UN PERSONAGGIO DELLA GENOVA SOTTERRANEA
Di Roberto Sinigaglia
Paolo Gastaldo è uno dei tanti personaggi di
quella Genova meno conosciuta che cela al suo interno una vita sotterranea
popolata da gente che scrive, dipinge, suona; ambiente eterogeneo
animato da persone accomunate da una caparbia certamente pari al
rifiuto che la città matrigna oppone alle loro proposte e ai loro
sogni.
Gastaldo, al di là di studi universitari e di
esperienze lavorative consumate come architetto d’interni che lo
hanno visto da sempre poco avvezzo a quanto regola di opportunità e
convenzioni sociali avrebbero potuto suggerirgli, ha maturato una
cultura della denuncia contro lo svuotarsi progressivo, quanto a
significati e contenuti, della professione di architetto: le feroci
competizioni tra colleghi per accaparrarsi favori a commessa da
qualche politico eccellente soprattutto nei recenti fasti delle orge
colombiane, lo hanno dirottato verso lidi più solitari e autentici.
Dall’architettura intesa come fabbrica delle tangenti ha preso
decisamente le distanze per maturare un’autenticità già
manifestatasi negli anni giovanili col disegno e la pittura.
Ecco il recupero di abitudini già vissute negli
anni ’70 , fatte di esperienze umane, di frequentazioni in quel
mondo affascinante e contraddittorio che e il centro Storico genovese
abitato da intellettuali, artisti, emarginati. Che se non gli
offrirono opportunità di lavoro favorirono però in lui affinamento
artistico e curiosità intellettuale.
La sua produzione comincia agli inizi degli anni
’80, costellata da numerosi episodi lavorativi, necessari a quadrare
bilanci e a pagare bollette inevase, ma vissuti come fastidiose
interruzioni. Si esprime in una ricerca che, muovendo dal disagio nei
confronti di una società sempre più condizionata da modelli di vita
consumistici, enfatizza un modo di osservare la realtà molto
personale, che si manifesta in disegni e dipinti, con appunti,
annotazioni di frammenti di esistenza vissuta o subita.
Ne consegue un linguaggio che, se non coltiva la
presunzione del verbo innovatore, ci regala una lettura assai
originale capace di toccare e miscelare tra loro elementi già noti
alla storia dell’arte contemporanea, quali l’espressionismo
tedesco e il Novecento italiano. Il risultato è uno stile autentico e
fortemente comunicativo. Le angosce dell’espressionismo vengono
stemperate nell’ironia e nel surreale e le immagini scorrono
tra città angoscianti dominate dalla tecnologia, squallide mense
aziendali, ragionieri della vita spazzati via da improvvise
folate di vento, coppie matrimoniali riprese in allucinanti insonnie
notturne in compagnia di televisori sempre accesi, pendolari
intristiti in quotidiane attese di autobus che non arrivano mai che si
riscattano da una vita di noiosa obbedienza liberando palloncini verso
il cielo. Ma la denuncia del malessere sociale di questo fine secolo,
la descrizione dei vincoli e condizionamenti che imbrigliano
l’umanità in un universo privo di certezze e di significati non
rappresentano una mera denuncia fine a se stessa quanto uno stimolo a
una riflessione volta a scovare libertà nei comportamenti e
autenticità nei rapporti umani.
Genova, 7 dicembre 1992
Professor Roberto Sinigaglia, docente di Storia dei Paesi Slavi
presso:
Università degli studi di Genova Via Balbi 6 16126 Genova
Tel.
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