Nel corso del secolo XIII
l'erudizione storica e scientifica del medioevo e l'immenso lavoro della
speculazione scolastica hanno trovato ormai il loro assetto definitivo e
relativamente immobile in un complesso vistoso di repertori, di
enciclopedie e di summae, che rappresenta una delle più grandiose ed
organiche sistemazioni del saper umano che mai siano state ideate da
Aristotele in poi; ma già, ai margini di questo sistema e dal seno
medesimo di esso, sorge tutta una problematica nuova, irrequieta e
frammentaria, che pur rispettando le linee fondamentali della costruzione
e i criteri metodologici della ricerca, anzi esasperandone talora
l'estremo indirizzo razionalistico, tende, sebbene inconsapevolmente, a
corrodere l'armonia della struttura e a spostare pericolosamente il piano
dell'indagine. La filosofia, senza rinnegare apertamente il presupposto
teologico, già comincia ad affermare timidamente la propria autonomia ed
accoglie in sempre più larga misura elementi mondani ed ereticali. La
concezione provvidenziale, agostiniana, della teoria non riesce più ad
aderire interamente alla varietà e molteplicità del reale, mentre la
storiografia spicciola fa sempre più largo campo alle faccende, alle
passioni, ai contrasti della vita d'ogni giorno. Le dottrine politiche non
rinunziano allo schema delle due autorità universali e dibattono il
problema dei rapporti fra la Chiesa e l'Impero, che anzi proprio in quegli
anni attinge da una parte e dall'altra alle sue formulazioni più rigorose
e sistematiche, ma intanto quello schema si vien facendo più duttile, più
ricco di contenuto particolare e concreto; mentre, accanto alle
istituzioni universali già in fase di rapida decadenza, sorgono e
prosperano le nuove formazioni statali, si consolidano le monarchie
nazionali, i comuni lacerati da aspre lotte interne evolvono a poco a poco
verso le signorie; e intanto, nell'attrito della dolorosa esperienza
quotidiana, si fa strada nelle coscienze il contrasto fra quegli ideali
immobili di giustizia e di ordine e la realtà corrotta, iniqua, caotica e
turbolenta dei contrasti d'interesse e di predominio. Nell'assetto sociale
sono ancor vive, e dureranno a lungo, le rigide strutture economiche e
giuridiche del sistema feudale, con i congiunti ideali di vita cortese e
cavalleresca e i severi rapporti di distinzione e subordinazione tra i
diversi ceti, nonché i due grandi ordini del clero e del laicato; ma in
quel quadro già s'avvertono incrinature e contraddizioni profonde, già si
delineano i segni di una realtà nuova, con la rapida ascesa degli elementi
cittadini e borghesi, mentre il concetto della nobiltà di sangue si evolve
in quello, assai più mobile e aperto, della gentilezza e virtù
individuale, e prendono rilievo, diventando consapevoli della loro forza,
i valori effettivi che, nel seno delle singole comunità, operano, al di
fuori e spesso in contrasto con le gerarchie teoricamente riconosciute,
l'incessante e sempre più intenso modificarsi dei rapporti di egemonia:
intelligenza, astuzia, intraprendenza, potenza di subiti e vasti guadagni.
Prevalgono tuttora nella letteratura l'esigenza dottrinale e il fine
moralistico, con una netta distinzione e quasi contrapposizione degli
elementi contenutistici e formali, della materia sapienzale e della
disciplina tecnica e rettorica, che a quella materia si adatta
dall'esterno con un processo di adeguazione illustrativa, decorativa od
ornamentale, regolato da precisi schemi intellettualistici; ma in quegli
schemi si avverte ora il lievito di una sensibilità nuova, più mossa ed
articolata, subentra una molteplicità di atteggiamenti e di reazioni
individuali; sullo sfondo anonimo e immobile delle idee, dei sentimenti e
dei moduli espressivi affiorano singole situazioni drammatiche e liriche,
si ergono le prime figure nettamente caratterizzate dei poeti nuovi, e
mentre sorge un gusto più accorto, una nuova maniera più intensa di
leggere ed assimilare gli esempi della poesia classica, già si elabora per
i diversi usi quotidiani una sempre più ricca e varia letteratura di
confessione e di intrattenimento, con una crescente autonomia di
intendimenti e di funzioni più propriamente estetici, non più asserviti a
uno scopo strettamente pedagogico, anzi assai spesso dettati da un impulso
schiettamente effettivo o da un proposito vagamente edonistico. E intanto,
accanto e quasi in contrasto con la lingua dotta e universale della
cultura scolastica, che tende a fissarsi in immobili schemi lessicali e
grammaticali, s'accampa lo strumento nuovo degli idiomi volgari e prende a
poco a poco coscienza della sua dignità e della sua potenza espressiva.
Dante partecipa, anzi è tra i rappresentanti e gli artefici più notevoli,
di questo momento della civiltà che conclude il Medioevo e prepara il
Rinascimento in lui l'ascetismo religioso e la sapienza teologica vivono
accanto alla curiosità dagli umani contrasti e .degli aspetti naturali;
l'anelito del trascendente non distrugge né soffoca l'ansiosa
considerazione degli eventi politici; li lungo studio dei filosofi
scolastici non contrasta con il grande amore della letteratura e della
lingua nuova e insieme con l'appassionata ricerca e imitazione dei poeti
classici; il proposito didattico e la concezione allegorica della poesia
si alleano con una fede ferma a apertamente dichiarata nell'arte, non pure
come mezzo e disciplina rettorica, sì anche in quanto valore autonomo di
bellezza. In maniera più esatta si potrà affermare che nella personalità
dell'Alighieri confluisce, e per così dire si esemplifica, con una
consapevolezza vigorosa e drammatica, la crisi degli istituti e delle
forme della civiltà medievale; mentre la sua opera rappresenta l'estremo e
supremo sforzo per superare quella crisi e restaurare l'equilibrio ormai
compromesso. La salda quadratura mentale ed etica e la conseguente
esigenza di una concezione armonica e coerente, di una robusta
sistemazione teorica dei dati dell'esperienza, anziché indurlo, come
avverrà nei suoi immediati successori, ad acquetarsi nell'avvenuta
frantumazione e dissoluzione di quegli schemi intellettualistici, porta
piuttosto il poeta a riaffermarne con appassionata fede l'insostituibile e
perenne validità. Senza respingere e rinnegare nessuno degli elementi
vivi, che affiorano nella nuova realtà intellettuale e morale, sociale e
politica, del suo tempo, rivolge il suo intento a ricomporli e reinserirli
nella complessa unità del sistema; investe quella realtà con tutte le armi
del ragionamento e dell'eloquenza, dell'invettiva, della predicazione e
della satira, con una fiducia continuamente insidiata, ma che ogni volta
risorge più fiera e battagliera, nella possibilità e necessarietà di una
sintesi intellettuale, che si proponga come strumento infallibile di
giudizio e guida sicura dell'umano operare. In questo contrasto, non
sopito, ma dominato da una volontà di certezza, è il momento drammatico
sempre presente nella poesia di Dante: la ragione del suo dilatarsi e
spaziare in una gamma infinita di sentimenti terrestri, e insieme della
rigorosa struttura che si sovrappone a quella materia informe e multiforme
e la riassorbe e l'inquadra nell'ordinato flusso di una concezione
unitaria, si giustificano e si chiariscono. Sì che anche l'arte, pur
sentita come non mai nel suo valore specifico e nella sua potenzialità
inesauribile, non si rassegna a rinchiudersi nei cancelli di un lirismo o
a sviarsi nei labirinti d'una dilettosa fantasia; non rinnega, anzi
accentua, la sua qualità strettamente funzionale e il suo compito in largo
senso educativo; fino a proporsi, nella fase estrema della cultura
scolastica, quando gli schemi elaborati dai pensatori sembrano ormai
incapaci nella loro astrattezza ad aderire alla molteplicità e
all'irrequietezza dell'esperienza viva, come un nuovo strumento più agile
ed appropriato di esposizione di quella realtà concettuale, con una
capacità, a paragone dei trattati e delle «summae», di gran lunga più
intensa e più vasta di persuasione, di esortazione e di stimolo, più
direttamente efficace ed estesa senza limiti nello spazio e nel tempo.
Per intendere meglio e più a fondo la genesi di un siffatto atteggiamento
mentale, che d'altronde sembra coincidere con l'esigenza fondamentale
d'una determinata situazione storica, giova soprattutto ritenere, delle
incerte e frammentarie notizie della biografia del poeta e dei dati ben
altrimenti certi che si ricavano dalla sua attività letteraria minore, due
ordini essenziali di fatti: da una parte, l'impegno vitale, sempre
aderente a un bisogno intimo e in nessun punto dilettantesco che egli
porta nell'assimilazione della materia intellettuale e pratica che. gli
offre la realtà circostante e in cui si costituisce e si matura la sua
personalità di uomo e di scrittore; dall'altra, l'esilio, che segna uria
svolta fondamentale della sua esistenza e accelera il ritmo di quella
maturazione interiore, concentrandone e indirizzandone tutti gli sparsi
elementi di dottrina e di passione, di cultura e di gusto, in uno scopo
unico, coerente e consapevole. E quell'impegno sarà da riconoscere
anzitutto nella sua esperienza più in stretto senso « letteraria », dalla
Vita Nova al lungo e vario e apparentemente contraddittorio esercizio
delle Rime, dove la disciplina formale e rettorica (che si elabora a
contatto con i frutti più vitali e i moduli più raffinati del gusto
contemporaneo dal provenzalismo un po' esteriore dei guittoniani alla
fertilità inventiva e tecnica del « trobar clus » di Arnaldo, dall'alto
psicologismo dello «stil novo» al rigore della lirica allegorica e
dottrinale, dall'arguzia cittadinesca della tenzone con Forese
all'eloquenza della canzone morale e politica e il parallelo svolgersi di
una vicenda personale (amori, meditazioni, patimenti, rancori coincidono
in ogni punto, in un costante allargamento della sensibilità e dei mezzi
artistici chiamati ad esprimerla; cosicché in nessun momento l'esercizio
formale è fine a se stesso e dovunque si risolve in un acquisto di
umanità, e inversamente ogni modificazione e guadagno di esperienza
intellettuale e pratica si determina in una accresciuta potenzialità di
risorse strumentali, destinate tutte ad esser puntualmente usufruite nella
superba articolatissima orchestrazione stilistica del poema maggiore. Per
tale via la storia dell'amore di Beatrice e i temi del traviamento e della
conversione già trasfigurati nella « letteratura » giovanile a
rappresentare la parabola di una vicenda esemplare, già fin d'allora «
impegnati » dal modo con cui lo scrittore aderisce con non comune serietà
ai moduli di uno stile e di una scuola, potranno nella Commedia assurgere
ad un'altissima significazione simbolica; e nel linguaggio del poema
potremo ritrovare l'uno accanto all'altro, volta per volta ricondotti alla
loro precisa possibilità funzionale, il lirismo della canzone della lode e
l'appassionato fervore di quella delle tre donne, le rime aspre delle
poesie per la donnapietra, la robusta struttura sillogistica di quelle
dottrinali e la collerica violenza della canzone contro l'avarizia,
l'incisivo realismo satirico della tenzone con Forese e perfino certi toni
colloquiali e quasi scherzosi di alcuni sonetti e ballate minori. Ancora,
in altro modo e forse più essenziale, l'impegno di Dante dovrà esser
sottolineato, nella fase più matura della sua esperienza, nella
disposizione con cui egli assimila e rielabora i risultati maggiori del
pensiero e dell'erudizione scolastica, non mai con lo spirito di chi si
appaga di speculare astrattamente, sì sempre con l'animo di chi vuole
applicare il sapere acquisito a una concreta esperienza di vita e si
propone di penetrare più addentro nel giudizio di una situazione storica,
di un complesso determinato di problemi, inquadrandoli e riportandoli agli
schemi comprensivi di una visione generale della realtà. Se già nel
Convivio la scienza, pur chiusa nel suo medievale paludamento e
appesantita dal metodo rigidamente sillogistico dell'argomentazione,
appare, nel fine almeno, ansiosa di concretezza e permeata di passione; e
il tono del discorso prende significato dal pubblico a cui si rivolge (che
non è più quello dei dotti e dei chierici, sì di coloro cui le brighe
politiche e la vita pubblica han tenuto lontani dalle scuole), e dalla
qualità dell'autore (che non è, egli stesso, un dotto professionale,
bensì, come orgogliosamente si proclama, un autodidatta); donde i modi
espansivi e accalorati dell'esposizione, che di continuo trascendono il
rigore dello stretto linguaggio scolastico; nei trattati latini poi la
scienza, delle cui conclusioni fondamentali e del cui metodo lo scrittore
ha acquisito ormai un possesso più pieno e disinvolto, appare tutta
applicata alla soluzione di problemi che hanno un sapore di forte
attualità: nel De vulgari Eloquentia, la teorica dell'esperienza lirica in
lingua volgare, teorica che a sua volta si risolve di continuo in giudizio
storico e in critica militante; nella Monarchia, la dottrina dei due
poteri e l'affermazione dell'autonomia terrena dell'Impero, intese a
sciogliere le contraddizioni e a placare le sofferenze di una cronaca
tormentata e torbida, venendo incontro a un'ansia diffusa di giustizia, di
ordine e di pace. Qui appunto, dove a tratti la passione dell'uomo rompe
in concitati lamenti il piano tessuto del dettato scolastico (« O genus
humanum, quantis procellis atque iacturis quantisque naufragiis agitari te
necesse est, dum, belua multorum capitum factum, in diversa conaris! »),
si può cogliere il momento virtuale del trapasso dal ragionamento al mito,
la radice prima di un messaggio poetico, in cui la robusta intelaiatura
speculativa risolve ogni residuo di astrattezza porgendosi come strumento
e guida al giudizio pratico e al concreto operare.
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