CRITICA: UGO FOSCOLO

 IL FOSCOLO PROSATORE E CRITICO

 AUTORE: Luigi Russo    TRATTO DA: Ritratti e disegni storici

 

Del prosatore si è ricordato il Viaggio sentimentale, una traduzione del romanzo dello Sterne, finita nel 1813, opera perfetta di stilista; e poi il bozzetto di Didimo Chierìco, che precede quella traduzione, ed infine il Gazzettino del Bel Mondo, esemplare di prosa polemica rasserenata.
Dei numerosi saggi critici, su Dante, su Petrarca, Boccaccio ed altri scrittori fino ai suoi contemporanei (si potrebbe comporre una Storia della letteratura italiana del Foscolo, con pagine desunte qua e là dalla sua versatile opera, che potrebbe sorprendere il lettore di oggi), basterà per ora dire che essi iniziano una nuova maniera di critica, che avrà il suo continuatore in De Sanctis. Il Foscolo è il primo grande critico che procede dallo storicismo vichiano, e la stessa nostra critica di oggi, se si ricollega direttamente come a maestro più visibile e più spiegato al De Sanctis, riconosce in un poeta il primo grande iniziatore.
Un iniziatore, s'intende, che pur affonda le sue radici nella critica del Settecento, e in cui, insieme all'influenza di Vico, si avverte quella del Rousseau, uno scrittore apparentemente alieno dalla storiografia letteraria. Ma tutto questo è pur segno del temperamento «europeo» del Foscolo: se con l'Ortis egli scrisse un romanzo europeo, scrisse poi, come critico, dei saggi anch'essi di respiro europeo. La critica italiana anzi, per la versatilità delle suggestioni che egli vi seppe cogliere, per merito suo, è nata nel primo Ottocento con sigillo europeo. Alfieri poi, per opera di questo suo grande scolaro, influì su tutta la critica del De Sanctis e del Carducci, se non altro per il mito della «pianta-uomo», che trasfigurò tutta la visione della letteratura della decadenza. E il Foscolo inaugurò un tipo di critica anticlaustrale, laicizzando in tutto e per tutto l'ufficio degli storici e dei critici, che non può mai esser opera di «frati», di gente, cioè, remota delle passioni della vita. La storiografia erudita del '700 si volse ad essere storiografia umana, proprio per opera di questa, nostro impetuoso scrittore.
Come conquiste particolari e vivissime particolarmente oggi, ricorderò quell'amore della «parola», che egli inculcò in molti passi delle sue interpretazioni critiche, quasi auspicio di una fusione intima tra critica e filologia. La filologia del Foscolo fu la filologia di un poeta, che nelle idee e nei sentimenti idoleggiava innanzi tutto il loro corpo visibile. Da ciò quei suoi discorsi sulla lingua italiana, sentita storicamente, non più come un trastullo e lascivia di grammatici, ma sviscerata (l'espressione è del Tenca) nella civiltà stessa della nazione.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis