Il capolavoro
storico di Machiavelli, la parte veramente geniale della sua opera,
è la sezione sulla storia interna di Firenze, dagli inizi fino a
circa il 1420 (2° e 3° libro). Mentre i libri successivi si tengono
relativamente aderenti alle fonti, e danno (specialmente i libri dal
4° al 6°) soltanto una intelligente narrazione pragmatica, quale
infine avrebbe potuto scrivere anche un altro dei grandi Fiorentini,
Machiavelli nell'esposizione della storia più antica, tenuta più
nella forma di uno sguardo generale che in quella di una narrazione,
ebbe occasione di far fruttare per la storia le qualità che, anche
tra i Fiorentini, possiede lui solo: lo sguardo ampio ed il dono di
riconoscere i grandi nessi storici, e di inquadrare fatti singoli in
uno sviluppo generale. Non solo ha cercato di assodare quali fossero
le conseguenze momentanee e per i tempi successivi di singoli
avvenimenti politici (cosa riuscita molto meglio a statisti più
esperti, come Commines o Guicciardini), ma basandosi sulle sue
riflessioni circa i motivi che avevano prodotto l'inferiorità
militare dell'Italia, ha mostrato nessi esistenti fra cose molto
distanti le une dalle altre, i quali giacciono al di là dei calcoli,
e perciò anche al di là dei pensieri, degli uomini della politica
pratica assorbiti per lo più dalle cure del giorno. Qui Machiavelli
ha pensato come storico, e non solo come politico o diplomatico.
Perciò diminuì fortemente l'influenza degli individui, per lo meno
l'influenza cosciente. Quando per es. spiega come la nobiltà di
Firenze, vinta dal popolo, dovette abbandonare le sue consuetudini e
perciò perse la sua virtù d'armi e generosità d'animo, e come ne
derivò la debolezza militare della città, si veniva in tal modo a
porre a nudo non solo una più profonda causa del sistema dei
condottieri, ma anche un esempio dell'indipendenza dei cambiamenti
storici delle tendenze coscienti di coloro che li provocano. Dopo
Aristotele e Polibio, Machiavelli è il primo in cui si trovi
l'avviamento ad una considerazione storiconaturale della storia.
Certamente anche qui Machiavelli non è conseguente. Il suo
sentimento patriottico è ancora troppo vivace ed egli sente ancor
troppo fortemente le disgrazie prodotte in Firenze dai dissensi
interni, per poter sempre giudicare in modo freddamente scientifico.
Egli oscilla in modo notevole. Quando pensa ai molteplici
impedimenti prodotti nella politica estera della città dalla
disunione interna, le divisioni della repubblica gli appaiono come
una peste inviatale dal destino. Può parlare addirittura della
naturale ostilità che regnerebbe in tutte le città fra i potenti e
il popolo. Ma ciononostante crede sempre ancora in una possibilità
di salvezza. Non fu dato al suo temperamento di considerare la
storia del proprio paese in un modo così conseguentemente rassegnato
come ha fatto Guicciardini.
Ma, pur con tali restrizioni - che narrazione meravigliosamente viva
è questa storia di Firenze fino al sorgere dei Medici! Come si
sviluppa un avvenimento dall'altro, come sono fuse in una sola unità
la storia interna e quella esterna. In che modo intuitivo sono
descritte le lotte dei partiti e le rivalità delle famiglie! È vero
che abbastanza spesso Machiavelli giudica troppo sulla base di
criteri moderni, che valuta motti e istituzioni del medioevo secondo
un significato spesso completamente diverso da quello che avrebbero
avuto al loro tempo, che concede a dettagli romanzeschi e a singole
personalità uno spazio ingiustificatamente largo. Ma per quante cose
ci siano concepite in modo non istorico o inesatto, - rimane
ciononostante un merito, che cioè si cominciò di nuovo a narrare
storia, per lo meno come avrebbe potuto accadere ai tempi
dell'autore, e che ricomparvero uomini viventi al posto dei fantocci
rettorici.
Persino la forma è qui completamente originale, tolte alcune
esteriorità. Machiavelli è ancor più moderno degli umanisti. Elimina
gli ultimi residui della maniera cronachistica. Cancella per es.
anche le notizie di incendi e inondazioni che il Bruni aveva ancora
catalogate. In questa sezione abbandonò persino l'ordinamento
annalistico. Tentò una composizione reale: i suoi libri
corrispondono a raggruppamenti naturali e non sono più sezioni
divise in modo puramente esteriore. Le sue introduzioni non sono più
pezzi di parata appiccicati, pieni di banalità. La lingua
spietatamente realistica rinunzia per lo più alle frasi di
abbellimento della rettorica e dice quel che ha da dire senza
circonlocuzioni. E dove il suo cuore batte, si eleva ad una
eloquenza che fa apparire in tutta la loro nudità le pietose tirate
dei letterati.
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