CRITICA: NEOCLASSICISMO E MONTI

 MONTI E IL ROMANTICISMO

 AUTORE: Giuseppe Mazzini    TRATTO DA: Moto letterario in Italia

 

Monti era morto nel 1827; e nel I830, avresti detto che vent'anni fossero passati sul suo sepolcro. Ei non aveva avuto successore. a scuola di Poesia ch'egli aveva capitanato era rapidamente caduta, seta lotta o protesta, come chi sente finita la propria missione. E cadendo, essa avea trascinato con sé, quasi testimonianza della propria vita, gli ultimi avanzi di quella vuota, sterile, servile Accademia, combattuta acerbamente da Monti e rovesciata dal primo apparire del Romanticismo. Nato mentre Cesarotti, Alfieri e Parini avevano infuso un alito rinnovatore in ogni ramo di letteratura, cresciuto poeta di mezzo a quelle tendenze rivoluzionarie che in Italia strapparono poche riforme ai re, in America crearono la libertà, in Francia conquistavano tacitamente terreno per rivelarsi poco dopo tremendamente distruggitrici, Monti si cacciò sull'arena poetica con tutte le audacie del novatore. Ei contribuì largamente all'emancipazione letteraria; scosse la dittatura delle Accademie e la servile obbedienza di quella Scuola pretesa classica che fraintendeva i Maestri, che non osando affisarsi in essi, imitava gli imitatori, e che aveva arbitrariamente dettato canoni pedanteschi per ogni poeta e per ogni soggetto possibile. Monti ebbe stile chiaro, potente, libero d'affettazione; e provò coll'esempio che il linguaggio della poesia poteva innalzarsi per forza propria e senza salire sui trampoli. Inoltre, adattando lo stile al soggetto, ei mostrò come ad ogni pensiero corrisponda una data forma. Come Manfredi, Rolli, Lazzarini, Zanotti ed altri aveva chiesto una ispirazione di rinnovamento nell'espressione poetica al Petrarca, ei chiese ispirazioni per lo stesso fine a Dante e ne derivò tanto da infonderle energia, vigore, senso d'immagini e vita. Ma per l'idea, per lo spirito, per la sostanza poetica ci fece pochissimo. Servo più di sensazioni che di vera sensibilità, potente d'immagini più che di scienza del core, d'indole fiacca e indecisa, diseredato ugualmente di profondi concetti nell'intelletto e di pura e santa fede nell'anima, egli afferrò un lato solo nella vita, il lato obbiettivo. Abbandonò l'arte ai sensi e alla fantasia, e la ridusse a specchio nel quale vennero l'un dopo l'altro a riflettersi, rivestiti di splendide tinte, ma senza vincolo d'unione o affinità, gli oggetti che le circostanze gli ponevano innanzi. Accolse ubbidiente tutte le ispirazioni venute a lui dal mondo esterno, qualunque fosse l'indole loro o il punto donde movevano. Dipinse la natura, senza mai trasformarla o innalzarla all'ideale: disegnò forme e credette d'avere scolpito esseri umani e viventi. I personaggi de' suoi poemi hanno tutti sembianza d'ombre: mancano d'anima, di carattere determinato, di quell'impronta che costituisce l'individuo. Or che mai è la poesia, se non ci presenta tipi individuali o verità generali feconde d'applicazioni? Monti non rinnovò quindi la poesia: per lui la forma ringiovanì, ma senza soffio di vera vita. Ritmo, colorito, armonia, gli procacciarono fama, non potenza di giovare all'Umanità o di raggiungere un nobil fine sociale. L'Arte gli fu, non mezzo, ma fine. E mezzo, non fine, fu l'Arte a Dante ch'ei pur chiamava maestro; e la stanza di Manzoni


Salve, o divino a cui largì natura
il cor di Dante e del suo duca il canto;
questo fia il grido dell'età futura;
ma l'età che fu tua tel dice in pianto



suona amara ironia anziché meditato giudizio. Dante non avrebbe successivamente adulato al Papa e all'Imperatore, all'Austria e alla Rivoluzione. Dante non avrebbe sagrificato l'arte ai sensi esterni; ei l'adorava com'angiolo sulle cui ali ci si levava in cielo per riportarne verità utili a' suoi fratelli esuli con lui sulla terra. Dante fondava una Scuola che conta in oggi rari seguaci, ma che splenderà auspice e guidatrice quando l'Italia di popolo si farà, sorgendo, Nazione. Eccetto poche ispirazioni di lirica spontaneità nel concetto, alcuni frammenti splendidi per finezza di forma e uno o due canti della Mascheroniana, a Monti non rimarrà tra i posteri che la fama di un Trovatore brillante.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis