CRITICA: GIUSEPPE PARINI

 PARINI E L'ILLUMINISMO

 AUTORE: Walter Binni    TRATTO DA: La cultura illuministica in Italia

 

Nel quadro della cultura illuministica italiana la poesia del Parini rappresenta la sintesi più alta e originale di motivi ideali e di esigenze artistiche proprie di quella cultura: sintesi che supera, con una coscienza letteraria e poetica più sicura e personale, le forme più divulgative e seccamente razionalistiche di un semplice didascalismo insaporito da una più esterna eleganza oraziana (la posizione dell'«util poeta e tosco Orazio» attribuita dal Bettinelli all'Algarotti) e supera insieme l'edonismo classicistico-rococò di un Savioli con un deciso impegno morale e con la forza persuasa di un alto messaggio umano e civile, che originalmente traduce la fede fondamentale di una civiltà lucida e fervida, attiva e innovatrice. Tutta l'opera del Parini si può sostanzialmente inscrivere nelle generali esigenze della civiltà illuministica, anche se di queste essa offre una versione particolare, caratterizzata da una personale misura morale e poetica che, come rifiuta le posizioni estreme dell'ideologia sistematica e le forme più immediate di una concezione letteraria puramente didascalica e contenutistica, così nettamente reagisce poi alle tentazioni della sensibilità e del gusto preromantico, condannati dal poeta in nome della sua fedeltà alla tradizione italo-greca e alla luce di un preciso ideale di vita ispirato ai binomi inseparabili di Natura-Ragione e Piacere-Virtù. Ideali che ben rappresentano compendiosamente l'incontro fondamentale nel Parini di ispirazioni illuministiche e umanistiche e sorreggono al centro lo svolgimento della sua opera, anche se le «costanti» pariniane del classicismo e dell'illuminismo si precisano in dosature di diversa intensità, attraverso una storia di fasi non opposte e rigidamente schematiche, ma duttilmente identificabili in un processo che dagli inizi arcadici e da posizioni più combattive sale ad una più alta fase finale, in cui il classicismo si fa più chiaramente «neo-classicismo» nobile e virilmente sereno e la fede illuministica si depura in un ideale di saggezza umana più personale e luminosamente poetico.

Si può discutere la precisa linea di tale storia; ma certo con l'attenzione ad essa pare anche più facile proporre una immagine complessa e storica di fronte alle eventuali immagini contrastanti e forzate di un Parini come puro letterato arcadico-umanistico, a cui i contenuti civili e ideali potrebbero essere semplice pretesto di alta esperienza stilistica, e di un Parini poeta civile illuministicamente prerivoluzionario o addirittura presocialista.
E a proposito di questa seconda interpretazione occorrerà comunque subito precisare che, mentre la posizione illuministica del Parini ha una sua evoluzione quanto ad intensità polemica, essa è, in generale, contraddistinta da un forte senso di rnisura, di cautela, di concretezza, diffidente di ogni avventura e di ogni affrettata rottura dell'ordine presente, come, già nel periodo più combattivo, chiaramente ci attesta la significativa contrapposizione, nella «Cicalata in versi» i Ciarlatani del '62, tra il riformatore prudente che compie sicuri passi di progresso, iniziato con una autoriforma morale e il rivoluzionario dottrinario e fanaticamente sistematico:

 

Un filosofo viene
tutto modesto, e dice:
- Bisogna a poco a poco,
pian pian, di loco in loco
levar gli errori dal inondo morale:
dunque ciascuno emendi
prima se stesso, e poi de gli altri il male.
Ecco un altro che grida:
- Tutto il mondo è corrotto;
bisogna metter sotto
quello che sta di sopra, e rovesciare
le leggi, il governare;
non è che il mio sistema
che il possa render sano.
Credete al primo; l'altro è un ciarlatano.


Prudenza riformatrice ben in accordo, del resto, con il concreto moto riformatore, a cui, nella Lombardia austriaca, il Parini attivamente collaborò, e che, d'altra parte, sarebbe ugualmente errato ridurre a timidezza e a gusto di compromesso ritardatore di un più forte movimento storico, perché a quella prudenza non manca mai il genuino accento di una decisa persuasione, di una fede in un sicuro progresso umano, morale, civile che supera in profonda partecipazione personale quello che poteva essere un semplice accompagnamento dell'azione riformatrice da parte di un poeta cortigiano...

Anche al di là del periodo più combattivo delle prime Odi e dell'impegno satirico più forte nelle prime due parti del Giorno, permane la fondamentale adesione del Parini agli ideali illuministici, e la stessa collaborazione all'attività riformatrice di Giuseppe Il (malgrado alcuni spunti di critica a certi suoi atti precipitosi - La Tempesta - e avvertimenti di prudenza rilevabili in un sonetto rivoltogli in occasione del viaggio di Pio VI a Vienna: ma un primo sonetto rivolto al Papa come era fortemente regalistico e anticuriale!) conferma la persistente volontà riformatrice pariniana, anche nei termini significativi con cui, in un sonetto dell'84, il Cesare austriaco è rappresentato nel tipico atteggiamento di un decisivo sovrano «illuminato» che

 

all'oppresso mortal da forza indegna
or la mente ora il pié liberi rende.


Tuttavia anche nel Giorno, nella sua continuazione più tarda, si può avvertire una minore tensione dell'elemento combattivo, un maggiore agio di larga rappresentazione di scene in cui prevalgono un sorriso e un'ironia meno carichi di sdegno e di amarezza, mentre, nelle stesse correzioni più tarde alle prime due parti, il poeta tende ad uno smorzamento delle punte più acri e realistiche in una direzione discutibile quanto a precisi, puntuali esiti artistici, ma che comunque (pensando poi ai più alti risultati poetici delle ultime Odi) non può ridursi a puro indice di una generale involuzione artistica o a segno di una generica cura di revisione più letteraria. Quello smorzamento corrisponde infatti ad una attenuazione della polemica antinobiliare, relativa anche ai primi successi dell'azione riformatrice in Lombardia, ma soprattutto si collega a tutto un orientamento dell'anima e della poetica dell'ultimo Parini, ad un processo di intima maturazione della visione vitale e artistica del poeta. E questa implica non un abbandono o un rifiuto dei suoi essenziali ideali culturali, etici e civili, ma un loro superiore rasserenamento, un loro trasferimento in una zona sentimentale e fantastica più distaccata e contemplata, in cui sempre più ci si allontana dalla posizione apertamente combattiva delle prime Odi, dalla loro tematica di precise, particolari battaglie contro precisi errori morali e sociali, legati persino, a volte, a motivi di «cronaca» milanese. E gli stessi atteggiamenti di severa condanna degli elementi di turbamento e di corruzione della nuova civiltà (la diagnosi potente della genesi della corruzione femminile in A Silvia, il quadro energico dei rapporti fra i potenti e i loro cortigiani nella Caduta), assumono ora un tono insieme più solenne e distaccato; mentre gli ideali della fervida fede pariniana vengono celebrati in forme più alte e nobili, incarnati in miti perfetti e puri, in figure elette e caste, entro un rapporto di sentimenti più calmi e universali, in un clima dì saggezza e di nobiltà spirituale, cui corrisponde una costruzione più lineare e distesa, una musica più profondamente e pacatamente suggestiva, con modi espressivi meno icastici e pregnanti, con immagini e figure più serene e composte, anche quando vibrano di un'intima letizia vitale, del fascino della loro elegante e sensibile bellezza, della -commozione del poeta per il loro significato di superiore pienezza etico-estetica.

In questo sviluppo finale della poetica pariniana - su cui molto incisero il gusto neoclassico figurativo, l'efficacia delle teorie winckelmanniane, delle quali il poeta venne originalmente accogliendo sollecitanti moduli teorico-programmatici (nobile semplicità e tranquilla grandezza, grazia sublime e movimento in potenza) congeniali al suo animo più rasserenato e contemplativo - i termini essenziali della sua ricerca artistica e delle sue aspirazioni ideali si trasvalorano in una disposizione superiore che, ripeto, non implica frattura e opposizione, ma interiore svolgimento nella sua storia sentimentale, culturale e poetica. Così il rapporto «utile dulci» si svolge in quello di «buono e bello», il «lusinghevol canto» diviene la poesia che «orecchio ama placato - e mente arguta e cor gentile» e la stessa poesia acquista un valore più alto e consolatore, conforta più dall'intimo la serena visione di una civiltà razionale e naturale, piacevole e virtuosa, in cui tutti questi attributi hanno raggiunto una loro qualità più universale e profonda.

 

Aggiornamenti 2002 - Luigi De Bellis