CRITICA: IL BAROCCO

 IL BAROCCO

 AUTORE: Benedetto Croce    TRATTO DA: Storia dell'età barocca in Italia

 

Le origini mostrano che la parola e il concetto di « barocco » nacquero con intento reprobativo, per contrassegnare non già un'epoca della storia dello spirito e una forma d'arte, ma un modo di perversione e bruttezza artistica. A mio avviso, è necessario che essi serbino o riprendano, nell'uso rigoroso o scientifico, quest'ufficio e significato, ampliandolo e dandogli migliore determinazione logica...

Non c'è difficoltà alcuna ad additare la caratteristica del barocco, quella che lo distingue dall'« accademico », per es., o dal « sentimentalistico » o dallo « svenevole », e che consiste nel sostituire la verità poetica, e l'incanto che da essa si diffonde, con l'effetto dell'inaspettato e dello stupefacente, che eccita, incuriosisce, sbalordisce e diletta mercè la particolare forma di scotimento che procura. Non c'è difficoltà, perché, com'è notissimo, tale caratteristica fu programmaticamente esposta dai letterati di quella scuola, e dal principale di essi, il Marino, che dié al poeta per « fine » la « meraviglia », ammonendo che « chi non sa far stupire » lasci di fare il poeta e « vada alla striglia », vada a fare il mozzo di stalla. Le citazioni, in questa parte, si potrebbero facilmente accumulare, ma tornerebbero superflue. E ci fu sin d'allora chi mise a contrasto la commozione pura e ideale che la poesia richiede con quella commozione estranea, accusando i « moderni poeti » di « errare gravemente » nelle « materie patetiche », nelle quali, «usando concetti ricercati e arguzie da animi sciolti e non passionali, meraviglia non è che non leghino poi e non passionino gli altrui», come il Tasso, che « v'incappò alcuna volta », e il Marino che vi era « assai sconciamente caduto dentro»...

Tenuto nelle linee generali in cui finora l'abbiamo tenuto, il barocco si ritrova in ogni luogo e tempo, sparsamente e più o meno rilevato. È un peccato estetico, ma anche un peccato umano, e universale e perpetuo come tutti i peccati umani, se non altro in quanto pericolo d'incorrervi. Parimente si è potuto del romanticismo costruire un concetto genericamente umano o psicologico che si dica; e; in forza di esso, in tutte le epoche e i popoli scoprire, qua e là, romanticismo. È noto che il barocco è, stato studiato soprattutto nei cosiddetti artisti e poeti di decadenza, e particolarmente in quelli della letteratura romana (Lucano, Stazio, Persio, Marziale, Giovenale, ecc.), i quali porsero materia a un bel libro del Nisard, alquanto tendenzioso, a dir vero, cioè con sottintesa polemica contro la letteratura francese del proprio tempo. Un analogo raffronto e un'accesa polemica sono tornati di moda per la letteratura ultima, straniera e italiana, e segnatamente per l'arte del D'Annunzio. Né io dirò che cotesti ravvicinamenti siano illegittimi o vani, e anzi ammetto che abbiano qualche utilità, attestata dal fatto stesso che vi si ricorre spontaneamente; ma assai più utile mi sembra, come pel romanticismo così pel barocco, adoperare il relativo concetto in significato non semplicemente psicologico ma storico, riferendolo a quel che direttamente spinse a costruirlo e a foggiare il relativo vocabolo; e perciò intendere per barocco quella perversione artistica, dominata dal bisogno dello stupore, che si osserva in Europa, a un dipresso, dagli ultimi decenni del cinquecento alla fine del seicento.
Un'ulteriore definizione del concetto storico del barocco, una determinazione del suo carattere o dei suoi caratteri, non è possibile, perché il carattere o i caratteri sono le opere stesse di tipo barocco, che allora si produssero e di cui bisogna procacciarsi diretta conoscenza ed esperienza: avendo noi già di sopra esclusa come fallace l'astrazione e la classificazione delle forme rese estrinseche, che pure è stata tentata con lo studiare, per es., le metafore e le comparazioni e gli altri procedimenti stilistici del Marino. Con quella conoscenza e diretta esperienza il concetto storico del barocco si riempie d'immagini varie e particolari, e diventa possesso vivo dello spirito critico.

Importa adoperare i concetti di barocco e di romanticismo come concetti storici, appunto per evitare di cadere nel generico e, per la via del generico, nell'insignificante e infine nel falso, smarrendo la fisionomia e il carattere proprio e individuale delle opere che si prendono a considerare. Anche concesso che nella letteratura francese o nella italiana o nella spagnuola del secolo decimosettimo siano alcuni momenti romantici (nel senso generico che s'è detto), le relative opere erano tuttavia intimamente diverse dalle romantiche del secolo decimonono per ciò solo che quelle nacquero nel decimosettimo e queste nel decimonono, dopo altri due secoli di vita e di lotte spirituali del genere umano. Del pari (come altra volta ebbi occasione di avvertire) tutto il barocchismo che si può notare nel D'Annunzio, e tutte le sue somiglianze col Marino e con altri secentisti, non cancellano il fatto che un D'Annunzio non poteva sorgere se non dopo il romanticismo, il verismo, il parnassianismo, il nietzschianismo, e altri avvenimenti spirituali che non precessero certamente il Marino perché si maturarono nel corso del secolo decimonono...

Da quale paese poteva provenire al resto dell'Europa la moda del barocco? quale poteva darne l'esempio? quale poteva imporla? È evidente: il paese della maggiore cultura e civiltà, da cui l'Europa, come aveva accolto manifatture e industrie e commerci e ordinamenti e scoperte geografiche e invenzioni tecniche, accoglieva arti e scienze e letteratura e poesie e forme del conversare e feste e cerimoniali. E questo paese, nel cinquecento, e ancora per buona parte del secolo seguente, era l'Italia; e con l'Italia, in alcune manifestazioni del costume e della cultura, la Spagna, alla quale dava forza di penetrazione la sua forza politica; sicché gli avversari spagnuoli dei polemisti italiani avrebbero operato ragionevolmente conciliandosi e affratellandosi con questi. Ma, onore o torto che ci faccia, il barocchismo fu, sostanzialmente, italianismo; e come tale venne accusato in letteratura dai primi che gli si ribellarono contro, dai critici razionalistici francesi, e come tale era implicitamente riconosciuto da tutti gli amatori e committenti d'arte che, sino alla fine del seicento, e anzi sin quasi alla fine del settecento, considerarono l'Italia come il paese che principalmente forniva pittori, scultori e architetti e musici e poeti di corte.
Se il barocchismo ha carattere non artistico né poetico ma pratico, così nel suo prodursi in una singola opera come, e ancor più, in quella comunanza di produzione che si chiama la scuola o la moda e che già per sé è un fatto pratico, lo storico della poesia e dell'arte non può considerarlo positivamente ma negativamente, cioè come una negazione o limite di quel che è propriamente arte e poesia. Si dica pure «età barocca » e « arte barocca »; ma non si perda mai la coscienza che, a rigor di termini, quel che è veramente arte non è mai barocco, e quel che è barocco non è arte...

Per altro, sarebbe alquanto parziale vedere nella moda barocca diffusa dall'Italia unicamente il cattivo gusto, e non anche quell'addestramento stilistico, quel corso rettorico, quell'iniziazione ai segreti della arte, quel raffinamento, di cui gran parte dell'Europa aveva allora bisogno per uscire da talune pratiche ancora medievali e per avviare la poesia, la prosa, l'arte moderna in tutte le sue forme: quell'educazione letteraria e artistica, insomma, che l'Italia largamente somministrò alla Francia come all'Inghilterra, alla Spagna come alla Germania, non solo coi suoi libri di versi e di prose, ma coi suoi maestri di lingua, coi suoi poeti di corte, coi suoi pittori e architetti e maestri di cappella, coi suoi potanti e commedianti. Fu come un ultimo beneficio che la vecchia buia rese alla cultura europea nei secoli nei quali si suole considerarla ;decadente o decaduta: un beneficio, di cui la storia non è stata investita quanto meriterebbe o è stata messa sotto falsa luce e avvolta da una sorta di disprezzo fuori di luogo. Gli stranieri, dimentichi del beneficio, volentieri considerarono quegli italiani come « sonettisti », avventurieri, ciarlatani e buffoni; e i connazionali pudicamente li tennero poi x:-vergogna, perché non furono, come i tempi richiedevano, eroi della patria.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis