OLIVER FAX SUONAVA IL SAX

Testo breve da un'idea del gennaio 1996 di Paolo Gastaldo rielaborazione del venerdì 4 maggio 2001

Oliver era un campagnolo con la passione dell' economia e della finanza, veniva dall' Oregon dalla fattoria dei genitori e da sterminate campagne ,collegate da un reticolo di strade incomprensibili che si perdevano in campi immensi e quasi uguali,fin da piccolo voleva fuggire da giornate ripetitive, dove ciò che cambiava era solo l' orizzonte largo del cielo che mutava tra nuvole gigantesche ed azzurri profondi, la pioggia. ed il sole. Per questo suonava il sax; uno strumento pregiato ereditato dal nonno che negli anni trenta frequentava una "band; per "volare" con le note con le quali poteva estraniarsi e percorrere il territorio libero dell' espressione..Finì gli studi in un "college" modernissimo e privato, con i quattrini dei suoi che con l' allevamento del bestiame non se la passavano male.Scrisse e scrisse , lettere e lettere ,gli rispose la "Western Bank, di New Jork, non un' assunzione di grande importanza ma un posto da cassiere , tutto era meglio che restare lì ,ancora a guardare il cielo. Partì con tutto l' entusiasmo di una rondine pronta a migrare,finalmente poteva vivere e respirare nella città sognata, maestosa e luccicante nei suoi alveari di cristallo puntati verso le nuvole.Alto corpulento, con già a trent' anni una calvizie incipiente,che avanzava tra i capelli biondi e stopposi , su un viso pieno e roseo ,incorniciato da un pizzetto color rossastro e occhiali d'oro tondi,ed eleganti.Scese dall' aereo e incominciò la sua vita , di uomo urbanizzato uguale a mille altri, ma non gli importava .Ad un certo punto dopo anni di entusiasmo , per la "grande mela" , che non finiva mai di stupirlo,ma sempre nella sua solitudine, ancora più grande di quando stava in Oregon Improvvisamente ,ricominciò a suonare, il suo sax .

Suonava dappertutto quando poteva ,e se lo portava dietro come un amico fedele, suonò in metropolitana ,ma fu dissuaso da due agenti, ci provò al ritorno a casa, nella periferia infinita ove viveva,ma fu aggredito dai vicini.Non gli rimase altro che il tetto del grattacielo ove era ubicata la sua banca . Alla fine del turno lavorativo prima di prendere la metropolitana non c' era giorno che non salisse, guardava da lassù le migliaia di luci che si accendevano nella luce di mezzo , tra i viola e gli azzurri della sera incombente , le scritte di luce , le automobili in corsa in miriadi di punti luminosi , tra quelli che si avvicinavano e quelli che raggiungevano i confini della città ,su strade rettilinee e infinite.

Per un po' restava muto ad osservare, poi dopo aver estratto lo strumento con delicatezza cominciava a suonare, non seguiva alcuna traccia i suoni salivano da dentro, dalle luci , dalle nuvole rosa e di ovatta , dai gabbiani del cielo, che sembrava volessero ascoltarlo , mentre il blu di cobalto saliva , padrone dell' orizzonte .Un giorno che la tristezza si fece sentire,suonò l' ultima volta in un canto struggente , poi con la solita flemma scavalcò il parapetto, per seguire i gabbiani .
Paolo Gastaldo