Medici di guerra inviati di pace
   Medici ed infermieri per una speranza di pace

Afganistan: la guerra dimenticata?

Alim 05/05 Kabul, Afganistan: Il 71 per cento dei 102 letti dell’ospedale è pieno, il 21% di questi sono feriti da mina, il 10 % sono feriti da arma da fuoco, poi ci sono i feriti da arma bianca (spesso coltello), e quelli per incidente stradale ed altri traumi in una città che ha pericoli dovunque: sono i dati di un ospedale, l’ospedale di Emergency a Kabul. Sono i dati di una guerra che qualcuno dice finita, mentre qualcun altro preferisce chiamarla “guerra dimenticata”; dimenticata non certo da questa gente, che se anche riuscisse a dimenticare, ci pensano le mine a ricordarla loro.

Alim, figlio di Qasim - perchè qui è importante il nome dei genitori - un bambino di
La corsia pediatrica a Kabul, con i disegni di Vauro dodici anni, vive a Jabal Sirrag un villaggio nella provincia di Parvan, frequenta la seconda classe delle scuole secondarie, la sua famiglia è molto numerosa, il padre una volta era un militare, ma adesso è senza lavoro, troppi i cambiamenti negli ultimi anni, tra i talebani ed il governo provvisorio dell’Afganistan, non c’è più un posto di lavoro per lui. Una sera la madre ha chiesto ad Alim di raccogliere della legna per il fuoco, lavoro svolto di solito dal padre, ma quella sera il padre non c’era, ed è dovuto andare lui, pochi passi fuori da casa, una grande roccia contornata da frammenti di metallo, dove c’era qualche pezzo di legna buono per il fuoco, non si è neanche reso conto di aver calpestato uno di quei pezzi di metallo, si trova nel nostro ospedale da dieci giorni, ha perso le gambe ed i testicoli, si guarda la mano ferita ma intera, ma non ha il coraggio di abbassare lo sguardo sulle gambe che non ci sono più.

Zohardin, ha 37 anni e fa il giardiniere, questo era il suo lavoro nel villaggio di Badagshan a 500 chilometri da Kabul. Stava zappando un orto quando ha sentito l’esplosione, solo sentito, perchè non ha visto la mina che gli ha portato via gli occhi, racconta con calma quello che è successo Zohardin e suo fratello dice che a casa lo aspettano tre mogli e cinque figli, vuole sapere quando lo dimettiamo dall’ospedale, lui è l’unico sostentamento della famiglia; oggi il nostro oculista lo ha visitato e scrollando la testa mi ha detto che non c’è niente da fare per i suoi occhi. Nella notte nel frattempo sono arrivati due piccoli pazienti, una bambina colpita al torace da una pallottola mentre si trovava sul tetto di casa, ed un bambino travolto da una macchina, morti entrambi dopo il loro arrivo nel nostro ospedale. Queste persone, forse non sanno che nello stesso tempo in Iraq si sta combattendo una guerra, che qualcuno ha fretta di definire “finita”; anche lì come in Afganistan, ci vorranno altri vittime delle mine, o da arma da fuoco, perchè diventi una guerra “dimenticata”.
Forse mettendo le guerre in archivio si riesce meglio a pensare alla prossima, ma questo Alim e Zohardin e tutti gli altri non lo sanno.

Massimo Spalluto