CRITICA: FRANCESCO DE SANCTIS

 LA TEORIA E LA CRITICA DEL DE SANCTIS

 AUTORE: Benedetto Croce         TRATTO DA: Estetica come scienza dell'espressione....

 

La teoria estetica del De Sanctis sorge tutta da questa critica della più alta manifestazione a lui nota dell'Estetica europea. E quale essa sia, appare già nel contrasto. «Se nel vestibolo dell'arte (dice) volete una statua, metteteci la Forma, e in quella mirate e studiate, da quella sia il principio. Innanzi alla forma ci sta quello ch'era innanzi alla creazione, il caos. Certo, il caos è qualche cosa di rispettabile, e la sua storia è molto interessante: la scienza non ha detto l'ultima parola su questo mondo anteriore di elementi in fermentazione. Anche l'arte ha il suo mondo anteriore: anche l'arte ha la sua geologia, nata pur ieri e appena abbozzata, scienza sui generis che non è Critica né Estetica. Apparisce l'Estetica quando apparisce la forma, nella quale quel mondo è calato, fuso, dimenticato e perduto. La forma è sé medesima, come l'individuo è se stesso; e non ci è teoria tanto distruttiva dell'arte quanto quel continuo riempirci gli orecchi del bello, manifestazione, veste, luce, velo del vero o dell'idea. Il mondo estetico non è parvenza, ma è sostanza, anzi è esso la sostanza, il vivente: i suoi criteri, la sua ragion d'essere non è in altro che in questo solo motto: io vivo».

Ma la forma del De Sanctis non era né la forma «nel senso pedantesco in cui fu intesa sino alla fine del secolo decimottavo», cioè quello che prima colpisce l'osservatore superficiale, le parole, il periodo, il verso, la singola imagine; né la forma nel senso herbartiano, ipostasi metafisica di quella. «La forma non è a priori, non è qualcosa che sta da sé e diversa dal contenuto, quasi ornamento o veste o apparenza o aggiunto di esso; anzi essa è generata dal contenuto, attivo nella mente dell'artista: tal contenuto, tal forma». Tra forma e contenuto vi è, insieme, medesimezza e diversità. Nell'opera d'arte si ritrova il contenuto, già caotico, ch'era nell'animo dell'artista, «non più qual era, ma quale è divenuto, e sempre tutto esso, col suo valore, con la sua importanza, col suo bello naturale, arricchito e non spogliato in quel divenire». Perciò il contenuto è necessario a produrre la forma concreta; ma la qualità astratta del contenuto non determina quella della forma artistica. «Se il contenuto, bello, importante, è rimasto inoperoso o fiacco o guasto nella mente dell'artista, se non ha avuto sufficiente virtù generativa, e si rivela debole o falso o viziato nella forma, a che vale cantarmi le sue lodi? In questo caso, il contenuto può essere importante in sé stesso; ma, come letteratura o come arte, non ha valore. E, per contrario, il contenuto può essere immorale, o assurdo, o falso, o frivolo; ma, se in certi tempi e in certe circostanze ha operato potentemente nel cervello dell'artista ed è diventato una forma, quel contenuto è immortale. Gli dèi d'Omero sono morti: l'Iliade è rimasta. Può morire l'Italia ed ogni memoria di guelfi e ghibellini: rimarrà la Divina Commedia. Il contenuto è sottoposto a tutte le vicende della storia: nasce e muore: la forma è immortale ». Egli teneva fermamente all'indipendenza dell'arte, senza la quale nessun'Estetica è possibile; ma gli pareva esagerata la formula dell'arte per l'arte in quanto potesse importare separazione dell'artista dalla vita, mutilazione del contenuto, arte ridotta a prova di mera abilità.

Per il De Sanctis, il concetto della forma era identico con quello della fantasia, della potenza espressiva o rappresentativa, della visione artistica. Ciò deve dire chi voglia determinare esattamente la tendenza del pensiero di lui. Ma il De Sanctis stesso non riuscì mai a svolgere con finitezza scientifica la propria teoria; e in lui le idee estetiche rimasero quasi abbozzo di un sistema non mai ben connesso e dedotto. Insieme con quello speculativo, erano vivissimi nell'animo suo altri bisogni: intendere il concreto, gustare l'arte e rifarne la storia effettiva, tuffarsi nella vita pratica e politica, onde fu a volta a volta educatore, cospiratore, giornalista, uomo di Stato. «La mia mente tira al concreto», soleva ripetere. Filosofava tanto quanto gli era necessario per orientarsi nei problemi dell'arte, della storia e della vita; e, procurata luce all'intelletto, trovato il punto d'orientazione, riconfortatosi nella coscienza del suo operare, si rituffava prontamente nel particolare e nel determinato. Con una potenza fortissima a cogliere la verità nei principi più alti e generali, congiungeva non men forte l'aborrimento nel pallido regno delle idee, nel quale quasi asceta si aggira il filosofo. E, come critico e storico della letteratura, egli non ha pari. Chi lo ha paragonato al Lessing, al Macaulay, al Sainte-Beuve o al Taine, ha voluto fare un parallelo rettorico. «Voi mi parlate (scriveva Gustavo Flaubert a Giorgio Sand) della critica, nella vostra ultima lettera, dicendomi ch'essa sparirà tra breve. Io credo, invece, che la critica spunti appena sull'orizzonte. Si fa ora il contrario della critica di prima, ma niente altro. Al tempo del Laharpe, il critico era grammatico: al tempo del Sainte-Beuve e del Taine è storico. Quando sarà artista, niente altro che artista, ma veramente artista? Conoscete voi una critica che s'interessi all'opera in sé in modo intenso? Si analizzano con molta finezza l'ambiente storico, in cui l'opera è sorta, e le cause che l'hanno prodotta; ma, e la poetica inconscia? donde risulta? e la composizione? e lo stile? e il punto di vista dell'autore? Tutto ciò, non mai. Per una critica di tal sorta, ci vorrebbero grande immaginazione e grande bontà, voglio dire una facoltà d'entusiasmo sempre pronta; e poi gusto, qualità rara anche nei migliori, tanto che non se ne parla più». A questo ideale, sospirato dal Flaubert, il solo critico che risponda degnamente (tra quelli, diciamo, che hanno tentato l'interpretazione di grandi scrittorie d'interi periodi letterari) è il De Sanctis. Nessun'altra letteratura ha, per le sue opere, uno specchio dal riverbero così perfetto, come quello che per il suo svolgimento letterario l'Italia possiede nella Storia e negli altri lavori critici di Francesco De Sanctis.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis