Nel quadro della cultura illuministica italiana la poesia del
Parini rappresenta la sintesi più alta e originale di motivi
ideali e di esigenze artistiche proprie di quella cultura:
sintesi che supera, con una coscienza letteraria e poetica più
sicura e personale, le forme più divulgative e seccamente
razionalistiche di un semplice didascalismo insaporito da una
più esterna eleganza oraziana (la posizione dell'«util poeta e
tosco Orazio» attribuita dal Bettinelli all'Algarotti) e
supera insieme l'edonismo classicistico-rococò di un Savioli
con un deciso impegno morale e con la forza persuasa di un
alto messaggio umano e civile, che originalmente traduce la
fede fondamentale di una civiltà lucida e fervida, attiva e
innovatrice. Tutta l'opera del Parini si può sostanzialmente
inscrivere nelle generali esigenze della civiltà
illuministica, anche se di queste essa offre una versione
particolare, caratterizzata da una personale misura morale e
poetica che, come rifiuta le posizioni estreme dell'ideologia
sistematica e le forme più immediate di una concezione
letteraria puramente didascalica e contenutistica, così
nettamente reagisce poi alle tentazioni della sensibilità e
del gusto preromantico, condannati dal poeta in nome della sua
fedeltà alla tradizione italo-greca e alla luce di un preciso
ideale di vita ispirato ai binomi inseparabili di
Natura-Ragione e Piacere-Virtù. Ideali che ben rappresentano
compendiosamente l'incontro fondamentale nel Parini di
ispirazioni illuministiche e umanistiche e sorreggono al
centro lo svolgimento della sua opera, anche se le «costanti»
pariniane del classicismo e dell'illuminismo si precisano in
dosature di diversa intensità, attraverso una storia di fasi
non opposte e rigidamente schematiche, ma duttilmente
identificabili in un processo che dagli inizi arcadici e da
posizioni più combattive sale ad una più alta fase finale, in
cui il classicismo si fa più chiaramente «neo-classicismo»
nobile e virilmente sereno e la fede illuministica si depura
in un ideale di saggezza umana più personale e luminosamente
poetico.
Si può discutere la precisa linea di tale storia; ma certo con
l'attenzione ad essa pare anche più facile proporre una
immagine complessa e storica di fronte alle eventuali immagini
contrastanti e forzate di un Parini come puro letterato
arcadico-umanistico, a cui i contenuti civili e ideali
potrebbero essere semplice pretesto di alta esperienza
stilistica, e di un Parini poeta civile illuministicamente
prerivoluzionario o addirittura presocialista.
E a proposito di questa seconda interpretazione occorrerà
comunque subito precisare che, mentre la posizione
illuministica del Parini ha una sua evoluzione quanto ad
intensità polemica, essa è, in generale, contraddistinta da un
forte senso di rnisura, di cautela, di concretezza, diffidente
di ogni avventura e di ogni affrettata rottura dell'ordine
presente, come, già nel periodo più combattivo, chiaramente ci
attesta la significativa contrapposizione, nella «Cicalata in
versi» i Ciarlatani del '62, tra il riformatore prudente che
compie sicuri passi di progresso, iniziato con una autoriforma
morale e il rivoluzionario dottrinario e fanaticamente
sistematico:
Un filosofo viene
tutto modesto, e dice:
- Bisogna a poco a poco,
pian pian, di loco in loco
levar gli errori dal inondo morale:
dunque ciascuno emendi
prima se stesso, e poi de gli altri il male.
Ecco un altro che grida:
- Tutto il mondo è corrotto;
bisogna metter sotto
quello che sta di sopra, e rovesciare
le leggi, il governare;
non è che il mio sistema
che il possa render sano.
Credete al primo; l'altro è un ciarlatano. |
Prudenza riformatrice ben in accordo, del resto, con il
concreto moto riformatore, a cui, nella Lombardia austriaca,
il Parini attivamente collaborò, e che, d'altra parte, sarebbe
ugualmente errato ridurre a timidezza e a gusto di compromesso
ritardatore di un più forte movimento storico, perché a quella
prudenza non manca mai il genuino accento di una decisa
persuasione, di una fede in un sicuro progresso umano, morale,
civile che supera in profonda partecipazione personale quello
che poteva essere un semplice accompagnamento dell'azione
riformatrice da parte di un poeta cortigiano...
Anche al di là del periodo più combattivo delle prime Odi e
dell'impegno satirico più forte nelle prime due parti del
Giorno, permane la fondamentale adesione del Parini agli
ideali illuministici, e la stessa collaborazione all'attività
riformatrice di Giuseppe Il (malgrado alcuni spunti di critica
a certi suoi atti precipitosi - La Tempesta - e avvertimenti
di prudenza rilevabili in un sonetto rivoltogli in occasione
del viaggio di Pio VI a Vienna: ma un primo sonetto rivolto al
Papa come era fortemente regalistico e anticuriale!) conferma
la persistente volontà riformatrice pariniana, anche nei
termini significativi con cui, in un sonetto dell'84, il
Cesare austriaco è rappresentato nel tipico atteggiamento di
un decisivo sovrano «illuminato» che
all'oppresso mortal da forza indegna
or la mente ora il pié liberi rende. |
Tuttavia anche nel Giorno, nella sua continuazione più tarda,
si può avvertire una minore tensione dell'elemento combattivo,
un maggiore agio di larga rappresentazione di scene in cui
prevalgono un sorriso e un'ironia meno carichi di sdegno e di
amarezza, mentre, nelle stesse correzioni più tarde alle prime
due parti, il poeta tende ad uno smorzamento delle punte più
acri e realistiche in una direzione discutibile quanto a
precisi, puntuali esiti artistici, ma che comunque (pensando
poi ai più alti risultati poetici delle ultime Odi) non può
ridursi a puro indice di una generale involuzione artistica o
a segno di una generica cura di revisione più letteraria.
Quello smorzamento corrisponde infatti ad una attenuazione
della polemica antinobiliare, relativa anche ai primi successi
dell'azione riformatrice in Lombardia, ma soprattutto si
collega a tutto un orientamento dell'anima e della poetica
dell'ultimo Parini, ad un processo di intima maturazione della
visione vitale e artistica del poeta. E questa implica non un
abbandono o un rifiuto dei suoi essenziali ideali culturali,
etici e civili, ma un loro superiore rasserenamento, un loro
trasferimento in una zona sentimentale e fantastica più
distaccata e contemplata, in cui sempre più ci si allontana
dalla posizione apertamente combattiva delle prime Odi, dalla
loro tematica di precise, particolari battaglie contro precisi
errori morali e sociali, legati persino, a volte, a motivi di
«cronaca» milanese. E gli stessi atteggiamenti di severa
condanna degli elementi di turbamento e di corruzione della
nuova civiltà (la diagnosi potente della genesi della
corruzione femminile in A Silvia, il quadro energico dei
rapporti fra i potenti e i loro cortigiani nella Caduta),
assumono ora un tono insieme più solenne e distaccato; mentre
gli ideali della fervida fede pariniana vengono celebrati in
forme più alte e nobili, incarnati in miti perfetti e puri, in
figure elette e caste, entro un rapporto di sentimenti più
calmi e universali, in un clima dì saggezza e di nobiltà
spirituale, cui corrisponde una costruzione più lineare e
distesa, una musica più profondamente e pacatamente
suggestiva, con modi espressivi meno icastici e pregnanti, con
immagini e figure più serene e composte, anche quando vibrano
di un'intima letizia vitale, del fascino della loro elegante e
sensibile bellezza, della -commozione del poeta per il loro
significato di superiore pienezza etico-estetica.
In questo sviluppo finale della poetica pariniana - su cui
molto incisero il gusto neoclassico figurativo, l'efficacia
delle teorie winckelmanniane, delle quali il poeta venne
originalmente accogliendo sollecitanti moduli
teorico-programmatici (nobile semplicità e tranquilla
grandezza, grazia sublime e movimento in potenza) congeniali
al suo animo più rasserenato e contemplativo - i termini
essenziali della sua ricerca artistica e delle sue aspirazioni
ideali si trasvalorano in una disposizione superiore che,
ripeto, non implica frattura e opposizione, ma interiore
svolgimento nella sua storia sentimentale, culturale e
poetica. Così il rapporto «utile dulci» si svolge in quello di
«buono e bello», il «lusinghevol canto» diviene la poesia che
«orecchio ama placato - e mente arguta e cor gentile» e la
stessa poesia acquista un valore più alto e consolatore,
conforta più dall'intimo la serena visione di una civiltà
razionale e naturale, piacevole e virtuosa, in cui tutti
questi attributi hanno raggiunto una loro qualità più
universale e profonda. |