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Segnalazioni dell'autore:
Personaggi e Opere
Letteratura italiana
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Ermes Dorigo nato a Forni di Sopra il 18/7/47, residente a Tolmezzo (UD) docente di italiano  alle superiori e Supervisore alla SSIS dell'Università di Udine; pubblicista, scrittore, poeta, saggista: notizie più dettagliate nel  sito web personale: space.tin.it/clubnet/ermesdor

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Ermes Dorigo 

Nel silenzio campale  di Volponi

 

Non v'è dubbio che Paolo Volponi sia uno dei maggiori scrittori italiani del Novecento. Meno nota al grande pubblico è la sua eccellenza di poeta che, finalmente, comincia a emergere, risolta ormai, pare, la vexata quaestio della autonomia della sua poesia (Poesie e poemetti, 1981 e Con testo a fronte, 1986, Einaudi) dai romanzi.
Come per questi anche per la sua poesia non mancano forzature interpretative ideologiche, alle quali non si sottrae del tutto Filippo Bettini, autore della per altro pregevole prefazione alla piú recente raccolta, Nel silenzio campale (Piero Manni Editore) , che mi pare accentuare un po' troppo il "titanismo" in senso leopardiano, del Volponi antagonista del sistema, a scapito della dimensione piú umana, dimessa in senso oraziano, di questa raccolta, "minore", a giudizio dell'Autore, ma forse proprio per ciò, in quanto decentrata e tangente rispetto al corpus della sua opera, piú significativa.
Il "silenzio campale", cui allude il titolo, è quello che distende, sulla battaglia della vita, il nulla della morte, tale presenza genera l'husserliana epoché, la messa tra parentesi dell'oggetto e l'emersione della soggettività nella sua nuda essenza, spogliata di ogni artificio, ma tramata delle presenze, attraverso i segni e i linguaggi, del reale. intreccio di natura e cultura, interno ed esterno, che diventa anche intrico, da cui il poeta tenta di liberarsi con uno scarto umorale o etico o utopico, sempre, comunque, con uno stile sperimentale, il cui prevalente registro colloquiale, piú "satirico" che "comico", permette la commistione di lirico e prosastico, di metri e ritmi, di astrazione formale e di enumerazione verbale informe, che nel mentre destruttura la percezione stereotipata e torpida del reale, ne offre una diversa chiave di lettura e conoscenza.
Nel silenzio "mortale" del mondo e delle sue vanità l'anziano poeta è come il "pastore errante dell'Asia" solo nell'universo in "un vivere disperato e cieco".
Una pulsione, liberata dalle profondità corporali ancora vitali, attiva un ritmo una rima, un'assonanza, una catena di segni, un filo associativo, che articola e distende un animo pacato e, infine, rispettoso di sé, non autodistruttivo.
Con una misura tonale di ascendenza oraziana (un Orazio attraversato e superato come il Montale di Satura, con scarti che dicono la distanza ideologica da essi), la soggettività si insegue nelle disseminazioni della storia, per consegnare l'immagine di sé autentica, per essere ben capito attraverso la sua opera, che spera duratura, forse non "aere perennius" ma forse proprio cosí.
Ormai il poeta, che non ha mai cercato riparo per salvarsi, sente di appartenere al "mondo" piú che alla storia; pur nella consapevolezza della "universale inutilità" vuol consegnare a esso il suo sé piú autentico.
"Ciò che di me sopravvive / alla mia paura / appartiene interamente agli altri... Se qualcosa di me ancora vale / debbono tale cosa prenderla gli altri / impiegarla e trarne profitto / presente e reale?, anche se - il lascito non è incondizionato - gli altri "scelgono sempre una proprio non mia / qualità, virtú, capacità".
Spinto a rivelarsi al suo tempo, "vecchio, malandato brontolone / utopista e cialtrone / che si scansa e si oppone / a ogni pratica corrente", senza indulgenze e cedimenti, ma con coscienza sempre vigile e ferma, ribadisce la sua scelta di opposizione, richiamandosi, attraverso la figura di Pasolini nel poemetto Il cavallo di Atene (che è Volponi stesso, cavallo di Troia nel sistema), a quella stagione "di dubbi e di ricerche, ansia di comprensione, / viva e prorompente ideologia, passione / gonfia e insorgente", quando la distruzione dell'utopia olivettiana ha disteso sulla società italiana il "silenzio campale" del "meccanismo implacabile e formale" del capitale.

 

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