CRITICA: ALESSANDRO MANZONI

 INQUIETUDINE E RISOLUTEZZA DEL MANZONI

 AUTORE: Attilio Momigliano         TRATTO DA: Alessandro Manzoni

 

Si deve ammettere che il Manzoni fu un osservatore singolarmente acuto e preciso della paura, e che se questo non ha riscontri molto certi con la sua vita pratica, ne ha però alcuni evidenti con la sua vita ideale. Ci sono affinità fra la paura e l'esitazione da una parte, il dubbio e la cautela del pensiero dall'altra. Un giorno il Manzoni disse alla contessa Maffei che il dubbio lo uccideva. Infatti leggendo le sue riflessioni, i suoi ragionamenti, abbiamo spessissimo l'impressione che egli abbia paura delle conseguenze delle sue affermazioni: in lui coesistono, senza contraddirsi, la timidezza e l'intrepidità del sentimento, l'incertezza e la risolutezza del pensiero. Ci ritorneremo sopra, perché questa è una delle caratteristiche capitali della sua mente.
Tali incertezze speculative che, come vedremo, hanno il loro primo fondamento nella larghezza dello spirito del Manzoni, si mescolano con talune forme tormentate di pensare, le quali possono avere una segreta corrispondenza nel tormento dei nervi, ma derivano per lo più da una singolare e un po' anche bizzarra acutezza di mente. Che egli amasse il paradosso, fu osservato da più d'uno: ma bisogna aggiungere che molti dei suoi paradossi consistevano più nell'apparenza che nella sostanza, e spesso la singolarità dell'espressione era cercata solo per dar maggior rilievo ad una verità indiscutibile. Cioè, tra i suoi paradossi ve ne sono, oltre quelli esclusivamente formali - che sono propriamente arguzie, o anche solo bisticci, - altri materiali - che sono veri modi insoliti di pensare e di giudicare -, e altri dove la bizzarria della parola serve soltanto a dare un rilievo nuovo ad un'idea vecchia.
Contro il comune buon senso una mente in fondo così equilibrata come quella del Manzoni non poteva andare: quindi il vero paradosso in lui è raro. Sono però frequenti le complicazioni che mostrano, sopra uno sfondo di sicuro buon senso comune, la trepidazione della mente avvezza ad una troppo minuta anatomia: il pensiero; in fondo certo di quel che deve asserire, oscilla però qualche istante fra due affermazioni contrarie. È, come vedremo, il riflesso formale della condizione essenziale della coscienza del Manzoni, certa nelle conclusioni ultime, dubbiosa nei casi singoli e nelle piccole deduzioni.
In lui era sovrapposto all'uomo comune, dalla fede e dalla morale salde e semplici, l'uomo riflessivo: perciò si scorge sempre, accanto alle sue convinzioni religiose e morali incrollabili, un certo scetticismo scientifico; quel dubbio filosofico che può sembrare uno strano contrasto alla fede del Manzoni, ma che ha una naturalissima spiegazione nella sua indole indagatrice e forse nella sua cultura filosofica francese. Fatta astrazione dai dogmi, egli si mette dinanzi ad un oggetto come se tutto quello che lo riguarda e che si ritiene come certo, dovesse nuovamente esser vagliato. E talora appunto da quest'ansia inquisitrice viene fuori, come espressione di quest'ansia stessa, di questo desiderio di vedere con occhi propri le verità conosciute, quella forma ora antitetica, ora epigrammatica, ora epigrafica, che dà alla verità un rilievo bizzarro o singolare. Il Manzoni era una mente insonne, che trovava il dubbio e la novità anche negli oggetti più certi e più vecchi, e si compiaceva di rilevar l'insolito dove i più non lo vedono: perciò, per esempio, alcune situazioni del suo romanzo poterono sembrar paradossali al Bellezza, mentre il loro aspetto è dovuto qualche volta soltanto al modo particolare di metterle in rilievo.

Anche i frequenti contrasti di parole sono prova, più che di bizzarria, della facilità con cui il Manzoni notava gli aspetti singolari delle cose e vedeva le due facce opposte d'un medesimo fatto, oltre che del senso che egli aveva della relatività delle verità logiche ed umane in confronto colle verità eterne, le quali sono oggetto del sentimento prima che del pensiero.
Da quest'insieme di atteggiamenti ci viene l'impressione d'un ingegno che sotto una sicurezza fondamentale nasconde un agitarsi di dubbi, un'inclinazione a coglier delle cose più l'incerto che l'indiscutibile. un irrequieto amor di discussioni, di cautele, di pensieri a molte facce. Questo stato d'animo e di mente è benissimo riflesso in questo periodo dell'epistolario, che devo citare un'altra volta: «Ardito finché si tratta di chiacchierare fra amici, nel mettere in campo proposizioni che paiono, e saranno, paradossi e tenace non meno nel difenderle; tutto mi si fa dubbioso, oscuro, complicato, quando le parole possono condurre a una deliberazione». Teme la conclusione. E questo dubbio del pensiero, che accumula le considerazioni e non sa a quale dar la prevalenza, si riflette poi nello stile minuzioso, nelle frequenti restrizioni, nei frequenti incisi, nelle parentesi, nelle volute ripetizioni di parole, in una sottigliezza che può parere un po' vuota ed è invece il riflesso di un pensiero che si tortura nello scrupolo dell'esattezza.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis