JETTA LI PICOCC!

 

Dice W. Shakespeare: <<Ci sono più cose in terra che in cielo>>. E Linus C. Pauling (Nobel 1945 per la chimica e Nobel 1962 per la pace): <<Nessuno ha mai visto l’elettrone>>.Generalmente si ritiene che la materia sia inerte. Ma a chi è in possesso delle più elementari nozioni di atomistica consta che è piuttosto l’espressione di un quadro (spin elettronico, forze di legame, energia) tutt’altro che statico. Una lama d’acciaio, ad esempio, apparirà al microscopio elettronico come una colonia microbica caratterizzata da veloci movimenti rotatori. Non c’è dunque alcuna relazione di uguaglianza o di Somiglianza tra ciò che appare e ciò che è. Bisogna allora domandarsi quale sia la vera struttura della materia. Pensando agli schemi teorici elaborati lungo il corso dei millenni ma soprattutto al <<Principio di indeterminazione>> di Werner Heisenberg (Premio Nobel 1932 per la fisica) comprenderemo come tale problema sia destinato a rimanere insoluto. Infatti il principio di Heisenberg nega la possibilità di determinare contemporaneamente posizione e velocità di una particella elementare ossia di un costituente della materia privo di ulteriore struttura e indivisibile.
Il che significa, con buona pace di Popper, che c’è una impossibilità materiale ed oggettiva di determinare simultaneamente posizione e velocità di un elettrone. D’altronde il grande Cartesio fa esplodere tutto il suo spirito di finezza dimostrando attraverso il dubbio iperbolico, che i sensi e la ragione sono ingannatori. (Che il suo spirito poi cerchi un approdo diverso e deduca la non fallacia della ragione è del tutto ininfluente). Ciò nonostante, c’è ancora chi ritiene, navigando nella scia del fondatore della Scuola di Elea (sec. V a.C.), che due siano le vie d’accesso della Verità: i sensi e la ragione. Bisogna dunque chiarire che nella ricerca della verità, la via della sola ragione, con buona pace del <<venerabile>> Parmenide, è destinata a subire uno scacco. Quella razionale non è l’unica strada percorribile! Certo dobbiamo muoverci nel solco della ragione non tanto però da non porre in bando ogni tipo di chiusura mentale, ben consci appunto della nostra finitezza ontologica.
Solo qualcuno nega la Causa Prima o causa non causata mentre nessuno al mondo negherà l’elettrone! Ora, pur prescindendo dalle Sacre Scritture, appellarsi alla ragione s’impone. Per non avere dubbi circa l’esistenza del <<Primo Motore>> basta ad esempio il principio di causalità cioè il principio che stabilisce: a un effetto corrisponde una causa.
Finanche David Hume, nonostante il suo estremismo irrazionale e scettico, (respinge infatti le prove che i teologi adducono a favore dell’esistenza di Dio), ritiene come plausibile qualche analogia con l’intelligenza per quanto concerne la causa dell’universo.
D’altronde l’orologio rinvia all’orologiaio. Ebbene un universo retto da leggi universali e necessarie non è condizione sufficiente per postulare l’esistenza del divino architetto?
Un filosofo della statura di Kant, pur confutando le prove tradizionali dell’esistenza di Dio, propone una nuova prova detta <<a contingentia mundi>> o <<dei possibili>>: il possibile (questo mondo infatti non è assolutamente necessario) rinvia a qualcosa che è assolutamente necessario. IL possibile suppone il necessario come sua condizione.
Che cosa è Dio?
Dio è Ordine. Bellezza, Amore. (Aleardo Aleardi)
<<Ovunque il guardo giro, / immenso Dio, ti vedo: nell’opere tue t’ammiro, / ti riconosco in me. / La terra, il mar, le sfere / parlano del tuo potere: / tu sei per tutto; e noi / tutti viviamo in te.>> (Pietro Metastasio)
Bisogna altresì dire che c’è una terza via d’accesso alla Verità: la mistica. Mistica è conoscere Dio non attraverso il filtro sensibile o razionale ma per contatto diretto.
Coloro che hanno interesse per la mistica non possono non accostarsi a un bel testo di Martin Buber (1878-1965), una delle figure centrali dell’ebraismo nel nostro secolo (M. Buber, Confessioni estatiche, Adelphi, Edizioni Milano 1987).
E’ una antologia di mistici cristiani, induisti, islamici, etc.
Per comprendere l’importanza delle Confessioni estatiche basterà accennare a due loro lettori. Da una parte Jorge Luis Borges che usava dire di aver scoperto l’essenziale di quanto sapeva sulla mistica dalle <<Confessioni estatiche>>.
Dall'altra parte Robert Musil che, nei mirabili <<dialoghi sacri>> fra Ulrich e Agathe dell'Uomo senza qualità, attinge a piene mani, dalle <<Confessioni estatiche>>.
Chi sono i mistici?
Sono i santi, cioè coloro i quali attraverso la catarsi e la preghiera hanno esperienza di Dio. Come non ricordare i nomi di Giovanni Della Croce, Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux, Edith Stein, Lucia Mangano, Gemma Galgani, S. Elisabetta della Trinità, Teresa Musco, etc.
Uno tra i più grandi mistici di tutti i tempi è lo <<stimmatizzato>> del Gargano: Padre Pio da Pietralcina.
C’è una letteratura sterminata su Padre Pio il cui pensiero peraltro è racchiuso nel suo Epistolario che consta di cinque volumi, l’ultimo dei quali contiene 71 temi o componimenti scolastici da lui svolti negli anni 1902 e 1904-1905.
Per avere una conoscenza sufficiente di Padre Pio, bisogna leggere l’Epistolario o quantomeno il bel libro di un convertito, Alberto Del Fante, il quale avendo ricevuto migliaia e migliaia di segnalazioni, di grazie e miracoli ottenuti per intercessione di Padre Pio, decise di raccoglierli in volume.
Viene qui riportato un miracolo di Padre Pio che desta una profonda e dolce commozione:
<<Viveva a S. Giovanni Rotondo un povero storpio che si trascinava ogni giorno fino al convento dove gli si dava pane e minestra abbondante. Era molto basso di statura e si rimpiccioliva di più per il fatto che dalle ginocchia in giù la tibia era accorciata. Si muoveva aiutandosi con le mani, trascinandosi per la maggior parte sul proprio corpo.
<<Ricordo pure – precisa Padre Paolino - che quando egli rimaneva delle ore sdraiato dinanzi al convento per aspettare l’ora della minestra, tante volte dei ragazzi impertinenti, per divertirsi a prendersi burla di lui, gli rubavano le grucce e allora lui scaraventava ingiurie contro di loro con parole affatto pulite, perchè senza l’appoggio delle grucce egli era costretto soltanto a strascinarsi col corpo sulla terra>>.
Un pomeriggio il povero storpio (si chiamava Francesco Viscio soprannominato Santaredda) vedendo passare vicino a lui Padre Pio, implorò: <<Padre Pio fammi la grazia>>.
Padre Pio lo guardò e gli ordinò in dialetto: <<Jetta li picocc!>> (cioè butta via le grucce). E poichè il povero storpio non capiva, e rimaneva stralunato, egli ripeté con maggior forza: <<Jetta li picocc!>>.
Allora il Viscio gettò via le grucce e senza aiuto di nessuno cominciò a distendersi e a provare qualche passo; cominciò poi lentamente a camminare meravigliando quanti si trovavano sul piazzale del convento.
Molti erano di S. Giovanni Rotondo e conoscevano il Santaredda che aveva 43 anni nell’estate del 1919 quando fu oggetto del miracolo.
Alcuni anni dopo, (Santaredda era già morto), su questa storia volle tornare un figlio spirituale di Padre Pio, il Cavalier Antonio Egidio: <<Padre spirituale ma uno storpio che fine fa nell’aldilà; a uno come Santaredda, per esempio che gli succede?>> Padre Pio scosse la testa pensoso. Poi d’improvviso esclamò: <<Ecco che gli succede, guarda là!>> E così dicendo indicava un punto sul muro verso il soffitto. <<Guardai – racconta Egidio - e vidi aprirsi il velo, e un pezzettino di Paradiso mi apparve. In Paradiso, rivestito di gloria vidi Santaredda. Una scena meravigliosa! Quando dopo qualche secondo rientrai in me, e la visione scomparve, era scomparso pure Padre Pio>>

Prof. Domenico Buccafusca