Attraverso questo esame il mondo lirico del Fogazzaro ci si è
chiarito come un mondo prevalentemente non di immagini, ma di
emozioni; e a quel fascino che gli deriva e che tutti i suoi
lettori hanno avvertito si è qui dato il nome di musicalità
soprattutto per analogia con la musica, anch'essa suscitatrice
non d'immagini ma di emozioni, e particolarmente col concetto
romantico della musica quale evocatrice di ignoti arcani
all'anima rapita. Occorre solo aggiungere che il mondo emotivo
presentimentale è, della musicalità fogazzariana, la
condizione necessaria ma non sufficiente, poiché esso, se lo
consideriamo in astratto, si sarebbe potuto prestare a uno
studio obiettivo, clinico, da verista, e il risultato sarebbe
stato al tutto diverso. La musicalità è determinata dalla
partecipazione calda, lirica dell'autore, dall'estrema
violenza, dalla smisuranza e dalla vibratilità del suo
sentimento, dall'emozione sincera da cui deriva alla parola
l'appassionata mobilità dello spirito. E ciò si rivela nello
stile e nel linguaggio che, se non sono ricchi di espedienti e
di vocaboli,
pure offrono di volta in volta i mezzi necessari perché
l'autore passi da un ritmo all'altro, ora febbrile, ora
sereno, ora rapito, ora abbandonato e languido.
Emotività, partecipazione sentimentale dello scrittore e
convenienti risorse stilistiche sono dunque i tre elementi di
questa musicalità. Ma riconosciuto questo carattere, questa
nota immanente dell'opera che esaminiamo, non bisogna
dimenticare quell'inappagamento di natura decisamente estetica
che essa a ora a ora ci lascia. La musicalità è più spesso una
bramosa aspirazione, che un risultato concreto; essa tende
visibilmente a stemperarsi in verbosa eloquenza, sostenendosi
talora con espedienti poveri e troppo scoperti, quali le
allitterazioni, le riprese, le assonanze, il ritmo
prevalentemente endecasillabico di certe parti risolutive del
periodo. Quella stessa improvvisa commozione, che tratti di
essa
suscitano troppo violenta nel lettore poco cauto, svela senza
possibilità di dubbio la sua natura passionale, umana, di
esperienza immediata, e perciò artisticamente caduca, come si
vedrà quando anche gli ultimi deboli legami, che ancora a
costume di quell'epoca ci legano, saranno spezzati. E si pensa
che così fatta musicalità, sebbene rimanga la nota
fondamentale del Fogazzaro, sia però troppo inconsistente
labile e vana per poter reggere, da sola, tutto il peso di
un'intera opera narrativa; essa è in fondo come quella musica,
di cui si parla nel Mistero del poeta: una musica che fa
provare vera gioia e vera tristezza, ma senza soggetto, e
quando tace, tacciono anche questi sentimenti vani ».
L'opera del Fogazzaro non riesce a esaurirsi nel circolo della
musicalità. E ciò, non perché vi sussistono quegli elementi
estrapoetici che, appunto per esser tali, nella valutazione
della poesia si eliminano da sé; ma perché vi opera la
presenza di un altro elemento artisticamente positivo...
Realismo e musicalità, che sono i due termini dialettici della
sua fantasia, dividono i suoi romanzi in due zone ideali, e
talora perfino materiali; giacché la musicalità vive di
preferenza nel mondo in cui dominano sovrani i protagonisti, e
il realismo si attua meglio nel mondo inferiore dal quale e
sul quale quelli si staccano. Ma il realismo, che occupa gran
parte dell'opera artistica del Fogazzaro, tende non di rado ad
avere il sopravvento, e vi si abbarbica da ogni parte con una
vegetazione tenace, ma anche talvolta invadente e non
essenziale.
Il realismo è anzitutto la fonte vivace del comico, e come
tale genera non pure il pittoresco uso del dialetto e di certi
particolari impasti di lingua e di dialetto; ma situazioni
esilaranti, rapide istantanee caricaturali, tutte le
macchiette e i personaggi di secondo piano con il loro
ambiente.
Anzi, il Fogazzaro non insisté tanto nel tentativo di dar vita
artistica ad esseri umani, senza talvolta raggiungere qualche
parziale, ma pur sempre apprezzabile risultato; ma vi riuscì
per la via del realismo, non per quella della musicalità. In
tutti i romanzi un rettore non disattento ricorda qualche
figura felicemente ritratta, tra i personaggi di secondo
piano, con i quali il Fogazzaro ebbe la mano più facile,
trattandosi di tipi di una umanità piuttosto elementare;
ricordiamo pure un momento il molto onorevole signor Andreas
Gotthold Steinegge » e il suo colloquio con Dio («Signor mio,
ascoltatemi un poco...»), che, sebbene sia incrinato da certa
commovente convenzionalità, da attribuire anche in parte alla
esperienza stilistica dello scrittore, ancora poco salda,
rimane pur sempre uno spunto felice. Risultati migliori e più
duraturi il Fogazzaro raggiunse nel Cortis, dove avendo
volontariamente costretto il suo slancio musicale, diede per
conseguenza maggiore libertà alla sua vena realistica...
Il realismo tende, infine, a invadere anche la zona superiore
del romanzo. Un esempio fra mille. Lelia viaggia verso San
Mamette, e il Fogazzaro trova modo di darci notizie piuttosto
precise sulla rotta del battello e sulla durata del viaggio,
ci dice che il battello è spinto dagli approdi a forza di
braccia, ci dice anche che Lelia si sedette prima all'estrema
poppa, che poi si alzò dal suo sedile della prima classe e
andò a prora, ci informa che a Gandria cessò di piovere, e non
ci manca neanche il bigliettaio. Tutto questo in una fra le
più musicali pagine dell'opera.
Penetrato nella zona superiore, il realismo viene a trovarsi
in un clima non suo, si manifesta allora come fastidioso
spirito di osservazione, decade rapidamente e avvizzisce,
ingombrando la pagina con una folla di particolari minuti,
spesso oziosamente prosaici, quasi sempre molesti e pedanti.
Vastissimo è il panorama che il realismo fogazzariano offre a
chi lo esamina in tutti i suoi aspetti, vastissimo, ma
altrettanto superficiale.
Raramente, infatti, e solo per incidenza, entro certi limiti
esso tenta qualche timido assaggio in profondità; esso
preferisce piuttosto, quando non è inerte prosa, risolversi
compiaciuto in esteriori tratti pittoreschi, in lievi e
superflui fregi ornamentali. Appunto per questo suo carattere
di superficialità, esso è inetto a sostenere da solo tutto il
peso o lo sforzo maggiore di un'opera. Daniele Cortis, dove il
realismo è così evidente e ha spunti così felici e colori così
vivaci, deve il successo prevalentemente alla musicalità che
si irradia dall'amorosa pena di Elena. Un romanzo fallito è
Piccolo mondo moderno, dove la musicalità languisce, e il
realismo esercita un dominio così invadente; ma d'altra parte
fallito ugualmente è il Mistero del poeta in cui il realismo
opera solo ai margini dell'opera.
Musicalità e realismo sono i principi generatori della
fantasia del Fogazzaro e gli elementi fondamentali della sua
opera. Ma sempre che essi non abbiano la possibilità di un
armonico gioco o almeno di un abile accostamento, sempre che
essi si estranino troppo e tendano ad attuarsi isolatamente,
l'opera è destinata a cadere...
Tutta l'opera artistica del Fogazzaro è intessuta della varia
presenza e del vario atteggiarsi di questi due elementi, che
ricorrono sapientemente all'ambito dei singoli capitoli; e
perfino nell'economia generale di qualche romanzo, capitoli
prevalentemente musicali si alternano a capitoli
prevalentemente realistici, secondo un piano preordinato. Ma
sempre in modo che l'uno sia in funzione dell'altra, che l'uno
serva a proiettare
l'altra in una luce superiore, e sia in relazione ora di
contrasto, ora di commento umoristico, ora di commossa
partecipazione; sempre, cioè, che il realismo non tenda ad
attuarsi isolato, a estraniarsi, ma partecipi in qualche modo
con le sue modeste forze, all'onda musicale che lo
signoreggia. Come quel pezzo del Don Giovanni suonato da
Marina,
che Silla e Steinegge ascoltano rientrando al Palazzo « Quando
giunsero in fondo al seno del Palazzo... saltò su nel silenzio
il suono chiaro e dolce di un piano. Rischiarò la notte. Non
si vedeva nulla, ma si sentivano le pareti del monte intorno
alle note limpide, si sentiva, sotto, l'acqua sonora. In quel
deserto l'effetto dello strumento era inesprimibile,
pieno di mistero e di immaginazioni mondane. Era forse un
vecchio strumento stanco, e in città, di giorno, si sarebbe
disprezzata la sua voce un poco fessa e lamentevole; pure
quanto pensiero esprimeva li nella solitudine buia! Pareva una
voce affaticata, assottigliata dall'anima troppo ardente. La
melodia, tutta slanci e languori appassionati, era portata da
un accompagnamento leggiero, carezzevole, con una punta di
scherzo ».
Certamente, quando riesce a raggiungere questo « accordo »,
quando la melodia, « portata » da un accompagnamento scherzoso
si diffonda nella tacita e buia solitudine del mistero, il
Fogazzaro raggiunge i suoi effetti migliori. Ma non è cosa che
accada molto di frequente. Purtroppo, nelle opere fin qui
esaminate, musicalità e realismo rimangono quasi sempre
giustapposti, accostati e concomitanti; e se giovano a un
gioco estremamente abile di chiaroscuri, che conferisce loro
varietà e ne alleggerisce il peso, non giungono mai a fondersi
pienamente in una sintesi ulteriore. Ma questo stesso loro
rincorrersi, cercarsi e sovrapporsi, raggiungendo via via vari
accordi, dice almeno il loro aspirare a un'intima
unione, la quale, essendo questi romanzi nient'altro che la
proiezione fantastica del conflitto psicologico e morale
dell'autore, non poteva legittimamente ottenersi se non quando
quel dramma si fosse placato e rasserenato in una luce calma e
uguale. |