GENOVA E IL BOOM...
Ultimo discendente di una famiglia prestigiosa che nell' 800 aveva avuto ricchezze e proprietà immobiliari con i commerci marittimi, era decaduta con la cattiva amministrazione e la dissipatezza del nonno... di Filippo Parodi , ingegnere genovese , sposato , senza figli, con Claretta Mangini bionda magra e incartapecorita già da giovane ,ma anch' essa di buona famiglia proveniente da Carignano uno dei quartieri eleganti della città.Ovviamente bastavano le rendite di Claretta che aveva 20 appartamenti nel centro storico , e viveva con Filippo in in Castelletto da dove si godeva la vista di tutta la città. Ma Flippo si annoiava e in qualche modo avrebbe voluto utilizzare la laurea in ingegneria .
Non se la passava male , disoccupato passava le sue giornate al "garden bar" di corso Italia dopo il tennis, con poi.. l' aperitivo al bar Mangini, in via Roma .Nel 1958 aveva 33 anni , e la città stava vivendo quello che in Italia avrebbe assunto il nome di "miracolo economico ," Si aprivano nuove industrie il porto funzionava a pieno regime Cornigliano aveva riempito il suo litorale con gli impianti siderurgici , "castello Raggio"non esisteva più, il cemento invadeva le colline nell' assurdo sovrapporsi di palazzoni di 8 piani su strade anguste , uno sull' altro tra orrendi muraglioni di cemento , posteggi e negozi inesistenti ,ma era il" boom", in città arrivavano sempre nuovi immigrati , e le costruzioni si espandevano in ogni direzione . Tutti si arricchivano, dai macellai immigrati dal basso Piemonte, che non pagavano una lira di tasse , fino a quelli calabresi che iniziavano da muratori poi col secondo lavoro il sabato e domenica si compravano la macchina e l' appartamento, sembrava una specie di"America" , ove i ricchi ampliavano i patrimoni , gli speculatori immobiliari guadagnavano sugli "appartamentoni di collina,e i poveri trovavano un futuro ,nelle varie aziende I.R.I. come saldatori , tubisti, tornitori, tutto tirava , cantieristica navale, siderurgia, edilizia, commercio, e portualità.
L' ACCIAIO
Su interessamento di uno zio monsignore ,benvisto ed ascoltato dalla potente curia genovese , Filippo fu assunto presso l' ufficio tecnico della grande acciaieria di ponente.. L' ufficio tecnico col compito di sovraintendere ai lavori di ampliamento e alla manutenzione degli impianti curava anche l' acquisto di macchinari e la costruzione di nuovi capannoni . Essendo azienda pubblica di grande interesse nel panorama produttivo del paese,non si badava a spese , l' industrializzazione dell' Italia aveva bisogno di acciaio , e i sindacati chiedevano più assunzioni .
Forse per il suo carattere schivo e riservato , la meticolosità pedante nell' affrontare questioni lavorative gli causarono quasi da subito una sorta di " mobbing"o antipatia sottile e non dichiarata che consisteva , nell ' affidargli incarichi inutili , contabilità di cantieri già conclusi ,riordino e archiviazioni di pratiche polverose , la sua collocazione fu posta in luogo diverso dalla direzione tecnica , e in una piccola e semifatiscente palazzina a due piani .Aveva al piano rialzato a disposizione un locale ampio ma polveroso , colmo all ' inverosimile di vecchi faldoni ,coperti da muffe e ragnatele , per le infiltrazioni che insidiavano il tetto malamente riparato con arrugginite lamiere sforacchiate . C' era una scrivania d' anteguerra in legno ,due tavoli traballanti con il piano di linoleum color muschio, un tecnigrafo con braccio a molle arrugginite rivestito da una vecchissima carta spolvero unta e bisunta sforacchiata da infinite puntine "Assa" a tre punte che si erano conficcate per anni su quel piano e un ' indefinita serie di armadi dalle ante in vetro color verde opacizzate da.. polveri mai rimosse .
Non vedeva nè incontrava nessuno, salvo il passare di vocianti e rumorose schiere di operai sotto le sue finestre allo scandire, dopo la sirena, del cambio del turno , nè alcuno gli chiedeva mai ragione delle timbrature in entrata e in uscita , il telefono sulla scrivania a parte qualche chiamata della moglie rimaneva muto . Dopo i primi mesi trascorsi a riordinare e catalogare tutte le pratiche giacenti nei faldoni polverosi e puzzolenti di muffe verdine , a pulire le vetrate sui telai metallici delle fatiscenti finestre ,e a ricontrollare i conti di vecchi ed inutili cantieri , tirò finalmente un sospiro di sollievo , e la sua dimensione solitaria cominciava a piacergli , come i ritmi scanditi dal rumore cupo dell ' altiforno e il puzzo acido e secco della nuvola di fuliggine che uscendo a tratti dalla ciminiera anneriva quotidianamente il suo davanzale .
"U scù Milanta" il capo ufficio tecnico , un sessantenne gioviale e sovrappeso ,ogni tanto gli telefonava gracchiando ordini rauchi in genovese poi arrivava un fattorino siciliano di Agrigento , e gli portava la pratica.... poi nulla anche per mesi... progetti, di capannoni che lui disegnava meticolosamente sulla carta lucida del suo tecnigrafo scricchiolante,con i suoi "graphos" tenuti in perfetta efficenza,poi l' analisi dei costi e il capitolato tecnico d' appalto... , senza vedere mai nessuno, raramente passava il sciù Milanta complimentandosi,... sorridendo gioviale si portava via gli elaborati , che sparivano ..nei meandri dell ' azienda senza che lui ne seguisse alcuna destinazione o realizzazione ,poi a volte per mesi....il solito ... silenzio ,rotto solo dai consueti rumori ,dalla nuvola di fuliggine, dal vociare degli operai a fine turno .
Il ventisette di ogni mese si recava allo sportello paghe dell azienda e lì incontrava qualcuno , con cui scambiava saluti o frasi di circostanza ,nei momenti che la lunga coda allo sportello lo separava dalla consegna della busta .
ARRIVO'LA PENSIONE
Passavano gli anni , Filippo si era da tempo adattato alla solitudine ,ascoltando musica , e leggendo un gran numero di libri nei lunghissimi momenti di inattività forzata ,non c' erano mai riunioni tecniche o contatti con altri dell ' ufficio ,ma lui era felice di questo angolo solitario , in cui poteva sognare , ed estraniarsi .Tranne qualche rara assenza , dovuta a fatti influenzali ,la monotonia fu rotta soltanto dalla scomparsa improvvisa per infarto del sciù Milanta gran mangiatore .. ,che fu sostituito dal sciu'
Repetto ,....il nuovo capo ufficio ...
Vent' anni erano volati , e nel 1978 lui sempre vestito con abiti uguali , comprati appositamente , consistenti in una giacca di tweed inglese grigia, una camicia bianca ben stirata con una cravatta blu a righine rosse ,l' impermeabile beige per l' autunno , il cappotto in loden verde per l' inverno ,ed un abito estivo in lino grigio,con una borsa in cuoio anticato nella mano destra , era diventato già un personaggio noto e familiare a molti che il mattino da anni , dal centro si spostavano verso Cornigliano . Preciso a tal punto che chi con l' orologio fermo lo usava come riferimento , per raggiungere il luogo di lavoro , con ....puntualità .
Si alzava alle 5.45 usciva alle 6.20 e scendeva puntuale alle 7.30 dall ' autobus sul ponte di Cornigliano accanto la cappelletta ,poi a piedi raggiungeva Campi e lo stabilimento ,alle 8 in punto .. timbrava per poi si estraniarsi fino alle 17 quindi tornare a casa da Claretta verso le 19,un viaggio di due ore con autobus sempre fermi in coda o a passo di lumaca ., tutti i giorni nel medesimo modo , estate e inverno .
Claretta sua moglie coetanea , non stava tanto bene ,sempre più rinsecchita era soggetta oltre che ai piccoli disturbi fastidiosi di una menopausa ormai all' ultimo stadio , anche ad improvvise melanconie , che duravano a lungo , fin alle soglie dell 'estate ..,si esaurivano con con la cabina dei bagni in corso Italia,..lì ritrovava le amiche e "ciattellava" giocando a carte fino a sera quando rientrava. .Le ferie erano sempre uguali ,lo stesso viaggio con la corriera dal piazza della Vittoria fino a Torriglia ove possedeva una villetta di tre piani ,graziosa un pò cadente e di uno stile volutamente eccentrico , ad imitare esempi già anticipatori del "Liberty",che fu fatta costruire dal nonno , vetrini colorati sulle scale e una torretta ove amava rifugiarsi nelle notti d' estate a guardare la luna e le stelle cadenti con Flippo imbronciato ,e brontolone ansioso di riprendere il lavoro .Poi c' erano le passeggiate nei boschi , le amicizie di sempre , e quella noia sottile ed assuefatta ad immutabili abitudini.
Tutta la loro unione si basava , sulla modestia fatta di rinunce ,e bon ton , ma senza lussi ,anche se la rendita dei 20 appartamenti gli avrebbe consentito da sola assieme ai risparmi mai toccati,... di fare varie volte il giro del mondo ,si privavano di tutto ciò che ai loro occhi era voluttuario ,non possedevano un televisore nè un automobile .Dopo la morte per vecchiaia dei rispettivi genitori i rapporti con fratelli e sorelle si erano interrotti per questioni di eredità ,non era infrequente nelle famiglie genovesi di un certo prestigio che alle controversie patrimoniali subentrasse , un rancore silenzioso che raramente si interrompeva , per allentarsi solo in presenza di nuovi lutti e conseguenti diverse spartizioni , per poi rideterminarsi nei soliti silenzi... indifferenti e pluriennali . .
L' appartamento,... in cui vivevano in Castelletto di dieci stanze,.. mobili di pregio ereditati , tendaggi inglesi , e quadri di autori ottocenteschi di buona fattura , una grande stanza zeppa di libri , ed un giardino da cui si scorgevano i tetti grigi della città ,..e il mare ,....dava a chi li visitava raramente, l' impressione di un eleganza suntuosa ,ma sobria e con tratti decadenti ,nei punti della casa ove le preziose tappezzerie in tessuto erano da tempo scollate ,nei soffitti e dagli intonaci staccati a mostrare i cannicci o nei cuscini sfondati di belle poltrone mai restaurate .
Ma a loro non importava ,Claretta si adoperava in parrocchia ,con frequenti elargizioni ,partecipando ai pacchi dono di natale ,e le altre signore con cui due volte la settimana tra un thè e una canasta divideva il tempo, all ' arrivo di Filippo che era.. già sera .Poi si dilettava nel ricamo di pizzi macramè .Era della famiglia anche Rosalia una vedova calabrese sempre vestita di nero , venuta a vent' anni nel 1953, assieme al marito da San Giovanni in Fiore .
Assunto alla fonderia Italsider trovò quasi subito la morte giovanissimo in un brutto incidente in cui rimase schiacciato da... una pressa ,dopo anni di diffilcoltà con anche un ricovero al manicomio di Quarto ,fu il prete a presentarla come domestica a Claretta che la assunse volentieri .
Rosalia ebbe una stanzetta tutta per lei ,zeppa di crocifissi e madonnine ,analfabeta e religiosa fino alla supertizione ,che si concretizzava in strani gesti e formule in calabrese arcaico , era tuttavia un ' instancabile e devota collaboratrice domestica , non si lamentava mai , le sue ore libere le passava in camera dicendo per ore il rosario di fronte alla foto del marito morto, sotto alla quale aveva realizzato una sorta di altarino con un cero che sostituiva ogni due giorni ,...puntualmente.
Nel settembre del 78,come un fulmine a ciel sereno arrivò la famigerata lettera INPS che annunciava la possibilità per Filippo di richiedere la pensione con "vent' anni sei mesi ed un giorno" ,ma l' entusiasmo di Claretta non fu lo stesso di Filippo che sprofondò in una cupa depressione ,che gli causò anche episodi dissociativi fino ad un ricovero coatto al manicomio ,da cui ne uscì sempre più assente e stralunato nel marzo del 79, quando Claretta aveva già predisposto tutte le pratiche della pensione che gli arrivava già puntualmente .
Filippo non si dava pace continuava ad uscire alle 6.20 e ad essere in azienda alle otto, come sempre , con gli usceri che non lo facevano più entrare , tornava a casa infelice e nervoso , con Rosalia che recitava le strane formule propiziatorie , baciando l' immaginetta di Padre Pio di cui era devotissima ,voleva guarire il suo padrone , ed oltre il rosario per il marito morto ci aggiunse anche quello... per il signore ,così afflitto da sedersi in poltrona tutto il giorno guardando la parete .. con lo sguardo assente .
Claretta le tentò tutte , per farlo uscire dalla crisi , acquistò un televisore a colori ,per farlo distrarre , una Fiat 124 blu nuova di zecca ed un box con un ' autista ad ore che li portava in giro a loro piacimento... ma invano. Lo portò a Lurdes facendolo immergere più volte nelle fredde vasche del santuario con Rosalia che pregava ininterrottamante tutto il viaggio, ma era inutile .Se Claretta lo costrigeva a stare nella villa di Torriglia lui di buon mattino fuggiva con la corriera e tornava di nuovo a Cornigliano , dove chissà... ritrovava se stesso .
Lo conoscevano tutti , preoccupandosi finanche se qualche mattina mancava al solito appuntamento .
L' ULTIMO VIAGGIO
Filippo aveva settant'anni ,non era molto cambiato fisicamente , dimostrava più della sua età già da giovane per l' incipiente calvizie e l' incanutimento precoce ,Claretta se ne era andata un anno prima senza soffrire quasi in silenzio , gli restava solo Rosalia sempre devota , quasi in odore di santità,continuava i suoi viaggi verso lo stabilimento chiuso ormai da tempo e la città che era cambiata in molte parti .
Quella mattina d' autunno , mossa da nubi spinte da uno strano vento sciroccale , Filippo senza leggere i giornali che l' ultimo pezzzo dell ' acciaieria sarebbe quel mattino stata demolita con cariche esplosive ,si trovò con una moltitudine di persone che guardava e le forze dell ' ordine che respingevano la folla,.... un gran boato ..la nuvola di polvere ... Filippo si accasciò ..senza un lamento , raggiunse la sua Claretta nella tomba di famiglia a Staglieno , in un funerale con i parenti sempre più lividi di rabbia quando scoprirono che Rosalia aveva ereditato l' appartamento ed anche gli altri del centro storico .
Dello strano ingegnere nè parlò il telegiornale regionale ed anche qualche rivista settimanale , per la bizzarria del personaggio che dal 58 aveva segnato le mattine sul ponte di Cornigliano ,ma la storia non finì ..perchè pare che ancora oggi nelle strane mattine sciroccali molti giurano di vedere passare una figura con il riporto svolazzante ,la faccia smunta ed una grossa borsa di cuoio nella mano destra ., per poi improvvisamante sparire ....
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