Riri Negri
L’officina di Riri Negri
artista e originale insegnante di pittura, anche lei parte della Genova sotterranea..
Per chi avesse esigenza di maggiori informazioni può rivolgersi a:
L’officina della Riri Negri, p.zza Campetto 8/a 16121 Ge +39 010 2470643
Le immagini pubblicate in questo sito provengono su autorizzazione dell’autrice signora Riri Negri dal catalogo Skira
Editore Milano stampato in data novembre 2000.
 

Ho conosciuto Riri Negri tramite i racconti entusiasti di mia figlia di 7 anni, che ha frequentato un po’ la sua scuola di pittura, su un’idea che ha avuto mia moglie insegnante e sempre attratta da iniziative didattiche nuove, che venuta a conoscenza dell’officina ha a mia insaputa ha deciso subito l’iscrizione di Francesca.
Poi conoscendo Riri ho scoperto molte cose attinenti a ciò che intendo raccontare in questo sito, cioè l’eguale appartenenza ad un ambiente con la conoscenza di stesse persone e fatti che hanno, anche se distintamente, sfiorato le nostre vite. Così ho avuto modo di scoprire che Riri Negri oltre ad essere un’originale insegnante di disegno e pittura per bimbi è essa stessa un’artista che ha conosciuto tutto l’ambiente della Genova culturale e anni '70 che io ho cercato sommariamente di descrivere in Piazza De Ferrari agli stessi orari.
La ricerca artistica della Riri si pone infatti in quegli anni tra il '60 e il '70, periodo che fu definito delle avanguardie. Conobbe e fu in rapporti con Rocco Borella e Attilio Carreri noti esponenti dell’astratto geometrico a Genova, fu amica anche di Antonio Porcelli, insegnante molto apprezzato del Liceo Artistico Paul Klee di Genova, artista e instancabile sperimentatore dell arte povera. Possono ricordarsi di quel periodo sul piano nazionale autori dell’arte povera come Fontana, Manzoni, Burri, Pistoletto, Merz, Boetti la non arte il rifiuto del prodotto inteso come espressione figurativa del racconto, la rappresentazione avveniva per frammenti recuperando oggetti, tagliando tele (Fontana ) o bruciando sostanze plastiche (Burri). L’ immagine non era più da intendersi come espressione di una carica spirituale o come risultato esteticodi una ricerca plastica, il modo per appropriarsi della realtà, per testimoniare della nostra epoca era l’oggetto...
Attorno al '60 queste varie tendenze avevano rivelato un indirizzo abbastanza preciso, nel senso che catturando anche spazzature, lattine vuote, rottami di vecchie auto arrugginite, la realtà veniva descritta in tutta la sua interezza (negli USA la pop Art). Cesar presentò come sculture le auto compresse, in blocchi da una tonnellata, Cristo imballava letteralmente i monumenti. Nello stesso periodo contigue a queste tendenze appaiono sulla scena anche optical Art e Cinetic Art. L’arte della Riri Negri si colloca nel grande alveo dell’eredità dell’astrattismo e il suo bianco e nero ricorda la sperimentazione fotografica di Moholy Nagy e ci fa ripensare al clima dadaista che permeò l’epoca del Bauhaus e vide nei fotogrammi di Man Ray e i fotomontaggi di John Heartfield attuare il più radicale rovesciamento della tradizione fotografica precedente con la nascita della fotografia astratta, i fotomontaggi e l’immagine fissata nell’attimo del movimento.

 
Un riferimento alla fotografia di Moholy-Nagy
Senza titolo Fotografisches triptychon
Senza titolo 1922/26 fotogramma Fotografisches triptychon 1922 Trittico fotografico
Senza titolo Laszlo und Lucia Senza titolo
Senza titolo1922/26 fotogramma Laszlo und Lucia 1922/26 fotogramma Senza titolo 1922/26 fotogramma
 

La Riri lavora sull’essenza del bianco e nero nella sintesi di forme irregolari, volute, spirali e tracciati prendono forma su fondi rigorosamente neri, che sembra riportarci a 2001 Odissea nello Spazio ai frammenti ai suoni, ai fruscii, senza forma, allo scorrere dal vetro di un’ astronave del profilo irregolare di galassie ancestrali o ai misteriosi tracciati di un calcolatore elettronico in avaria. Ama il suo lavoro di insegnante, che svolge con passione cercando di infondere nei bimbi che la seguono la gioia per la manualità e la naturalità dell’espressione in un mondo a suo dire troppo condizionato da protesi e mediazioni tecnologiche che mirano a stravolgere oltre che l’ambiente anche la nostra percezione umana in una dimensione troppo ricca di oggetti ma povera di passioni e fantasia autentica.

Paolo Gastaldo

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