
da oltre vent’anni, era emozionante vedere fragili esseri umani
fino a poco tempo prima senza
speranza, acquistare di nuovo la consapevolezza di essere persone e non
numeri. Finalmente potevano uscire dal lager, partecipare alle
assemblee, vivere una vita che per molto tempo gli era stata negata. I
membri del laboratorio erano compagni d’università che avevano
precedentemente partecipato al lavoro di ricerca sull’ospedale nel '75, a parte il grafico e il
fotografo. Dopo costosi lavori di
sistemazione di una corsia dell’ex ottava divisione, tra discussioni
e incomprensioni anche con la direzione dell’ospedale, l’esperienza si esaurì ben presto.
1986 ciò che rimase del
Laboratorio fu una proposta di riconversione della struttura da
presidio sanitario a complesso scolastico...
Quando già il laboratorio
si sciolse, su richiesta del 16° Distretto scolastico di Genova
Levante su interessamento del Dott. Serventi, formai un gruppo di lavoro
composto dagli architetti Sonia Pisano,
Giorgio Croce, Edoardo Praino e si inizò uno studio di cui se ne
riporta qualche immagine dei disegni realizzati,il progetto sulla base
dei nuovi orientamenti didattici, voleva essere una sorta di
campus all’interno della città, offrendo agli studenti,
oltre ad una gradevole collocazione nel verde delle strutture, anche
servizi all’ avanguardia dal punto di vista informatico, si prevedeva
già la videoteca, con spazi di consultazione innovativi, tra l’uso
di normali videocassette, e i videodischi che erano apparsi sulla scena,
(che poi si chiamarono CD rom), idea affascinante ma non conseguì
risultati anche se sulla carta il Ministero prevedesse finanziamenti in
tal senso, poi anche differenze di vedute dal punto di vista degli Enti
Locali circa la destinazione d’uso del complesso, in quanto vi erano
reparti che ospitavano a
quel tempo ancora malati anziani, fece arenare la proposta.
|