Doppia vita
Il salotto di Madame Jolande era uno dei più frequentati dalla nobiltà che viveva fuori Parigi, ed anche quel giorno come sempre era popolato da una serie di nobildonne che si scambiavano gli ultimi pettegolezzi.
“Avete
visto quella fanciulla che sta suonando il piano? Qualcuna di voi la conosce?”
“Ma
non lo sai? E’ una lontana cugina di Charles Windon, il marito di Madame
Ortence!”
“Davvero?
E come mai si trova da queste parti?”
“E’
arrivata da Parigi un paio di giorni fa con Madame Ortence, pare che sia in
convalescenza dopo una brutta polmonite, ospite appunto dei Windon”
“E’
davvero molto bella, e suona il piano in maniera divina, si vede proprio che è
una nobildonna!”
“A
me invece pare molto strana. Non chiacchiera mai con noi quando viene qui, si
limita sempre a poche frasi e poi fugge a sedersi al pianoforte e resta lì
tutto il pomeriggio”
“Forse
è solo un po’ timida, secondo me ha bisogno di conoscere gente! Penso che dirò
a Madame Ortence di portarla al ballo che darò giovedì sera in onore della
duchessa Therese”
“Che
idea stupenda Madame Boulle, e se non saprà ballare o conversare… potrà
sempre allietarci con la sua musica! Ah ah ah!”
“Ah
ah ah! Che modo stupido di ridere che hanno quelle galline imbalsamate!”
“Oscar!!”
“Scusa
Ortence ma è la verità! Questi pomeriggi sono così vuoti, e quelle donne così
odiose! E poi non dimenticarti di chiamarmi Constance! Anche i muri hanno
orecchie!”
Ortence
era letteralmente distrutta. Sua sorella in soli due giorni l’aveva già
esaurita!
“Non
potrei levarmi questo coso che mi stringe in maniera pazzesca??”
Oscar
stava armeggiando cercando di levarsi il corsetto di pizzo, ma la sorella la
fermò prontamente:
“Stai
ferma… Os… Constance, quando saremo arrivate a casa ti assicuro che ti
aiuterò io stessa a toglierlo, ma resisti ancora un po’ ti supplico!”
Un
po’ contrariata decise di assecondare il volere della sorella, e si mise a
guardare fuori dal finestrino della carrozza. Continuava a pensare che doveva
resistere, che era appena all’inizio, che avrebbe dovuto sopportare ancora un
po’ se voleva scoprire quello che stava succedendo.
L’idea
di travestirsi… o meglio, di vestirsi da donna, le era venuta giusto per
concedere un contentino ad Ortence, dato che quando erano piccole aveva tentato
mille volte di trattarla come una delle sue bambole ma non l’aveva mai avuta
vinta ma adesso… specchiandosi nel vetro si chiese chi fosse quella donna
silenziosa che la fissava. Si chiese se Andrè l’avrebbe mai riconosciuta così,
con la parrucca di riccioli corvini – espediente necessario per non
assomigliare in maniera troppo evidente ad Ortence – e quel neo finto,
applicato appena sotto lo zigomo, che completava l’elegante maquillage a cui
doveva sottoporsi come una tortura tutte le mattine. Ma perché pensare proprio
ad Andrè? Nessuno avrebbe dovuto riconoscerla! Ma forse… decisamente lui era
lo scoglio più difficile da superare, se riusciva ad ingannare la persona che
la conosceva meglio era fatta!
“Constance
hai sentito cosa mi ha detto prima Madame Boulle vero?”
Oscar
si riscosse dai suoi pensieri.
“Mmh…
credo di no, facevo di tutto per evitare di ascoltare i discorsi insulsi di
quelle donne, altrimenti mi sarei di sicuro messa a ridere!”
“E
invece, se li avessi ascoltati, avresti sentito che sono stata invitata al ballo
che verrà dato giovedì sera in onore della fidanzata del duca De Rolange!”
Il
viso di Oscar si illuminò:
“Ma
è fantastico, così potrai cercare di avvicinarti a lui e di scoprire cosa sta
succedendo! Mi raccomando Ortence, ho fiducia in te!”
“Oh
ma non sarà affatto necessario mia cara, perché sei stata invitata anche tu. E
sarai tu ad avvicinare il conte, sai bene che l’altra volta mi ha evitato in
ogni modo!”
“Ma…
Ortence, non è possibile, mi riconoscerebbe subito se mi vedesse da vicino,
sarei rovinata!”
“Non
dire sciocchezze mia cara, vestita in quel modo neppure nostra madre ti
riconoscerebbe, e poi non dimenticare che gli uomini non sono poi così attenti
a certi particolari, dà retta a chi ha più esperienza di te!”
“Se
lo dici tu… “
Oscar
non era affatto convinta. E poi come avrebbe dovuto comportarsi se anche fosse
riuscita ad avvicinarsi a lui? Cosa gli avrebbe detto? Doveva rivelarsi per
quella che era ed affrontarlo di petto oppure sperare di non essere riconosciuta
e indagare con indifferenza?
In
quel momento decisamente avrebbe voluto essere stata ad ascoltare Nanny quendo
cercava in tutti i modi spiegarle come si comporta “una vera signorina”!
Nel
frattempo, non molto distante…
“Duchessa
ma siete sicura di quello che volete fare? Non vi sembra un po’…
azzardato?”
“Non
dire sciocchezze Marie, sai bene che il duca è una persona molto riservata,
tocca a me dargli una piccola spinta, altrimenti chissà quanto tempo ci vorrà
prima che si decida a chiedermi di sposarlo!”
La
dama di compagnia della duchessa Therese era allibita, ma non poteva permettersi
di dire qualcosa di disdicevole verso la propria signora, cercò dunque di farla
ragionare:
“Ma
mia signora, se qualcuno dovesse vedervi, ci sarà molta gente al ballo di
giovedì e… qualcuno potrebbe notare la vostra assenza dato che siete
l’ospite d’onore… “
“Non
ti preoccupare Marie, ho già pensato a tutto. Verso metà serata fingerò un
forte mal di testa e mi ritirerò nelle stanze che Madame Boulle ha fatto
preparare apposta per me, così nessuno si insospettirà”
“Mi
scusi ma… come convincerà il conte a… si insomma… a raggiungerla nelle
sue stanze? Come ha detto lei è una persona molto timida…”
“Stai
tranquilla mia cara, ho pensato a tutto. Ci penserà il mio caro fratello a
portarlo da me. Come tu sai anche lui non vede l’ora che venga celebrato
questo matrimonio, quindi farà di tutto perché la mia reputazione venga…
come dire compromessa dal duca, tanto da indurlo ad un matrimonio riparatore,
non ti sembra un piano perfetto Marie?”
La
ragazza aveva ormai perso ogni speranza di farla ragionare, quando si metteva in
testa una cosa nessuno poteva fermarla. Si limitò ad un:” Ma certo duchessa,
vi auguro che tutto vada come da programma, ora vi lascio riposare. Buona
serata” ed uscì mestamente dalla stanza.
Therese
si avvicinò alla specchiera e fissò il suo riflesso molto intensamente. I
lunghi capelli biondi e gli occhi azzurri rendevano il suo viso luminoso e
soave. Possedeva una bellezza insolita, glaciale, e sapeva che il duca non
avrebbe resistito alla sua avvenenza. Un sorriso le sfiorò le labbra. Gli occhi
però non sorridevano. Mancava poco ormai, e presto avrebbe avuto quello che
voleva.
A
Parigi invece, in una piccola taverna nei sobborghi della città, un uomo
scontava le sue pene in compagnia di una bottiglia di vino.
Era
arrivato lì dopo due giorni di ricerche che non lo avevano portato a nulla.
Aveva girato tutta Parigi, aveva chiesto alla loro amica, a Bernard, nessuno
sapeva nulla, era come se fosse scomparsa.
Ed
ora era lì, ubriaco fradicio, solo come un cane, a blaterare le parole
sconnesse di un uomo che ha perso il lume della ragione:” Dove… Oscar
dove… perché sei… Oscar… “
Nella
sua stanza Oscar, finalmente libera da quegli indumenti a lei così poco
familiari, era distesa sull’enorme letto a baldacchino scrutando il soffitto.
‘Stai
impersonando una parte Oscar’ si stava ripetendo ‘niente altro che una
parte’. Ma non stava affatto funzionando. In quei due giorni aveva vissuto in
un modo che non assomigliava per nulla al suo, che mai avrebbe potuto essere così
distante, ma che in qualche modo l’affascinava. Pensava a come sarebbe stata
la sua vita se suo padre non avesse deciso per lei, se fosse cresciuta come le
sue sorelle… Non avrebbe conosciuto il rigore della vita militare, il dolore e
la fatica, l’onore e la sconfitta. Ma… non avrebbe neppure mai conosciuto la
libertà, l’orgoglio di ciò che era, e neppure Andrè. Già, non ci aveva mai
riflettuto, ma se fosse vissuta come le sue sorelle non avrebbe mai visto Andrè
se non come il nipote della loro governante… niente corse, scherzi, galoppate,
nessun segreto… Già, lei e Andrè avevano condiviso tanti piccoli segreti, e
mai si sarebbe immaginata che proprio lui l’avrebbe tradita. Già, aveva
tradito la loro amicizia, e lei non riusciva a perdonarglielo.
Chissà
com’era quella donna, la duchessa Therese. Non ce lo vedeva davvero Andrè
fidanzato con una nobile, e lei invece? Sapeva davvero che l’uomo accanto a
lei era solo un servo?
Quella
parola la colpì come una frustata: ma che cosa stava dicendo? Andrè non era un
servo, non lo era mai stato o meglio… tecnicamente lo era, ma nessuno in casa
sua lo aveva mai considerato tale. Per lei era stato un amico insostituibile, un
fratello, e sapeva anche che il generale e la moglie lo consideravano un po’
come il figlio che non avevano mai avuto anche se non l’avrebbero mai ammesso
uno di fronte all’altro, e allora perché quella parola tutto ad un tratto? La
verità, che non avrebbe mai ammesso neppure sotto giuramento, era che non
poteva sopportare l’idea di quel fidanzamento, e cercava ogni pretesto valido
perché dovesse essere rotto.
Ma
improvvisamente si rese conto che il problema era molto più radicato. Chi era
davvero il duca De Rolange? Era veramente Andrè? E in caso affermativo, da
quanto? Perché impersonare un altro uomo e, soprattutto, in occasione di un
ipotetico fidanzamento?
TOC
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“Mademoiselle
Constance, se volete scendere per la cena Madame Ortence vi aspetta”
“Ditele
che vengo subito”
Era inutile arrovellarsi il cervello. Giovedì sera, in un modo o nell’altro, avrebbe scoperto tutto.