CRITICA: GIOSUE' CARDUCCI

 CARDUCCI BARBARO

 AUTORE: Domenico Petrini         TRATTO DA: Poesia e poetica carducciana

 

Poesia e poetica s'erano sempre mal conciliate in Carducci. La sua poetica d'intransigente classicismo (quello che avea forzato l'ordine anche al realismo manzoniano) si era trovata a dover conciliarsi con un'attuazione poetica romantica. Dalle prime esperienze mal carreggia la volontà classicistica del gusto carducciano le necessità di realismo che il Romanticismo ha imposto per sempre all'arte.
Peggio quando, accettata nell'arte la fondamentale intuizione del Romanticismo italiano: gli interessi della vita che ritornano, dall'esilio dell'umanesimo e delle accademie, nell'arte a ricostituire il fondo non solo dell'arte ma di tutto lo spirito in una serietà nuova che superi l'etica irreligiosa del Rinascimento; si troverà (e classico e parnassiano si confondono) a giustificare in essa (nel seno della poesia attuata lo farà sovrapponendo i vecchi istinti dei Giambi alla nuova arte che non li sopporta) una pratica alessandrina dell'arte (questa più confessata nelle lettere, e solo in margine nei suoi scritti).
Poesia e poetica si dividono.
E il Romanticismo nostro fatto d'interiorità, di sapienza morale, d'attenta osservazione umana, di superbi entusiasmi: tutto ritrovabile in Manzoni in una calma che la distinzione del gentiluomo affina in superiore dignità, si vuota in una ricerca di colore e di suono.
Ma quel mondo interiore è morto con gli entusiasmi del Ca ira.
La storia ci dice che Ca ira è una voce posteriore alle Odi Barbare: l'uomo dei Giambi non s'adattava a questa rinunzia, ma la rinunzia era più forte dell'uomo perché era un segno di tutta un'età.

D'una prodigiosa esteriorità le Barbare, fino ai confini del prezioso: date le Barbare sono in vista Pascoli e D'Annunzio; i Poemi Conviviali ed Elettra. Anche dove l'unità di visione si raccoglie intorno al motivo romantico della nostalgia di un passato tramontato per sempre alla consolazione stanca del poeta, lo stile, così magnificamente sensuale del nuovo Carducci, determina il ritmo. E naturalmente legato al particolare, la riduce e la limita. Siamo fuori decisamente dal Carducci che avea fusi tutti gli istinti del Romanticismo nostro in una visione integrale e perciò classica, carreggiandone le conquiste di tecnica artistica a sostenere la continuità decisa dell'arte.
È un mondo nuovo tutto determinato dal lavoro di cesello, cui il poeta sottomette la sua ispirazione: un problema di tecnica che non scopre sotto un problema d'arte.
Dovunque i particolari s'accumulano a delizia. del lungo travaglio del poeta e non si fondono; manca la passione che avea trascinato altrove Carducci: proprio quella passione che ormai non voleva confessare più: neppure pel Ca ira.
È una poesia che s'impronta ad un teso sensualismo estetico, che non ostante il lungo lavoro non riesce a nascondere, a trasformare il suo carattere romantico: l'immediatezza non superata in poesia. Tanto più dove è più brillante e meno raccolto.
La confessione è in Carducci: il 1877, in pieno svolgimento della poesia barbara,, ricordava proemiando alla prima raccolta e mantenendosi ancora sulla vecchia linea teorica, che la lirica, individuale com'è, par che resista, e può durare ancora qualche poco, a condizione per altro che si serbi arte»...; ma poco prima questa sua arte la determinava proprio nella sua ambizione di «recare qualche po' di varietà formale nella nostra lirica moderna, che non ne ha mica quel tanto che alcuni credono». Alessandrinismo: «émeute de rhétoriciens» la sua svolta «barbara», decisamente.
E tale è nell'opera creata.
Sembra un ritorno indietro, verso il classicismo degli anni giovani dall'indecisione e dallo scolasticismo ripreso con mano nuova in un'arte nuova, ma è invece un sicuro svolgimento verso un'arte preziosa, il cui valore fosse tutto riposto nel solo lavoro dell'arte.
Non è solo la purificazione dalle passioni onde erano usciti i Giambi, ma è un deciso ritorno ad un mondo in cui tutte le passioni s'allontanassero, nell'assoluto dominio dell'arte.
Quindi l'esteriorità delle Barbare. E la loro sensualità stilistica, così romantica e lontana, lontana dagli esperimenti classicistici della lontana giovinezza.
È il Romanticismo italiano che, dopo la salda vigilia cominciata da Berchet e chiusa da Carducci come poesia della storia e delle confessioni, si dissolve in una ricerca nuova di perfezione stilistica.
È il Romanticismo decadente che entra nel Romanticismo italiano a spezzare quella salda unità, così netta nel Romanticismo italiano, fra arte e vita, a reazione del lungo secolare accademismo della tradizione classicistica nostra e a spingere verso il tentativo, disperatamente dissolvitore, d'un'arte chiusa nel mondo della sua bellezza.

Il Carducci dai Giambi s'era innalzato all'arte, alla sua grande arte, proprio sulla via iniziata da Berchet, quella della storia che rinsalda e vigila l'ispirazione, quando dalla polemica quotidiana s'era volto a ritrovare le sue passioni nel movimento, vicino e lontano, della storia.
Ma la passione era restata al centro, proprio a dar unità al suo mondo, non più con l'irrompere scomposto dei Giambi ma con il movimento continuo dell'ispirazione. E nella sua poesia la tecnica del Romanticismo, il realismo, avea svolto tutte le sue possibilità.
Tecnica e passione che scompaiono dalle Barbare, tentativo esasperatamente romantico di reazione artistica, il cui valore è d'inizio della sensualità del Romanticismo decadente che si svolgerà lontano da noi e dissolverà per sempre la tradizione poetica nostra in quello che di più severo ci avea trasmesso: il discorso poetico, carattere distintivo di una poesia su cui la ragione avea avuto un lungo e lontano dominio.
E lo dissolve proprio sotto le apparenze d'un ritorno classicistico, in nome del lavoro artistico sull'ispirazione disordinata.
Poesia frammentaria, quella delle Odi Barbare: frammentaria in una passione di luce, di suono, di colore, che disperde in una serie di motivi e di decorazioni il centro lirico della poesia.
I Giambi, con un atteggiamento giacobino, avevano continuato la volontà di poesia attuale dei Levia Gravia e dei Juvenilia (usiamo i nomi della raccolta ultima) e s'erano atteggiati in vista della satira, e i precedenti c'erano stati proprio nella vigilia classicista, romanticamente cioè realisticamente.
L'andatura dei Giambi, la tecnica, dà l'impronta a tutta la poesia «volgare» di Carducci: ultimo saliente documento il Ca ira.

Nelle Barbare è ricacciata lontano ogni forma di realismo, ma non risorge la lingua della tradizione nostra, quella che avea fatto gli ultimi miracoli, con una semplicità che sa di prodigio, fra le mani di Leopardi, ma viene creandosi una lingua sensuale che vuole e sa godere di sé. La parola diventa colore e musica a inseguire lontano il desiderio del poeta. La parola si fa carne (non nella misura che Maurras ritrova in Chateaubriand, ma il problema è di qualità) ad esprimere quel mondo limpido che è fermo in immagini immobili e rigide, in una perfezione calma che tradisce sempre, nella linearità della forma, il motivo di decorazione.
Carducci è l'iniziatore del Romanticismo sensuale, quello che dissolverà in pieno la tradizione nostra:quella eloquente: l'ultimo artista che Carducci riconosceva, Prati, eloquente proprio per le due odi, A Ferdinando di Borbone e Il Due Dicembre, in cui il discorso poetico è innanzi tutto sicurezza di serrato ritmo tradizionale.
Ora, nonostante le proteste, proprio carducciane, le Barbare segnano anche la via al trapasso dalla metrica tradizionale nostra al verso libero, quello che dovea inseguire, senza turbamento di leggi ritmiche, i motivi più riposti dell'ispirazione. E sia pure che le Barbare vengano dopo la riforma leopardiana della canzone; certo sono lontane dai « vers antiques > della formola di Chémer.
Ed è questo movimento romantico ed alessandrino insieme che limita il significato classicistico della riforma carducciana: Lionardo Dati, nella Firenze del 1441 avea tentato sulle sillabe volgari l'imposizione della quantità latina proprio a nobilitare il volgare pur mo' risorgente dall'oblio d'un cinquantennio, per una via che Dante del De Vulgari Eloquentia non vorrebbe sua, tutto inteso a esaltare il volgare nella nobiltà intrinseca della sua nuova origine. E i tentativi si proseguono per tutta l'età nostra classica.
Una limitazione di lingua poetica le Barbare, ma in vista del lavoro di cesello. Che è proprio l'impronta più decisamente romantica delle barbare.

Gautier avea esaltata la novità della lingua baudelairiana dinanzi alla lingua raciniana : questa povera nella scelta continua che il poeta s'impone, l'altra ricercante d'ogni dove espressioni infinite alle proprie complicazioni sensuali.
Ma il fondo su cui batte quest'infinita e disordinata ricerca di Baudelaire (ricordate Ronsard là alle soglie del '600, invocante d'ogni dove espressioni alla sua arte?) è lo stesso su cui batte la limitazione carducciana e in tutti e due è documentabile il comune fondo di sensualità romantica.
È che il mondo poetico carducciano si ordina, si limita, si lineanizza proprio per raccogliersi in vista della sensualità artistica che lo trascina sino al prezioso.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis