DANTE ALIGHIERI

  • COMPARAZIONE FRA DANTE E PETRARCA
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    Autore: Vincenzo Borghini Tratto da: Pensieri diversi, in Studi sulla Divina Commedia

     
         

    Disputa diligentemente e molto gentilmente, come e' suole, il Bembo nel suo secondo libro, qual sia maggior poeta o Dante o 'l Petrarca, e quello che e' ne dica quivi, è noto, e tuttavia si può vedere. Io non vo' disputar questo punto, perché ho tenuto sempre e tengo ancora che fra cose tanto dissimili non si possa fare vera e reale comparazione; e se comparazione ci cade, è, quale nel suo genere sia più perfetto, come qual sia piú bello o miglior maestro un pittore o un architettore, l'opere de' quali per loro natura non hanno comparazione, ma si mette a petto la virtù o scienzia di quei tali ciascuno nell'arte sua, e si dice colui essere stato peggior o miglior maestro nella Pittura, o fatto meno o più errori, che non ha fatto quell'altro o non è stato nell'Architettura. Ora a questo modo crederei si potesse dire qualche cosa, e quanto al Poeta lirico e per quel che porti la Poesia delle Canzoni e de' Sonetti, io non credo per avventura potersi fingere non che trovare cosa più perfetta del Petrarca. In Dante veggo essere grandissime e bellissime parti, e le principali tutte che si richieggon a gran Poema. Che vi sia poi qualche difettuzzo o mancamento, io non lo piego : sia dall'uomo o dall'età, non rilieva a questo punto di qual sia più perfetto e migliore, se ben serve o per iscusa o per qualche altra cosa : come non servirebbe a fare che una figura di Giotto fuse più bella d'una d'Andrea del Sarto, il dire che nell'età di colui l'arte della Pittura non era tanto inluminata, quanto ella fu poi; servirà bene a dire che Giotto in tante tenebre fece miracoli, e non ebbe pari ; dove questo altro ebbe manco difficultà assai, e de' pari, e forse de' superiori qualcuno. Ma io non credo che il punto di Dante consista qui, se bene questa scusa ci bisognerà in alcune poche voci solamente quanto attiene alla comparazione del Petrarca. Ma il punto vero sarà qual sia di maggior lode degno o un Epico o Eroico poema grande, non interamente perfetto, o un piccolo e minuto che sia perfetto : perché può bene stare che si truovi una cosa piccola bellissima, pognam caso una cappellina con bellissima proporzione d'architettura e ricchezza di cornici, che nondimeno non arà che fare con la fabrica d'un gran tempio con pochi ornamenti; e in simili comparazione sogliono dire i nostri uomini a tanto per tanto, o pur del tanto, come disse il Villani...

    Ma quanto a quello che de' difetti di Dante notò in quel luogo il Bembo, e delle virtù che gli attribuisce, o per sua opinione, o per quella del Cosmico, io dubito di non avere a essere differente dalla sua opinione, il che io non vorrei, tanto mi piace quel bell'ingegno, e così gentile; ma homines sumus, ogniun ha il suo gusto, e questo ci fa anche talvolta errare, mentre quel solo reputiamo buono che al gusto piace: Monsignor Bembo fu affezionatissimo alla delicatezza della lingua; e questa poesia dolce e minuta par che nella nostra lingua fuse tutto il fine e il diletto suo, e in questo io non lo biasimo punto ch'egli le concedesse assai, ma non arei già voluto il tutto... Egli presuppone che l'ammirazione di Dante sia tutta in noi per le molte scienzie che sono in quel Poema inchiuse; e in non vo' dire che io ne tenga poco conto, che sarebbe sciocchezza: ma io dico bene che io l'ho per serventi di quel Poema, e non per principali, e ammiro il Poeta come Poeta, e non come filosofo e come teologo bene mi pare una quasi divinità d'ingegno l'aver saputo e potuto innestarle di sorte che elle servano al bisogno del Poema con grazia e con leggiadria. E se il Cosmico non vide altro nel Poema di Dante che quel che e' dice, e' lo gustò molto poco; e me' faceva di spendere il tempo su in legger altri che Dante, se non seppe cavar altro... Che noi, lascianti le scienzie dove del Poeta si parla, ammiriamo l'altezza dell'invenzione atta a comprendere, come era il suo fine, tutte l'azioni degli uomini, ogni sorte di vita, ogni specie d'accidente umano, gli affetti espresi miracolosamente; quegli più gravi, e per dire così più tragici, con somma maestà e grandezza da generare facilissimamente ammirazione e spavento; ma que' più dolci e piacevoli con una umanissima dolcezza. Nel l'esprimer poi le proprie nature e qualità delle persone e delle cose, tante propio, tanto efficace, tanto chiaro, che non si può immaginare, non, che veder meglio. Delle similitudini e immagini è me' tacere che dirne poco, perché in queste non ha avuto mai pari; così nell'appropriarle maravigliosamente a proposito, come nell'esprimere felicemente, e secondo la propria natura loro, le imagini brevissimamente, quell'altro più largamente, e non però di soperchio. Quanto poi alla descrizione de' costumi in lui, o nella sua persona o in quella d'altri, che è parte di quello che disopra dicemmo, natura e qualità delle persone, non si può quasi a pieno imaginarsi, e qui in sì breve spazio certamente non si può esprimere. Nelle perifrasi quanto sia accorto, quanto sia appropriato a' luoghi e materia, è cosa rara: ché dovendo nominare spesso Iddio, in infiniti modi varia, e sempre accomodandosi alle materie che ha fra mano, come:

     

    Essendo nel cielo,
    Colui che tutto muove; nel Sole,
    Il Sol degli angeli ecc.


    E queste son quelle parti che rendono maraviglioso Dante, e che gli han fatto e fanno tutto il giorno aver tanti partigiani, che son proprie virtù del Poeta, e rendono i Poemi grandi, dotti, ingegnosi, e però amati e ammirati insieme; e non le scienzie, le quali chi vuole imparare va alla fonte o di Aristotele o de' dottori teologi, e non a Dante, che non per questo si legge. E chi prepone Dante al Petrarca (lasciamo star del Cosmico che dovette avere il suo gusto e non il comune di tutti gli altri), lo fa perché insomma e' non pare che parli di Poeta, che attenga alla invenzione concetto e arte (che non sia grandissima in lui, e perdonimi il Bembo più eccellente che nel Petrarca) ma come ho detto non si può fare intera né real comparazione, perché molte delle sopradette cose non caggiono o poco in una canzone, e meno ancora in un sonetto. Se comparazione ci cadesse, sarebbe ne' Trionfi, che fu bella invenzione e concetto; ma quanto sia inferiore a quel di Dante non ci è chi ne dubitasse mai, anzi non se ne parla: e vero è che non è finita, o postavi dall'autore l'estrema mano; o che gli mancassi il tempo, o che si disperassi di potere secondare o accostarsi a Dante, che era il fine suo, o che pure la materia non gli riuscisse capace di quelle parti che vuole la poesia grande, si vede che egli stesso la lasciò irresoluta, e in qualche luogo tentò di allargarsi e farvi qualche episodio, come nel discorso di Sofonisba; il che come gli riuscisse non accade qui dire, e in effetto non essendo da lui dataci per finita, mal se ne può dire. Dall'altra parte, se Dante in cosa alcuna viene in comparazione col Petrarca è nelle Canzoni sue, e mi maraviglio sopra modo che e' dissimuli così questa parte. Delle quali Canzoni poco mi accade dire; se non che considerandosi in tutte le composizioni i concetti e le parole, de' concetti io credo che fra loro sia nulla o poca differenzia, ancorché alcuno creda Dante più profondo, più alto, e più, ut ita dicunt, tragico e magnifico; quell'altro più accomodato a quelli affetti più dolci ed amorosi: io non mi risolvo così facilmente, veggendo in Dante molti graziosissimi concetti, e nel Petrarca di grandi e magnifici pur assai; e se vantaggio avesse Dante, sarebbe quel che disse Quintiliano, che hurc talem qualis est effecit ex magna parte, che manifestamente si vede aver da lui preso infiniti concetti e modi.
     

     
         
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    Letteratura italiana 2002 - Luigi De Bellis