Disputa diligentemente e
molto gentilmente, come e' suole, il Bembo nel suo secondo libro, qual sia
maggior poeta o Dante o 'l Petrarca, e quello che e' ne dica quivi, è
noto, e tuttavia si può vedere. Io non vo' disputar questo punto, perché
ho tenuto sempre e tengo ancora che fra cose tanto dissimili non si possa
fare vera e reale comparazione; e se comparazione ci cade, è, quale nel
suo genere sia più perfetto, come qual sia piú bello o miglior maestro un
pittore o un architettore, l'opere de' quali per loro natura non hanno
comparazione, ma si mette a petto la virtù o scienzia di quei tali
ciascuno nell'arte sua, e si dice colui essere stato peggior o miglior
maestro nella Pittura, o fatto meno o più errori, che non ha fatto
quell'altro o non è stato nell'Architettura. Ora a questo modo crederei si
potesse dire qualche cosa, e quanto al Poeta lirico e per quel che porti
la Poesia delle Canzoni e de' Sonetti, io non credo per avventura potersi
fingere non che trovare cosa più perfetta del Petrarca. In Dante veggo
essere grandissime e bellissime parti, e le principali tutte che si
richieggon a gran Poema. Che vi sia poi qualche difettuzzo o mancamento,
io non lo piego : sia dall'uomo o dall'età, non rilieva a questo punto di
qual sia più perfetto e migliore, se ben serve o per iscusa o per qualche
altra cosa : come non servirebbe a fare che una figura di Giotto fuse più
bella d'una d'Andrea del Sarto, il dire che nell'età di colui l'arte della
Pittura non era tanto inluminata, quanto ella fu poi; servirà bene a dire
che Giotto in tante tenebre fece miracoli, e non ebbe pari ; dove questo
altro ebbe manco difficultà assai, e de' pari, e forse de' superiori
qualcuno. Ma io non credo che il punto di Dante consista qui, se bene
questa scusa ci bisognerà in alcune poche voci solamente quanto attiene
alla comparazione del Petrarca. Ma il punto vero sarà qual sia di maggior
lode degno o un Epico o Eroico poema grande, non interamente perfetto, o
un piccolo e minuto che sia perfetto : perché può bene stare che si truovi
una cosa piccola bellissima, pognam caso una cappellina con bellissima
proporzione d'architettura e ricchezza di cornici, che nondimeno non arà
che fare con la fabrica d'un gran tempio con pochi ornamenti; e in simili
comparazione sogliono dire i nostri uomini a tanto per tanto, o pur del
tanto, come disse il Villani...
Ma quanto a quello che de' difetti di Dante notò in quel luogo il Bembo, e
delle virtù che gli attribuisce, o per sua opinione, o per quella del
Cosmico, io dubito di non avere a essere differente dalla sua opinione, il
che io non vorrei, tanto mi piace quel bell'ingegno, e così gentile; ma
homines sumus, ogniun ha il suo gusto, e questo ci fa anche talvolta
errare, mentre quel solo reputiamo buono che al gusto piace: Monsignor
Bembo fu affezionatissimo alla delicatezza della lingua; e questa poesia
dolce e minuta par che nella nostra lingua fuse tutto il fine e il diletto
suo, e in questo io non lo biasimo punto ch'egli le concedesse assai, ma
non arei già voluto il tutto... Egli presuppone che l'ammirazione di Dante
sia tutta in noi per le molte scienzie che sono in quel Poema inchiuse; e
in non vo' dire che io ne tenga poco conto, che sarebbe sciocchezza: ma io
dico bene che io l'ho per serventi di quel Poema, e non per principali, e
ammiro il Poeta come Poeta, e non come filosofo e come teologo bene mi
pare una quasi divinità d'ingegno l'aver saputo e potuto innestarle di
sorte che elle servano al bisogno del Poema con grazia e con leggiadria. E
se il Cosmico non vide altro nel Poema di Dante che quel che e' dice, e'
lo gustò molto poco; e me' faceva di spendere il tempo su in legger altri
che Dante, se non seppe cavar altro... Che noi, lascianti le scienzie dove
del Poeta si parla, ammiriamo l'altezza dell'invenzione atta a
comprendere, come era il suo fine, tutte l'azioni degli uomini, ogni sorte
di vita, ogni specie d'accidente umano, gli affetti espresi
miracolosamente; quegli più gravi, e per dire così più tragici, con somma
maestà e grandezza da generare facilissimamente ammirazione e spavento; ma
que' più dolci e piacevoli con una umanissima dolcezza. Nel l'esprimer poi
le proprie nature e qualità delle persone e delle cose, tante propio,
tanto efficace, tanto chiaro, che non si può immaginare, non, che veder
meglio. Delle similitudini e immagini è me' tacere che dirne poco, perché
in queste non ha avuto mai pari; così nell'appropriarle maravigliosamente
a proposito, come nell'esprimere felicemente, e secondo la propria natura
loro, le imagini brevissimamente, quell'altro più largamente, e non però
di soperchio. Quanto poi alla descrizione de' costumi in lui, o nella sua
persona o in quella d'altri, che è parte di quello che disopra dicemmo,
natura e qualità delle persone, non si può quasi a pieno imaginarsi, e qui
in sì breve spazio certamente non si può esprimere. Nelle perifrasi quanto
sia accorto, quanto sia appropriato a' luoghi e materia, è cosa rara: ché
dovendo nominare spesso Iddio, in infiniti modi varia, e sempre
accomodandosi alle materie che ha fra mano, come:
Essendo nel cielo,
Colui che tutto muove; nel Sole,
Il Sol degli angeli ecc. |
E queste son quelle parti che rendono maraviglioso Dante, e che gli han
fatto e fanno tutto il giorno aver tanti partigiani, che son proprie virtù
del Poeta, e rendono i Poemi grandi, dotti, ingegnosi, e però amati e
ammirati insieme; e non le scienzie, le quali chi vuole imparare va alla
fonte o di Aristotele o de' dottori teologi, e non a Dante, che non per
questo si legge. E chi prepone Dante al Petrarca (lasciamo star del
Cosmico che dovette avere il suo gusto e non il comune di tutti gli
altri), lo fa perché insomma e' non pare che parli di Poeta, che attenga
alla invenzione concetto e arte (che non sia grandissima in lui, e
perdonimi il Bembo più eccellente che nel Petrarca) ma come ho detto non
si può fare intera né real comparazione, perché molte delle sopradette
cose non caggiono o poco in una canzone, e meno ancora in un sonetto. Se
comparazione ci cadesse, sarebbe ne' Trionfi, che fu bella invenzione e
concetto; ma quanto sia inferiore a quel di Dante non ci è chi ne
dubitasse mai, anzi non se ne parla: e vero è che non è finita, o postavi
dall'autore l'estrema mano; o che gli mancassi il tempo, o che si
disperassi di potere secondare o accostarsi a Dante, che era il fine suo,
o che pure la materia non gli riuscisse capace di quelle parti che vuole
la poesia grande, si vede che egli stesso la lasciò irresoluta, e in
qualche luogo tentò di allargarsi e farvi qualche episodio, come nel
discorso di Sofonisba; il che come gli riuscisse non accade qui dire, e in
effetto non essendo da lui dataci per finita, mal se ne può dire.
Dall'altra parte, se Dante in cosa alcuna viene in comparazione col
Petrarca è nelle Canzoni sue, e mi maraviglio sopra modo che e' dissimuli
così questa parte. Delle quali Canzoni poco mi accade dire; se non che
considerandosi in tutte le composizioni i concetti e le parole, de'
concetti io credo che fra loro sia nulla o poca differenzia, ancorché
alcuno creda Dante più profondo, più alto, e più, ut ita dicunt, tragico e
magnifico; quell'altro più accomodato a quelli affetti più dolci ed
amorosi: io non mi risolvo così facilmente, veggendo in Dante molti
graziosissimi concetti, e nel Petrarca di grandi e magnifici pur assai; e
se vantaggio avesse Dante, sarebbe quel che disse Quintiliano, che hurc
talem qualis est effecit ex magna parte, che manifestamente si vede aver
da lui preso infiniti concetti e modi.
|