Del prosatore si è ricordato il Viaggio sentimentale, una
traduzione del romanzo dello Sterne, finita nel 1813, opera
perfetta di stilista; e poi il bozzetto di Didimo Chierìco,
che precede quella traduzione, ed infine il Gazzettino del Bel
Mondo, esemplare di prosa polemica rasserenata.
Dei numerosi saggi critici, su Dante, su Petrarca, Boccaccio
ed altri scrittori fino ai suoi contemporanei (si potrebbe
comporre una Storia della letteratura italiana del Foscolo,
con pagine desunte qua e là dalla sua versatile opera, che
potrebbe sorprendere il lettore di oggi), basterà per ora dire
che essi iniziano una nuova maniera di critica, che avrà il
suo continuatore in De Sanctis. Il Foscolo è il primo grande
critico che procede dallo storicismo vichiano, e la stessa
nostra critica di oggi, se si ricollega direttamente come a
maestro più visibile e più spiegato al De Sanctis, riconosce
in un poeta il primo grande iniziatore.
Un iniziatore, s'intende, che pur affonda le sue radici nella
critica del Settecento, e in cui, insieme all'influenza di
Vico, si avverte quella del Rousseau, uno scrittore
apparentemente alieno dalla storiografia letteraria. Ma tutto
questo è pur segno del temperamento «europeo» del Foscolo: se
con l'Ortis egli scrisse un romanzo europeo, scrisse poi, come
critico, dei saggi anch'essi di respiro europeo. La critica
italiana anzi, per la versatilità delle suggestioni che egli
vi seppe cogliere, per merito suo, è nata nel primo Ottocento
con sigillo europeo. Alfieri poi, per opera di questo suo
grande scolaro, influì su tutta la critica del De Sanctis e
del Carducci, se non altro per il mito della «pianta-uomo»,
che trasfigurò tutta la visione della letteratura della
decadenza. E il Foscolo inaugurò un tipo di critica
anticlaustrale, laicizzando in tutto e per tutto l'ufficio
degli storici e dei critici, che non può mai esser opera di
«frati», di gente, cioè, remota delle passioni della vita. La
storiografia erudita del '700 si volse ad essere storiografia
umana, proprio per opera di questa, nostro impetuoso
scrittore.
Come conquiste particolari e vivissime particolarmente oggi,
ricorderò quell'amore della «parola», che egli inculcò in
molti passi delle sue interpretazioni critiche, quasi auspicio
di una fusione intima tra critica e filologia. La filologia
del Foscolo fu la filologia di un poeta, che nelle idee e nei
sentimenti idoleggiava innanzi tutto il loro corpo visibile.
Da ciò quei suoi discorsi sulla lingua italiana, sentita
storicamente, non più come un trastullo e lascivia di
grammatici, ma sviscerata (l'espressione è del Tenca) nella
civiltà stessa della nazione. |