DANTE ALIGHIERI

  • POESIA E STRUTTURA NELLA COMMEDIA
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    Autore: Luigi Russo Tratto da: Genesi e unità della Commedia

     
         

    Oltre al poetare, se il poetare è libertà, nulla si può ammettere che sia una negazione della sua infinità. Il poetare non presuppone nulla: e il pensato, il mondo intenzionale, la struttura, presuppongono assolutamente il poetare. Quindi non mai dalla struttura e sulla struttura e per la struttura si genera la poesia, ma è sempre la poesia a generare la sua struttura; e questa proposizione non vale soltanto per Shakespeare, ma per Dante e per tutti i poeti, quando facciano veramente poesia. Poiché le parti meramente strutturali, che potessero valere per sé, prima della poesia, per noi non saranno nemmeno felici come parti strutturali; ma saranno escogitazioni fredde della fantasia debilitata, e costituiranno le parti prosaiche dell'opera d'arte. E, nel caso di Dante in particolare, la sua fantasia non presuppone storia, mitologia. astronomia, geometria, teologia da avvivare con sue arti e freschezza di immagini; ma quel suo romanzo politico-teologico è nient'altro che il concetto stesso della poesia, quella che si dice la sua logica, la quale, una volta assunta dallo scrittore, diventa necessaria alla poesia stessa, alla sua vita e al suo svolgimento. Codesta struttura, che nella Commedia ci crea qualche imbarazzo critico, è nient'altro che la poetica, la filosofia, la religione, la si chiami come si vuole, che c'è nella poesia di tutti gli artisti, anche del poeta più lirico e più aereo; quella struttura è il mondo storico dell'artista in cui la poesia si spiega, e senza di essa la poesia non potrebbe affermarsi attualmente. E io non posso fare la storia della poesia dantesca senza fare al tempo stesso la storia della filosofia di Dante, non posso fare la storia del suo mondo letterale e apparente senza quella del mondo così detto recondito e intenzionale. Perché, a voler sublimare la poesia dalla poetica, dell'artista, o, ciò che è lo stesso, dalle parti strutturali dell'opera d'arte noi inseguiremmo un'astratta possibilità; inseguiremmo l'ombra di un corpo, e perché il corpo ci sfugge, ci sfugge anche l'ombra...
    E se il Croce, giunti a questo punto, ci chiedesse se anche noi dunque crediamo all'unità poetica della Commedia, noi naturalmente diremmo di sì, perché la struttura per noi è nient'altro che lo stesso mondo storico dell'artista in cui la sua poesia si riconosce e si attua; e se egli, per questa nostra voracità critica di trovare tutto poesia nella Commedia, pensasse bene di trovarci un posto nel numero di quei Troiani, che « giunti alla riva italica, non sazi di mangiare il pane, addentarono anche i larghi quadrati di farro, sui quali il pane era posato » noi sentiremmo, ahimè, di non avere i denti e lo stomaco a ciò. Perché quando noi parliamo di unità poetica, non vogliamo mai dire che tutto nella Commedia sia poesia, ma soltanto che anche le parti strutturali sono generate da un animus fondamentale poetico. In altri termini noi accettiamo la distinzione tra Poesia e struttura, ma per l'appunto, distinzione di poesia e struttura, e non viceversa. Non si tratta del semplice capovolgimento grammaticale dei due termini, ché tale capovolgimento potenzia un rapporto dialettico, veramente dinamico, fra i due momenti, mentre la concepita preesistenza della struttura lascia sospettare che la costruzione strutturale giaccia lì in una sua lenta mole e la poesia vi svolazzi attorno e quando può vi incastoni qualche sua perla. In tal modo, la distinzione tra poesia e struttura riesce statica, e tale da favorire la pigrizia dei critici e certe squisitezze delibatorie dei lettori puri di poesia. Nella stessa lettura critica che il Croce fa del poema, nella parte ultima del suo volume, la poesia appare troppo sublimata al disopra del romanzo politico-teologico, e di essa si fa la storia, assoluta dalle relazioni con quell'altro elemento, o momento, con cui si predicava unita in assidua vicenda. Bisogna distinguere si, ma non una volta per sempre, ma nel vivo, e puntualmente, per non sbarazzarsi della didascalica, dell'oratoria, della struttura, una volta per tutte, col pericolo di lasciarle sospettare cose inferiori e, in ogni snodo, favorendo involontariamente una certa pigrizia ermeneutica.
    Poiché la distinzione tra poesia e struttura può generare, a un certo punto, un sentimento di riposo nel critico, mentre c'è lì tanta parte della poesia dantesca che aspetta ancora di essere scoperta, illuminata, come scalpellata nella sua superficie scabra, per essere intesa nella sua genesi fantastica, e oggi, muniti del canone crociano, si sarebbe tentati invece di attribuirla più quietisticamente al momento pratico, al romanzo teologico dello scrittore. Però il nostro insistere sull'unità poetica del poema non procede dal grosso compiacimento, che è proprio di alcuni professori, di immaginarsi la Commedia come tutto un bel blocco di poesia, bello perché indiscutibile, per quello stesso gusto per cui il buon borghese contemplava un tempo in immaginazione i tesori del Paese; in verghe e lingotti d'oro, ben chiusi e serrati nelle casse dello Stato; ma procede invece da irrequieto desiderio di sempre più intendere l'opera di Dante, perché si continuino a fare i conti con la poesia di Dante, perché quella poesia circoli nel nostro pensiero, perché, nell'incessante esegesi, si sveli nella sua luce poetica anche quella parte che oggi ci appare schema pratico e didascalico. Infatti noi siamo persuasi che il massiccio della struttura nella Commedia è così massiccio per mala luce del nostro sguardo, per insufficienza delle nostre conoscenze storiche: nell'insufficiente dominio che noi abbiamo del mondo medievale noi non sappiamo misurare equamente tutte le risonanze che quel mondo ebbe nella fantasia dantesca, e la fatica dell'intendere è ancora spesso contrastata, perché si avverta quella lieve musica che alita anche nelle parole più aspre e intellettuali del Poeta. 1 progressi dell'esegesi dantesca saranno un diradamento continuo, un alleggerimento, una trasfigurazione del sistema, e quel massiccio strutturale si verrà via via attenuando, ed estenuando, per l'interno lume che vi traspare. E la storia della critica dantesca, nel passato, è riprova di ciò, ed è istruttiva, in particolar modo, la fortuna del Paradiso, che, nell'avanzamento degli studi medievali e dei metodi critici, è stato sempre più conquistato alla poesia e alleggerito dalla mora della scolastica. Basterebbe pensare poi all'incomprensione che, nel Settecento, in generale, si ebbe per la poesia di Dante, e alle condanne che lo stesso Vico faceva del troppo latino e della troppa teologia del suo autore, e ai grandi progressi spiegatisi poi nella critica più illuminata del secolo XIX. E ai nostri tempi, proprio il Croce ha saputo rilevare la poesia dell'atto dell'indagare e dell'insegnare in passi del Paradiso, che parevano parti meramente teologiche e strutturali, e il Vossler ha saputo finemente indicare come la stessa dimostrazione della macchie lunari, nel canto secondo, abbia un'animazione poetica, quale non si ritrova certamente, per lo stesso argomento, nelle pagine del Convivio. E ciascun lettore attento di Dante potrebbe testimoniare, come nella quotidiana familiarità col poema, parole e versi si affinino sempre più, e come il chiarimento di un particolare dottrinale, la soluzione di un dubbio, l'accertamento di un uso linguistico, il disvelarsi di una tradizione medievale, valgano talvolta a schiudere un'atmosfera di poesia, che prima mancava.
    Però la nostra tesi dell'unità poetica vuole essere non una conclusione, ma un avviamento, uno stimolo, una ricerca, un canone non di pace, ma di irrequieta conquista. Non bisogna dimenticare poi quello che è il nostro principio della poesia, intesa non più come liricità, distinguibile grammaticalmente da tutto il resto, ma piuttosto, come generazione lirica, come animus poetico, che investe di sé tutta una costruzione, tutta una realtà spirituale. E però non vogliamo noi concludere a una concezione panestetica della Commedia, come potrebbe giudicare qualche frettoloso, ma a una concezione che è tanto panestetica per quanto si può dire paralogistica: cioè a dire, noi vogliamo sentire la Commedia nella sua armonia cosmica, e nella concretezza del suo sviluppo lirico-storico.
     

     
         
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    Letteratura italiana 2002 - Luigi De Bellis