Tra gli ideali di
perfezione che il Cinquecento elaborò, si leva, nel Cortegiano di Baldesar
Castiglione, l'immagine del perfetto uomo di corte. Espressione estrema e
placata del Rinascimento, questo libro compone nell'aureo equilibrio
dell'azione e del pensiero un uomo d'arme che sia esperto ad un tempo
d'ogni disciplina della mente, per una matura consapevolezza umanistica
divenuta un abito di vita, così nei campi di battaglia come nelle sale di
corte. Il libro si propone di «formar con parole un perfetto cortegiano,
esplicando tutte le condizioni e particolari qualità che si richieggono a
chi merita questo nome »: ricerca la « forma di cortigiania più
conveniente a gentiluomo che viva in corte di principi », e al modo stesso
compone l'immagine della perfetta « donna di palazzo » ...
Il cortegiano perfetto non può esser cosa lodevole, semplicemente e per
sé, ma per rispetto del fine al quale è indirizzato: se le doti e gli
esercizi di lui dovessero produrre soltanto il frutto del cortegiano per
se stesso, tanto studio e tanta fatica sarebbero un eccesso.
Il fine a cui mira la perfetta cortigianìa è l'illuminazione del principe
e dunque la salute dello stato. In termini moderni la cortigianìa è il
consiglio e il parlamento del principe, o anche l'amministrazione ultima
che vigila sulle cose dello stato. E se lo stato secondo la regal frase è
il principe voluto da Dio, diventa ufficio capitale del cortegiano farsi
istitutore del principe nel dirgli la verità sulle condizioni dello stato,
indurlo al cammino della virtù, rimuoverlo da ogni intenzione viziosa.
Musica, feste, giochi e l'altre condizioni piacevoli «son quasi il fiore»:
ma « indurre o aiutare il suo Principe al bene e spaventarlo dal male, è
il vero frutto della cortigiania ».
Ma il cortegiano, istitutore del principe, deve anche attuare in se stesso
il fine supremo della vita: l'amore che nel suo grado ultimo è un ritorno
a Dio. Qui la vita terrestre che il Castiglione ordinò nello stato retto
dal principe, società degli umili e dei grandi che obbediscono alla
volontà giusta del reggitore, vuol superarsi nel principio dell'amor
cosmico che unisce l'uomo a Dio, dalla politica passa al maggior grado
dell'etica. In vie non sempre consapevoli, ma tracciate dalla logica
insita alle idee che egli professa, il Castiglione persegue una soluzione
del rapporto tra politica e morale, fra terra e cielo. Per necessità di
perfezione il cortegiano deve attuare in sé l'amor divino: e qui il
cortegiano è soltanto l'esempio di ogni uomo che aspiri alla perfezione.
Il processo di elevazione del cortegiano si collega al tema dell'amore e
della bellezza...
Sulla grande invocazione del Bembo all'amor divino si chiude ogni disputa
del libro del Cortegiano: il quale è divenuto l'immagine, nel tempo e
nello spazio, dell'uomo perfetto, che vive la vita terrena compiutamente,
perché la illumina con l'ideale di una perfezione eroica il cui termine
fisso è il Creatore. E non sentite che lo stesso ideale di cortigianìa è
oltrepassato? Il cortegiano tende all'ottimo fine di istituire il principe
nella verità, nella giustizia, nella forza e in ogni virtù terrena; ma di
là da quelle virtù terrestri tende ad una perfezione che porrà il suo
amino a contatto con Dio. E questa suprema aspirazione che affina e
purifica il cortegiano di là dai termini umani, lo rende sicuramente più
atto al suo ufficio presso il principe; e certo il modello di vita che qui
si disegna per attuare una pienezza d'opera e di contemplazione, è
proposto a coloro che dovran vivere accanto ai reggitori di popoli e per
vie dirette o segrete consigliarli, sostenerli, far loro sentire la lode o
perfin la riprensione. Ma il modello morale e universale del Cortegiano,
chi muti certi dati contingenti che toccan soltanto quella professione,
può esser proposto ad ogni uomo, come un trattato del governo dello stato
può anche addirsi al governo della famiglia e perfino alla solitaria legge
d'ogni individuo per il legame che egli ha col prossimo civile.
Né il Castiglione, dovendo figurare una ideal perfezione umana, poteva
uscire dalla gerarchia sociale in cui viveva: e se perfin le fiere, nel
detto di Senofane, farebbero a lor somiglianza le immagini degli Dei, non
è meraviglia che il Castiglione sublimasse la propria vocazione e
missione.
In fine il Cortegiano è l'idea platonica della vita di Baldesar
Castiglione: la vita che condusse, quella a cui aspirava: l'autobiografia
che avrebbe voluto scrivere di sé. E qui è il più vitale lievito artistico
dell'opera.
Alcuno dei moderni poté sentire nell'ultimo libro del Cortegiano (che
anche materialmente sembra posteriore alla stesura degli altri tre) una
deserta malinconia; non già quell'accoramento stilistico di cui abbiam
detto in principio, ma una tristezza che è riflesso di un disagio
politico. Il Castiglione doveva sentire astratto il suo cortegiano, non
potendogli offrire ideali concreti in cui credere, fossero quello di una
monarchia, o di una repubblica, o di una patria. In Italia il cortegiano
del Castiglione non poteva empire di una reale aspirazione il suo uffcio,
poi ch'era randagio dall'una all'altra corte: non poteva mutare in ideale
il mestiere della cortigianìa. Di qui la sconsolata sofferenza del
Castiglione, nel cui animo solitario si faceva consapevole la dolorosa
fiacchezza dei popoli d'Italia. Ma sembra a me che questo giudizio, nato
da un acuto sentimento dello stile di Baldesar Castiglione, sforzi in
termini di logica l'animo dello scrittore, e gli attribuisca pensieri e
reazioni che soltanto gli Italiani nati col Risorgimento possono sentir
vivere in sé medesimi. Certo il Castiglione sentiva la presente miseria
dell'Italia con un tono grave e mesto ormai non resta nazione che di noi
non abbia fatto preda; tanto che poco più resta che predare; e pur ancor
di predar non si resta...
Ma l'ideale del Cortegiano, per essere un'idea di perfezione, non è
passibile di sofferenza: non è particolare a una corte o ad un popolo, ma
a qualunque corte e a qualunque popolo. Le idee platoniche nascono in un
cielo tanto sereno da non poter essere contaminate dai fatti contingenti.
E qui si è visto che a -un punto l'ideale del cortegiano di Baldesar
Castiglione oltrepassa ogni limite di corte e di società per istituire un
rapporto finale tra l'individuo e l'universo, tra il singolo e Dio. In
questo ideale ogni altro principio diventa angusto e provvisorio: né si
può negare che il libro, tanto concreto, sembra per poco perdere il suo
equilibrio e sconfinare in una impossibile fantasia. Ma lo stile
tranquillo del Castiglione riporta la misura, con ordinata sicurezza.
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