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Per gli antichi egizi la
parola aveva un magico potere: il nome evocava, creava,
"era" la cosa nominata. Chiamarsi " Protettore
dell'Egitto" voleva dire divenirlo realmente. Questi concetti
davano un potere creativo tanto alla scrittura geroglifica, quanto
alle raffigurazioni. Per questo il nome del cartiglio era fondamentale
per il sovrano, che ne possedeva ben cinque: la "
titolatura" reale. Il primo ( dedicato a Horus, il dio
Falco, di cui il re era l'erede terreno e l'incarnazione ), appare
già prima della I Dinastia. Sempre nella I Dinastia compare il nome
del " Giunco e Ape " ossia " Re dell'Alto e del Basso
Egitto " ( il giunco è una pianta simbolo della valle del Nilo,
l'ape del Delta) e il nome delle " Due Signore" cioè di
Wadjet e Nekbet, dee tutelari delle due terre. Dalla IV Dinastia
appare il nome di "Horus d'Oro" mentre quello del
"Giungo e Ape" si trasforma nel prenome che rappresentava il
titolo religioso del re. Anche il vero nome del sovrano, che gli
apparteneva dalla nascita, appare dalla IV Dinastia; da allora nome e
prenome vennero incisi sui monumenti dei faraoni. Identificare i re
delle prime dinastie è difficile perchè sui monumenti della loro
epoca appare il nome di Horus, ma più tardi sono riportati solo il
quarto ed il quinto.
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Cartiglio Hatshepsut |