Parini è il primo poeta della nuova letteratura, che sia un
uomo, cioè che abbia dentro di sé un contenuto vivace e
appassionato, religioso, politico e morale. Educato
all'antica, ma in un ambiente moderno, le nuove idee gli
giungono attraverso Dante e Virgilio. Concepisce la libertà
come Catone, concepisce la moralità come Fabrizio e
Cincinnato, e ciò che concepisce, non è solo la sua idea, è la
sua fede e la sua vita. Nei suoi contemporanei fiuti non
difficilmente l'importazione: colori di accatto, entusiasmo
rettorico, filantropia malaticcia, più spirito che giustezza,
una ostentazione e una esagerazione dei sentimenti, un calore
nervoso e malsano, come di chi sia in uno stato di tensione e
vegga Annibale innanzi alle porte. Ciò fa contrasto con la
calma e la serenità di Parini. Vivere in modo conforme alla
sua fede non è per lui niente di glorioso o di eroico, è
strettamente il suo dovere, e non saprebbe fare altrimenti.
Perciò la sua virtù è pura di ogni ostentazione e di ogni
esagerazione: non ci è posa, non mira all'effetto. Parimente
non ha l'esagerazione degli sdegni, propria della virtù
teatrale, eccessiva nelle lodi e nei biasimi. Ha la pudicizia
della sincera virtù, una contentezza piuttosto che una vanità
di se stesso, e degli altri tuia estimazione giusta, pura di
ogni falso zelo. Ond'è che ti riesce insierne nobile e
semplice. Com'è naturale nel suo sentire, così è giusto nel
suo concepire, e proprio nel suo parlare. L'uomo educa
l'artista. Scrive, quando ha alcuna cosa importante a dire.
Scompaiono i soggetti d'uso e di convenzione, gli amori
artefatti e le generalità astratte e i panegirici rettorici.
Con l'antico contenuto va via l'antico formulario. Appare il
nuovo contenuto, l'idea moderna uscita da una lunga
elaborazione di secoli, e non nella sua generalità, e non
nelle sue vesti d'accatto, ma così come è concepita e formata
in uno spirito armonico. Base di questo contenuto è la libertà
e l'uguaglianza civile, sviluppata in un ambiente puro e
morale, naturalmente elevato. L'artista è d'accordo con
l'uomo. La sua idea non è già una tesi che debba dimostrarsi,
o un'aspirazione che si faccia via con la lotta, ma è come il
sentimento di cosa a tutti nota e tranquilla nella sua
espansione. Non ha energia o impazienza rivoluzionaria; anzi
ha l'intima persuasione che con la forza sola della ragione e
della giustizia le condizioni dell'uomo possano divenire
migliori. Perciò la sua esposizione è animata, ma tranquilla,
e ha più la gravità dell'ode che i furori dell'inno. Lo
diresti un romano in toga, che non predica la virtù, ma
bandisce la legge, sicuro che sarà da ciascuno riconosciuta
giusta e ubbidita. Il suo motto fu: "Viva la repubblica! e
morte a nessuno!" L'interna eguaglianza delle sue facoltà era
nella vita moderazione, e nello scrivere tranquillità. La sua
parola è nobile, piena di senso, di rado concitata, sempre
giusta, come di uomo che ha troppe più cose nel suo pensiero
che nella sua espressione, e sa contenere e regolare la sua
natura. Questa compiuta possessione di se stesso, la più alta
qualità dell'artista, fa di Parini un modello assai vicino a
Goethe. La sua tranquillità non è idilliaca, ozio interno, ma
è armonia e misura nella forza, che lo tiene al di sopra dei
suoi fantasmi e dei suoi sentimenti. I poeti sogliono simulare
l'estro, un certo impeto disordinato, una facilità trascurata,
che riveli spontaneità di ispirazione. Qui senti al contrario
il travaglio interno, l'arte di un domatore di belve, che
costringe nei suoi limiti la materia tumultuosa, e non senza
fatica. È in lui, se posso dir così, un sopralavoro, il lavoro
dell'uomo aggiunto al lavoro della natura, che lo condensa e
ne esprime il succo. Senti il freno, il castigato e il
regolato della mente. Questo che è naturale superiorità dello
spirito diviene in lui lo stesso concetto dell'arte. La
parola, come parola non è nulla, è vacuo suono: non è
letteratura, è musica. E nella musica aveva trovato la sua
tomba la vecchia letteratura. Ciò che dà un valore alla
parola, è il suo contenuto. Parini non concepisce l'arte se
non insieme con la patria, la libertà, l'umanità, l'amore, la
famiglia, l'amicizia, la natura, tutto un mondo religioso e
morale. In questa armonia universale dove l'uomo, patriota,
amico, amante, artista, poeta, letterato s'internano e
s'immedesimano, è il verbo della nuova letteratura. L'Italia
da gran tempo aveva artisti, non aveva poeti. Qui comincia a
spuntare il poeta, perché dietro all'artista c'è l'uomo. La
sua Musa non è Apollo, è tutto l'Olimpo. E sente la Musa.
Colui cui diede il ciel placido senso
E puri affetti e semplice costume;
Che di sé pago e dell'avito censo
Più non presume;
Che spesso al faticoso ozio de' grandi
E all'urbano clamor s'invola, e vive
Ove spande natura influssi blandi
O in colli o in rive;
E in stuol d'amici numerato e casto,
tra parco e delicato al desco asside,
E la splendida turba e il vano fasto
Lieto deride,
Che a' buoni ovunque sia, cerca favore,
E cerca il vero, e il bello ama innocente;
E passa l'età sua tranquilla, il core
Sano e la mente. |
Ritratto di poeta, dove è facile scorgere lo stesso Parini.
Quel «placido senso», quell'«età tranquilla, sano il core e la
mente», «quel disdegno dell'ozio de' grandi» e dell'«urbano
clamore», quel «pago di sé», quegl'«influssi blandi o in colli
o in rive», sono tutto Parini. |