Mi capitava spesso di
passarle davanti
e non avere il coraggio
nemmeno di rivolgerle uno sguardo.
La sua bellezza metteva
soggezione, la sua sicurezza incuteva timore
ed a questo andavano ad
aggiungersi anche i suoi lineamenti così delicati che la
rendevano per me davvero irraggiungibile.
Chiudete anche voi per un
attimo gli occhi e cominciate a volare. Iniziate a
sognarla così per come la ricordo io: lei era elegante, con un
bel nome straniero. Sembrava sopraffare la sue amiche di lavoro
col semplice portamento superbo del capo, o con un solo dei suoi
sorrisi affascinanti. Avea l'aria di gentile arroganza, come se
sentisse di render beato il suolo che calpestava; il
sorriso di lei era affascinante, lo sguardo profondo ed un po'
altero, l'accento carezzevole, gli abiti che scendevano giù, non
potevano che sfiorarle le morbide forme, pregandoli anche
di non rovinarne l’armonia.
I suoi movimenti erano
alteri e civettuoli, graziosi e provocanti, modellati di
aristocrazia e fine beltà.
Nemmeno a dirlo, la sua voce
era più bella del suono dell’arpa, di mille violini in una
melodia di infiniti colori; una sinfonia di strumenti inventati
soltanto per creare un’unica perfezione: lei.